Nel centenario dell’assassinio di Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg

liebknecht luxemburg manifestazionedi Jorge Cadima

da “O Militante“, rivista teorica del Partito Comunista Portoghese, n° 358 gennaio-febbraio 2019

Traduzione di Mauro Gemma per Marx21.it

Le recenti commemorazioni ufficiali dell’Armistizio che, 100 anni fa, segnò il cessate il fuoco dei cannoni nella prima guerra mondiale sono state uno spettacolo indecoroso. Come è stato scritto nelle pagine di “Avante!”, a proposito di queste celebrazioni, “si parla di pace, ma si prepara la guerra” (1). E si cerca di riscrivere la verità storica della Grande Guerra, una guerra delle classi dominanti delle grandi potenze capitaliste del loro tempo, in conflitto tra loro per mercati, materie prime e controllo territoriale, come descritto in profondità e con lucidità nell’opera di Lenin (2). È una verità storica che deve essere ricordata e che contiene insegnamenti per i nostri giorni.

Come scrive lo storico Jacques Pauwels (3), la prima guerra mondiale fu una guerra voluta dalle classi dominanti di tutti i paesi belligeranti, di fronte all’ascesa di un movimento operaio organizzato che stava emergendo come attore principale nella scena storica e che era il portatore della domanda di giustizia sociale e democrazia politica. Scrive Pauwels: “Al momento in cui la guerra esplode, l’élite esulta, e con buona ragione: gli scioperi e gli altri problemi sociali vengono interrotti e rimossi bruscamente, e anche la minaccia rivoluzionaria, reale o presunta, scompare. […] La democratizzazione fino ad allora apparentemente irresistibile, subisce una battuta d’arresto: le conquiste sociali sono sistematicamente rimosse. […] Nell’agosto del 1914 le élite avevano ragione di rallegrarsi, e lo hanno fatto in tutti i paesi che poi sono entrati in guerra. Erano per lo più sollevate dal fatto che la guerra all’estero portava la pace in patria, che lo scatenarsi di un conflitto internazionale neutralizzava i conflitti sociali all’interno del proprio paese, bandiva la rivoluzione e trasformava in “buoni cittadini” coloro che avevano dato corpo al pericolo rivoluzionario, cioè, i proletari, fino ad alloora scontenti e recalcitranti” (4).

La “pace sociale” “scoppiata” nel 1914 è stata possibile solo a causa del tradimento della grande maggioranza dei leader del movimento operaio, in particolare dei suoi partiti e sindacati socialdemocratici, che hanno fatto a brandelli le loro dichiarazioni di opposizione alla guerra del grande capitale e in difesa della Pace (5), approvando i bilanci di guerra e, in molti casi, entrando nei rispettivi governi. Fu una piccola ma lucida minoranza, all’interno del movimento operaio, a tenere alta la bandiera dell’opposizione alla guerra imperialista, una minoranza da cui sarebbe emerso il movimento comunista internazionale. La massima fedeltà ai principi marxisti venne manifestata da Lenin, che difese l’opposizione in ogni paese ai governi della guerra e la trasformazione della guerra imperialista in una rivoluzione sociale. In Germania, furono Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg che, insieme ad altri leader del movimento operaio tedesco, organizzarono l’opposizione alla guerra, formarono la Lega Spartaco (rapidamente messa al bando) e, nel 1918-1919, fondarono il Partito comunista tedesco (KPD).

Nella sua “Lettera ai lavoratori di Europa e America” (6), Lenin scrisse nel 1918: “Karl Liebknecht è un nome ben noto dei lavoratori di tutti i paesi. Ovunque, e in particolare nei paesi dell’Intesa, questo nome è il simbolo della dedizione di un leader agli interessi del proletariato, della fedeltà alla rivoluzione socialista. Questo nome è il simbolo di una lotta veramente sincera, di una lotta veramente disinteressata, di una lotta implacabile contro il capitalismo. Questo nome è il simbolo di una lotta senza compromessi contro l’imperialismo, non a parole ma in azioni, di una lotta disinteressata proprio mentre il “suo” paese è intossicato dalle vittorie imperialiste “.

