Valerij Korovin: Ancora una volta sul “fascismo”

Presentiamo questo interessante contributo, per quanto ci sentiamo di dissentire sull’analisi del fascismo italiano il testo che potete leggere mantiene un interesse per capire il fenomeno fascista al di là dei luoghi comuni oggi imperanti

di Valerij Korovin

da https://izborsk-club.ru

Traduzione di Eliseo Bertolasi

La formazione dello spauracchio “fascismo” si è mossa su due direzioni opposte. La prima direzione è conosciuta e compresa da tutti noi e si basa su un fenomeno assolutamente europeo, inaccettabile per qualsiasi cittadino russo, come il razzismo. Il razzismo si basa proprio sulla superbia, in particolare degli europei, in primis degli anglosassoni.

Nel XX secolo, il razzismo ricevette una veste politica nell’ideologia del nazionalsocialismo, ancora una volta assolutamente europea, basata sulla costruzione della cosiddetta gerarchia dei popoli. In realtà, per i teorici della razza del nazionalsocialismo, in primo luogo il semianalfabeta Alfred Rosenberg, s’intendeva l’etnia. 

Era proprio l’etnia, secondo l’etnologo Gumplowicz, ciò che i nazisti (abbreviazione di nazionalsocialisti) chiamavano razza. Successivamente, secondo la coscienza razionale tedesca, costruirono una gerarchia di queste stesse razze, cioè gruppi etnici, ponendo le razze germaniche (un gruppo di etnie che chiamavano “razza”) in cima alla classifica, e tutte le altre al di sotto, secondo il loro atteggiamento soggettivo e i loro giudizi sul riscontro di “arianità” o “non-arianità”. Poiché il grado di “arianità”, va sottolineato ancora una volta, è una categoria esclusivamente soggettiva, furono loro stessi a stabilirne i criteri. Tuttavia, questo approccio, è importante sottolinearlo, non si discostava molto da quello degli anglosassoni, che lo applicarono in ogni momento, e lo applicano ancora oggi a tutti gli altri, prima di tutto, a popoli ed etnie non europee.

In fondo alla gerarchia razziale, i nazisti collocarono innanzitutto coloro che non piacevano personalmente a Hitler e Rosenberg. È noto che a Hitler non piacevano gli ebrei e gli zingari, per cui non esiste una risposta oggettiva, ma solo soggettiva. Mentre Rosenberg, originario dell’Impero russo, avendo i suoi conti personali da regolare con la Russia, vi collocò i russi e gli slavi in ​​generale. Quindi, per amicizia, sottopose questo a Hitler affinché lo firmasse, insieme al racconto “Dormi velocemente” (dal libro “I racconti di Nazar Il’ijch Sinebrjuchov” ndr.) di Zoshchenko, dove si sbeffeggia un hotel sovietico.

In seguito, secondo questa teoria razziale e la coscienza razionale tedesca, tutti i popoli “subumani”, prima di tutto gli ebrei e gli zingari, poi i russi e gli slavi in ​​generale, iniziarono ad essere oppressi, e poi semplicemente distrutti e bruciati.. Inutile dire che è proprio questo approccio criminale – assolutamente inaccettabile per la nostra coscienza russa, così come per quella della maggior parte dei popoli del mondo, ad eccezione degli anglosassoni, – a costituire la base della criminalità dei nazisti, come partito politico, e del nazionalsocialismo, come ideologia politica che faceva proprie le basi della teoria razziale.

A proposito, se si rimuove la teoria razziale dal nazionalsocialismo, allora rimarrà l’economia di sinistra (socialismo) e la politica di destra (nazionalismo). Ma allora non sarà più il nazionalsocialismo nella sua incarnazione storica, bensì il nazional-bolscevismo nella sua incarnazione teorica.

In seguito è avvenuta una successiva sostituzione di concetti su base puramente propagandistica. Dopo lo scoppio della Grande Guerra Patriottica e la rottura dei rapporti con la Germania, la propaganda sovietica non poté screditare il concetto di nazionalsocialismo poiché conteneva il concetto di socialismo, sacro all’ideologia sovietica. Pertanto, per screditare, è stato scelto un altro termine, più o meno adatto nel significato: “fascismo germanico” o “fascismo tedesco”.

