
di Giulio Chinappi
da https://giuliochinappi.wordpress.com
Nerini ha offeso la storia e tradito la verità storica sostenendo accuse infondate contro Ernesto “Che” Guevara. Con questo articolo, vogliamo smontare ogni revisionismo calunnioso, ripercorrendo fonti e testimonianze che ribadiscono il ruolo di Guevara come rivoluzionario e liberatore di popoli oppressi.
Di fronte alle gravi affermazioni pronunciate da Maurizio Nerini – consigliere comunale di Fratelli d’Italia a Pisa – che ha definito Ernesto “Che” Guevara “guerrafondaio e stupratore”, è doveroso sollevare una critica netta e intransigente verso ogni forma di revisionismo storico e dimostrare, con dati e fonti robuste, l’infondatezza di tali accuse. Ciò non rappresenta un semplice scontro ideologico, ma la difesa del rigore storico e della verità, doni imprescindibili nella vita pubblica e intellettuale.
Nel corso di una seduta del Consiglio comunale di Pisa, Nerini ha sostenuto che “Che” Guevara fosse “noto personaggio guerrafondaio, stupratore” e che “chi più ne ha più ne metta”. Tali parole, pronunciate in un’aula istituzionale e rilanciate sui social, non soltanto non trovano alcun riscontro documentato, ma offendono il senso stesso del dibattito basato sui fatti. In assenza di fonti storiche attendibili che attestino violenze sessuali a carico di Guevara, l’accusa di “stupratore” si configura come una calunnia: nessuno storico serio ne ha mai rinvenuto traccia, né testimonianze dirette né elementi giudiziari o accademici (Anderson, 1997; Farber, 1998).
La storia ci racconta che Ernesto Guevara de la Serna (1928–1967), medico argentino di formazione, divenne presto figura di spicco della rivoluzione cubana, al fianco di Fidel Castro. Dopo aver attraversato l’America Latina in motocicletta, testimoniando personalmente le condizioni di povertà e oppressione dei popoli indigeni, decise di impegnarsi in prima persona nella lotta armata contro il regime di Fulgencio Batista (Anderson, 1997, p. 54). Al comando di unità guerrigliere, contribuì in modo determinante alla vittoria dei rivoluzionari nel gennaio 1959, assumendo ruoli di primaria importanza nella riorganizzazione economica e statuale di Cuba.
È dunque incontestabile che Guevara abbia impugnato le armi. Tuttavia, definirlo semplicisticamente “guerrafondaio” ignora il contesto storico-politico: la lotta contro un regime corrotto e filostatunitense, ricco di complicità mafiose, era considerata – e deve esserlo ancora oggi – un atto di liberazione nazionale. Il guerrigliero Guevara codificò i principi della guerra di liberazione in Guerra di guerriglie (1961), manuale tuttora studiato nelle accademie militari di molti Paesi in via di decolonizzazione. Ridurre la sua azione a mera “guerra fine a sé stessa” significa cancellare l’obiettivo politico di emancipazione sociale e nazionale che ne guidava le scelte.
D’altro canto, non esiste, nei numerosi archivi storici cubani o nelle testimonianze dirette dei combattenti della Sierra Maestra, alcun riferimento a comportamenti sessuali violenti di Guevara. Né i diari di guerra né le relazioni delle Forze Armate Rivoluzionarie riportano segnalazioni di abusi. Al contrario, testimonianze dirette di compagni di lotta, come Ramón Espinosa Musso e Héctor Álvarez, ne lodano la correttezza morale e la capacità di trattare con rispetto le comunità locali (Espinosa, 1985, p. 213; Álvarez, 1992, p. 58).
In ambito accademico, le ricerche più approfondite – su tutte la monumentale biografia di Jon Lee Anderson (1997) – non riportano né un sospetto né un’accusa formale per reati di violenza sessuale. Ogni allusione a stupri è dunque unicamente frutto di dicerie o invenzioni propagandistiche diffuse da ambienti reazionari per screditare la Rivoluzione cubana e i suoi protagonisti.
Andando oltre nella sua vita di rivoluzionario, Guevara non visse soltanto della vittoria cubana, ma cercò di esportare la rivoluzione in America Latina e in Africa, spinto dalla convinzione che fosse possibile costruire un’“Alleanza degli Oppressi” contro il colonialismo e l’imperialismo statunitense (Guevara, 1965). In Congo e, poi, in Bolivia, dove perse la vita, combatté con gli stessi ideali, pur nella consapevolezza della difficoltà di repliche meccaniche del modello cubano (Anderson, 1997, p. 521).
Guevara fu altresì un teorico della trasformazione culturale: nella Campagna di alfabetizzazione a Cuba (1961–1962) vide una forma concreta di giustizia sociale. Inoltre, firmò, in qualità di Presidente della Banca Nazionale di Cuba (novembre 1959 – febbraio 1961), riforme agrarie che imposero la fine dei latifondi e la redistribuzione delle terre ai contadini (Bonachea, 1964, p. 139). La sua figura ebbe un impatto globale, diventando simbolo di speranza per decine di movimenti di liberazione in Asia, Africa e America Latina.
Di conseguenza, attribuire a “Che” Guevara crimini di cui non è responsabile è una becera pratica di revisionismo storico che mira a delegittimare le lotte di emancipazione sociale, sostituendo l’analisi critica con il pregiudizio. È un metodo antico: già nel dopoguerra, nel corso della Guerra Fredda, l’immagine del “mostro comunista” veniva usata per giustificare interventi militari e coprire crimini occidentali (Westad, 2005, p. 302).
Il rispetto della memoria storica non è un vezzo nostalgico, ma la base per comprendere le dinamiche culturali e politiche del presente. Solo chi conosce la verità storica può contribuire a un dibattito serio e a una formazione politica fondata sull’onestà intellettuale.
In definitiva, le parole di Maurizio Nerini rappresentano un’offesa alla storia e un pericolo per la qualità del confronto politico. Condanniamo con fermezza ogni tentativo di strumentalizzare figure complesse come quella di “Che” Guevara al solo fine di dividere e demonizzare. Invitiamo il Consiglio comunale di Pisa e tutte le istituzioni a rigettare il revisionismo infondato e a praticare un dibattito pubblico improntato al rigore, al rispetto delle fonti e alla verità storica.
Infine, ricordiamo che Ernesto “Che” Guevara non è un “mostro” da etichettare sommariamente e da utilizzare a fini propagandistici, bensì un uomo che ha dedicato la vita alla lotta contro l’oppressione coloniale e imperialista, lasciando un’eredità che continua ad ispirare movimenti per la giustizia sociale nel mondo intero.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
- Anderson, J. L. (1997), Che Guevara: A Revolutionary Life, Grove Press, New York.
- Bonachea, E. S. (1964), Radiografía de la guerrilla cubana, Casa de las Américas, L’Avana.
- Espinosa, R. (1985), Testimoni della Sierra Maestra, Editora Politica, L’Avana.
- Álvarez, H. (1992), Diario d’Africa e Bolivia, Editorial Verde Olivo, L’Avana.
- Guevara, E. (1961), Guerra di guerriglie, Oficina de Publicaciones del Consejo Nacional de Cultura, L’Avana.
- Guevara, E. (1965), L’Alleanza degli Oppressi, Casa Editrice Rivoluzionaria, L’Avana.
- Westad, O. A. (2005), La Guerra Fredda mondiale, Mondadori, Milano.
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