La fedeltà ai principi di Liebknecht e Luxemburg fu pagata a caro prezzo. Durante la guerra, entrambi trascorsero più di due anni in prigione, nonostante Liebknecht fosse un membro del parlamento e godesse dell’immunità parlamentare. Ma il peggio doveva ancora venire.

Se la Grande Guerra era stata iniziata dalle classi dominanti, la fine della guerra fu in gran parte opera dei popoli, che rifiutarono di continuare a combattere, entrando in aperta rivolta. La vittoria della Grande Rivoluzione Socialista d’Ottobre (7 novembre 1917) in Russia rappresentò un momento di svolta nel corso della guerra (e nella storia dell’umanità). Il suo esempio e l’interminabile prolungamento dei combattimenti sponsero i soldati e i marinai tedeschi, prima alle diserzioni di massa e, un anno dopo, alla rivolta. Dal 29 ottobre 1918 i marinai tedeschi si ribellarono contro gli ordini di combattere e assunsero il controllo, con il sostegno degli operai, di numerose città industriali nel nord della Germania. Il 9 novembre la rivoluzione arrivava nella capitale, Berlino. Il Kaiser (imperatore) veniva rovesciato e, a poche ore di distanza, la Repubblica veniva proclamata due volte: una dal socialdemocratico Scheidemann e l’altra da Liebknecht. Due giorni dopo veniva firmato l’Armistizio.

I mesi seguenti furono segnati da un’alleanza di tutti i rappresentanti del vecchio ordine per reprimere ferocemente l’embrionale rivoluzione tedesca. Il governo appena formato, egemonizzato dalla socialdemocrazia (SPD), scatenò una feroce e sanguinosa repressione che avrebbe ucciso oltre 20.000 rivoluzionari tedeschi nei due anni seguenti (7) in campagne molte volte apertamente militari contro i quartieri della classe operaia. In questa repressione, legata per sempre ai nomi dei due leader SPD, Ebert e Noske, i gruppi armati di ufficiali ed ex soldati, noti come Freikorps, giocarono un ruolo centrale. Per la ferocia della repressione, e per molti dei suoi protagonisti, gli anni 1918-20 furono l’anticipo dell’ascesa al potere di Hitler poco più di un decennio dopo, fatto che spiega anche il profondo rifiuto e la sfiducia nei confronti della socialdemocrazia della parte più conseguente dei lavoratori tedeschi.

Tra le prime vittime della repressione governativa ci furono Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg, assassinati nel gennaio del 1919, mentre erano detenuti dalle autorità. Il corpo senza vita di Rosa Luxemburg ricomparirà, giorni dopo, mentre galleggiava in un canale. Consapevoli delle debolezze politiche del movimento rivoluzionario, consideravano prematuro ogni tentativo di conquistare il potere con la forza, ma non esitarono ad assumere il proprio ruolo nella prima linea delle lotte in corso (8). Il loro assassinio avvenne mentre Lenin stava scrivendo la sua “Lettera” ai lavoratori di Europa e America “: “Le righe precedenti sono state scritte prima del selvaggio e vile assassinio di Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg da parte del governo di Ebert e Scheidemann. Questi carnefici, strisciando davanti alla borghesia, hanno permesso alle guardie bianche tedesche, i cani da guardia della sacra proprietà capitalista, di linciare Rosa Luxemburg, di assassinare Karl Liebknecht con un colpo alla schiena. Non ci sono parole per esprimere tutta l’infamia e la bassezza di questa azione da carnefici, commessa dai cosiddetti socialisti “.