A proposito, il fascismo, come ideologia politica del regime di Benito Mussolini, non ha nulla a che fare con la teoria razziale del nazismo. Mussolini, sebbene fosse un dittatore e un alleato militare della Germania, non perseguitò gli ebrei, tanto meno li bruciò, persino gli stessi italiani salvarono degli ebrei dai nazisti tedeschi. Allo stesso tempo, gli italiani combatterono in modo veramente inefficace, senza entusiasmo, erano mal organizzati, motivo per cui i nazisti li disprezzavano e li ridicolizzavano apertamente. Ad un certo punto, lo stesso Mussolini fu semplicemente arrestato nel suo paese, tanto che Otto Skorzeny delle forze speciali naziste fu costretto a salvarlo dalla prigionia italiana.

Si può dire lo stesso degli zingari, che generalmente appartengono al gruppo romanico. Il concetto stesso di fascismo deriva dal latino “fasces” – cioè mazzi di ramoscelli di olmo o betulla, legati con una corda rossa o con cinghie – un attributo del potere degli antichi re romani. Spesso c’è anche un’ascia al centro, insieme rappresentano il classico simbolo imperiale romano utilizzato ovunque. Ad esempio, a San Pietroburgo di tali fasci ce ne sono in abbondanza, come a Mosca. Senza andare lontano, è sufficiente recarsi ai cancelli del Giardino di Alessandro, così come su altri recinti, ponti e altre costruzioni imperiali.

La base dell’ideologia del fascismo italiano è lo statalismo (da etat-nation – stato-nazione) – l’assolutizzazione dello stato nazionale e della nazione politica – come base. Questa forma di statualità prevale ancor oggi in tutto il mondo, ad esempio nel vivaio della democrazia, gli Stati Uniti, dove abbondano fasci e altri simboli imperiali. E sì, proprio come nel nazionalsocialismo, il fascismo è un’economia di sinistra e una politica di destra. C’è anche il tradizionale classico saluto imperiale romano.

Ciò che dal punto di vista storico operò in modo criminale non fu tanto il fascismo italiano, che solo nominalmente concordava con le richieste di Hitler di perseguitare gli ebrei, quanto piuttosto il nazionalsocialismo tedesco con la sua teoria razziale e il genocidio d’interi popoli secondo criteri soggettivi, il fascismo finì quindi nel mix di sforzi propagandistici, innanzitutto da parte dell’URSS.

Molto più pericoloso era il movimento contro-sovietico (pienamente fondato) volto a formare lo spauracchio del “fascismo” da parte dei liberali. Pericoloso proprio per la sua totale soggettività, esattamente la stessa soggettività dei nazisti. Solo tra i liberali la liceità e la legalità sono negate non ai singoli popoli e razze (etnie), ma a tutti coloro che non sono d’accordo con l’idea liberale, al centro della quale si trova l’individuo atomizzato e un’idea minima di umanesimo.

Il fondamento teorico per la giustificazione del fascismo nella sua accezione liberale fu posto da Karl Popper nella sua opera fondamentale “La società aperta e i suoi nemici”. In essa, Popper inizia l’argomentazione del fascismo fin dai tempi di Platone, definendo inoltre “fascismo” tutto ciò che sfida l’assolutizzazione umanistica dell’individuo e della sua stessa atomizzazione, poiché l’individuo nella sua molteplicità atomico-meccanica, dal punto di vista di Popper, è l’assoluto. Tutto ciò che in qualche modo lo danneggia e lo sfida è fascismo.

È semplice: Platone glorifica lo Stato e il suo primato rispetto all’individuo, quindi Platone è fascista. La nazione mette il collettivo, ossia gli interessi della nazione, al di sopra del privato, agli interessi dell’individuo, beh, anche qui è tutto chiaro – è fascismo. La tradizione pone Dio al di sopra dell’individualità atomizzata, – è fascismo, conservatorismo. L’identità collettiva va al di sopra dell’individuo – è fascismo. E così via, secondo lo stesso algoritmo. Tutto ciò per cui almeno qualcosa – un’idea, una volontà, una mente, un’aspirazione, generale, collettiva, integrale, forte e perfino la ragione – è più importante, più alto, più prezioso dell’individuale atomizzato, frazionato, confuso, multiplo, “umano, troppo umano” – è fascismo.

Tuttavia, la cosa principale è stata l’identificazione meccanica del nazionalsocialismo tedesco con la teoria razziale e i campi di concentramento – chiamati “fascismo” – con ciò che per Popper e il suo divulgatore Soros è considerato “fascismo”, e ora siete già in trappola. Tutto ciò che non rientra nel dogma liberale e lo contraddice (e ancor più gli si oppone) è “fascismo”, il che equivale automaticamente e per impostazione predefinita – su questo non si discute -, a nazismo, razzismo, campi di concentramento, Hitler e pulizia etnica, ossia tutto viene immediatamente criminalizzato attraverso un espediente così semplice.

In realtà, l’atomizzazione, la frammentazione, l’assolutizzazione dell’individuo, ogni sua emancipazione, “libertà da…”, di conseguenza: ateismo, emancipazione, femminismo, legalizzazione (nello slang si fa riferimento alla marijuana ndr.), schizofrenia (schizomassa) e, in definitiva, l’oggettività dell’individuo atomizzato in relazione all’Intelligenza Artificiale (ontologia orientata agli oggetti) – tutto questo non è altro che politica di sinistra. Politica, per l’appunto, perché l’economia di sinistra con la sua classe operaia e i suoi collettivi di lavoro (e questa, ricordiamolo, è un’identità collettiva, che in qualsiasi suo aspetto viene inclusa da Popper nella categoria del fascismo) per il liberalismo e la “società aperta” rappresenta una vergogna, un crimine, il fascismo.

Ecco perché per gli apologeti della “società aperta”, lo stalinismo con la sua economia di sinistra (questo non è possibile) e politica di destra (questo ancor più non è possibile) rappresenta lo stesso “fascismo” del “fascismo” di Hitler (che in realtà è nazismo). La macchina liberale ha compiuto enormi sforzi per imporre questa equivalenza: stalinismo = hitlerismo, e continua a farlo. Qui non ci sono illusioni. La sinistra “normale”, dal punto di vista del liberalismo, è solo politica di sinistra (vedi sopra). In altre parole, un vero antifascista liberale è solo uno “di sinistra” – un sostenitore della politica di sinistra – e non, ad esempio, un sostenitore del socialismo (questo è consentito solo se allo stesso tempo è anche uno “di sinistra”, – sostenitore della politica di sinistra). 

A proposito, l’economia di destra è abbastanza accettabile per Popper e per la “società aperta”, ma solo finché parliamo degli interessi dell’individuo atomizzato, emancipato dal commercio e dall’assolutizzazione dei suoi interessi privati ​​e della sua proprietà privata – tutto questo è in sintonia con la politica di sinistra. Ma attenzione! Non appena non parliamo più degli interessi dell’individuo, ma, ad esempio, degli interessi delle società, ad esempio l’identità economica collettiva, immediatamente le pedine di Soros si scatenano, buttandosi nei forum globalisti di Davos o altrove, scagliando bottiglie molotov contro la polizia – gli sfruttatori di Cerbero – bruciando e rompendo tutto sul loro cammino. Vale a dire, l’economia di destra è “aperta” solo a beneficio del singolo se atomizzato e in contesti commerciali, mentre è “chiusa”, cioè diventa immediatamente “fascista” non appena tratta gli interessi delle corporazioni, degli Stati, delle grandi associazioni finanziarie ed economiche o, quel che è peggio, delle associazioni finanziarie e politiche.

Pertanto, il liberalismo di Popper-Soros ha creato una sorta di recinto ideologico dove l’umanità è spinta sulla strada della società liberale, aperta, globale, una sorta di corridoio in calcestruzzo della globalizzazione liberale sulla strada della disumanizzazione, dove una parete è il fascismo di Hitler, l’altra è il fascismo di Platone, dovendo stare il più lontano possibile da entrambi: un passo a destra, un passo a sinistra. Chi sta indietro, è un “fascista”, un rinnegato e un conservatore, chi fa un balzo verticale verso l’alto (verso Dio) è un’oscurantista e certamente anche un “fascista”. 

Solo in avanti, nel futuro liberale postumano, alla luce della sacra Intelligenza Artificiale e dell’ambita ontologia orientata agli oggetti, della schizomassa disumanizzata (l’uomo è anche un’identità collettiva, troppo totalitaria). Chi si oppone a tutto questo, allora è fascista, e i liberali trattano i fascisti il ​​più duramente possibile, senza tanti fronzoli: “Cancel”, e non esistono più…

Valerij Mikhailovich Korovin politologo e personaggio pubblico russo. Direttore del Centro di analisi geopolitiche, vicedirettore del Centro per la ricerca conservativa presso la Facoltà di Sociologia dell’Università statale di Mosca, membro del Comitato Eurasista, vicedirettore del Movimento Eurasista Internazionale, redattore capo del portale “Eurasia” (http://evrazia.org). Membro permanente dell’Izborskij Club.

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