Nel suo discorso al primo congresso dell’Internazionale Comunista (2-6 marzo 1919), Lenin affermò: “Nel più sviluppato paese capitalista d’Europa, la Germania, dopo i primi mesi di libertà repubblicana, portata dalla sconfitta della Germania imperialista, è stato mostrato agli operai tedeschi e al mondo intero quale è la reale essenza di classe della repubblica democratica borghese. L’assassinio di Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg ha rappresentato un evento di importanza storica mondiale, non solo perché sono morti tragicamente gli elementi migliori e i capi dell’internazionale veramente proletaria, l’Internazionale Comunista, ma anche perchè uno stato europeo avanzato – si può dire senza esagerare uno stato avanzato su scala mondiale – ha rivelato pienamente la sua essenza di classe. Se persone in prigionia, vale a dire, persone che sono poste sotto la guardia del potere statale, possono essere impunemente uccise da ufficiali e capitalisti sotto un governo di social-patrioti, di conseguenza la repubblica democratica in cui è possibile una cosa del genere è una dittatura della borghesia”.

In uno dei loro ultimi testi, “Un appello ai lavoratori del mondo”, pubblicato poco prima della loro morte, nel novembre 1918, Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht (insieme ad altri importanti capi spartachisti, Clara Zetkin e Franz Mehring) avvertivano sui pericoli di ciò che si stava avvicinando: “L’imperialismo di tutti i paesi non conosce gli” accordi “, riconosce solo un diritto: il profitto del capitale; conosce solo un linguaggio: quello della spada; conosce solo un metodo: la violenza. E se ora parla in tutti i paesi, nei vostri come nel nostro, sulla “Società delle Nazioni”, sul “disarmo”, i “diritti delle piccole nazioni”, l’ “autodeterminazione”, utilizza solo le bugiarde frasi ad effetto dei governanti, allo scopo di ingabbiare, fino ad addormentarla, la vigilanza del proletariato”. Profeticamente, affermavano: “Ricordate che i vostri capitalisti vittoriosi sono pronti ad annegare la nostra rivoluzione nel sangue, che temono tanto quanto la vostra. […]. Se le vostre classi dominanti riusciranno a strangolare la rivoluzione proletaria in Germania e in Russia, si rivolgeranno contro di voi con rinnovata violenza. I vostri capitalisti si aspettano che la vittoria su di noi, e sulla Russia rivoluzionaria, gli darà la forza di frustarti con una frusta “. Anticipando le conseguenze che la ‘pace dei vincitori’ imposta in seguito a Versailles, avrebbe portato, trascinando al disastro economico in Germania, alimentando l’ascesa di Hitler e la Seconda Guerra Mondiale, affermavano: “Ciò che le classi al governo annunciano come la pace e la giustizia è solo una nuova opera di forza brutale, dalla quale emergeranno le mille teste dell’idra dell’oppressione, dell’odio e di nuove e sanguinose guerre”.

Note

(1) Albano Nunes, «Armistício e verdade histórica», Avante!, 15.11.2018.

(2) O Imperialismo, Fase Superior do Capitalismo, in Obras Escolhidas de Lénine em seis tomos, t. 2, ed. «Avante!», 1984.

(3) Jacques R. Pauwels, 1914-1918. La Grande Guerra Des Classes, Éditions Aden, 2014.

(4) J. R. Pauwels, op. cit., p. 299 e seguintes.

(5) O Socialismo e a Guerra,Lénine, op. cit., t. 2, ed. «Avante», 1984.

(6) Carta aos Operários da Europa e da América, Lénine, op. cit., t. 4, ed. «Avante!», 1986.

(7) Nigel Jones, The birth of the Nazis – How the Freikorps blazed a trail for Hitler, ed. Robinson (2004), p. 203.

(8) Artigo de Eduardo Chitas, «Nos 85 anos do assasínio de Karl Liebknecht e Rosa Luxemburgo», in O Militante,Março-Abril/2004; e o texto de Rosa Luxemburgo, «A ordem reina em Berlim», in O Militante,Setembro-Outubro/2009 (com a introdução «Em memória de uma ‘águia’»).