Il 1989 e la retorica della libertà

berlin wall graffitidi Davide Viganò
da ilbecco.it

A cosa serve festeggiare una data, o anche solo rammentarla? A creare la mitologia per cui dopo quell’evento nulla è stato come prima.

Non è solo questo, quantomeno non dovrebbe esserlo, perché spesso il cambiamento è stato fondamentale per riscrivere la storia da parte di quelli che da essa sarebbero dovuti rimanerne fuori. La lotta di classe passa anche per queste vie. Tra date da celebrare in onore dello Stato borghese, capitalista, colonialista e imperialista, che crea la sua potenza e forza mandano masse di operai e contadini a spararsi tra di loro, per una ricchezza che non apparterà mai ad essi, e altre che celebrano la guerra di classe dei proletari, degli esclusi sociali contro i padroni della terra. C’è il 4 novembre che celebra una vittoria bagnata dal sangue degli ultimi per mantenere i privilegiati al potere e c’è il 7 ottobre 1917.

La rivoluzione bolscevica ha dimostrato che i pezzenti, i dannati della terra, potevano prendere il potere, e sbarazzarsi della zavorra che da secoli li tiene legati a vivere una vita di fatica e sofferenza.

Da questo momento i proletari di tutto il mondo potevano aver la forza di organizzarsi e combattere la loro guerra.

Sì, guerra. Questa è la rivoluzione, mi rendo conto che questo concetto sulla natura reale della rivoluzione possa terrorizzare, ed è giusto che sia così. Nessuno lascia il potere pacificamente. Questa cosa viene sempre scordata nella narrazione storica a uso e consumo della propaganda capitalista e liberale. 

L’unione Sovietica si è ritrovata ben presto accerchiata da polacchi, cecoslovacchi, tedeschi, inglesi, insomma la maggior parte delle nazioni occidentali e i paesi vicino al loro confine. C’erano dissapori antichi e questa rivoluzione li portava a galla. Il trattato di Brest- Litovsk è stato usato per cercare di danneggiare la rivoluzione bolscevica e riportare tutto come prima. Nel 1919 si scatena la prima delle guerre civili tra i Bianchi, sostenitori dello zar, e i Rossi.

Per un lunghissimo periodo agenti esterni ed interni hanno fatto in modo di sabotare ed annientare la riuscita e il ricordo del più importante avvenimento del Novecento. Questa pressione ha portato a scelte dolorose, tragiche, anche condannabili col senno di poi, ma scaturite per la difesa del comunismo. Il quale è stato per gran parte del ‘900 l’ispiratore delle rivolte, lotte, rivoluzioni anti colonialiste e anti capitaliste di questo mondo. Le potenze democratiche non si sono fatte nessun problema a sostenere i peggiori dittatori fascisti per stroncare ogni rivoluzione del popolo per il comunismo. Da Soharto fino a Pinochet, quelli che ci parlano ogni giorno di democrazia, libertà, civiltà, hanno sostenuto in tutti i modi questi regimi.

L’errore su cui si è fondata la risposta del comunismo è stata una continua paura di infiltrazioni e invasioni delle forze nemiche, sicuramente ci sono stati anche quelli che con questa scusa si son divertiti a far del male agli innocenti. Mi par che i comunisti abbiano fatto abbastanza in termini di auto critica. Fin troppo, di questo ne sono più che certo.

Tuttavia mi chiedo: la lezione di morale ed etica cosa c’entra con la libertà? Anzi, meglio ancora: cosa c’entra la libertà con il nostro sistema?

Io trovo imbarazzante festeggiare il 1989 come se fosse l’anno dei miracoli. Capirei meglio se fosse solo legata alla fine del comunismo, imploso e distrutto dal suo interno, da una nomenklatura senza spina dorsale, da venduti e traditori. O da incapaci come il Gorbaciov tanto amato da alcuni.

Avrebbe senso, sarebbe onesto. Quella forza strutturata e organizzata per porre limiti ai disastri del capitalismo e delle democrazie occidentali, è stata annientata. Almeno quella in grado di organizzare e disciplinare le masse, quella che combatteva per i diritti sociali. Al sistema, per poter mostrarsi tollerante, basta una sinistra “radicale” che si fermi ad azioni spontanee, simboliche, emarginata politicamente e dimenticata dalla masse.

Il punto è che non festeggiamo nessuna libertà. Almeno non quella che ci piace rappresentare nei nostri giornali, opere di finzione, nella propaganda.

Libertà è una parola usata talmente tante volte nel mondo occidentale, che mi fa sorgere il dubbio diaverne svuotato sia il suo valore che il significato.

Diciamo che lo Stato comunista controllava i suoi cittadini, lo diciamo come se da noi queste cose non fossero mai successe. Basterebbe controllare i documenti dell’F.B.I. per notare come moltissimi cittadini americani sono stati controllati dallo stato, come moltissimi di essi siano finiti in galera o addirittura ammazzati perché mettevano in discussione le regole statali. Certo a esser colpiti spesso sono le minoranze, quella afroamericana, gruppi di protesta sociale, ambientalisti, femministe, o cattivissimi comunisti come Trumbo, messo in galera con altri nove colleghi per le sue idee. 

Certo alla base di questi avvenimenti c’era la difesa della propria patria contro un nemico insidioso sia esterno che interno, esattamente come succedeva nei paesi del socialismo reale. Per cui le accuse su cui si basa da sempre la propaganda anti comunista dovrebbero essere archiviate con l’accettazione di una situazione storica e politica compromessa dalla Guerra Fredda.

Il problema è che noi occidentali, nonostante i secoli di crimini contro il resto del mondo attraverso il colonialismo, l’imperialismo, il sostegno di regimi dittatoriali spesso fascisti, siamo devoti e fedeli a un dogma che non vogliamo mettere in discussione: cioè che siamo superiori e che il nostro stile di vita non può esser cambiato da nessuno. Non vogliamo accettare che la nostra storia di paesi liberi si fonda sulla repressione interna della classe operaia, delle istituzioni repressive in cui rinchiudere i più poveri, per sostenere e mantenere il potere di poche persone a capo del sistema capitalista.

Nelle nostre vuote parole c’è tutto l’orrore per la violenza, la discriminazione, l’intolleranza, la condanna a chi opprime gli esseri umani. C’è l’idea che comunque noi siamo migliori degli altri, che campano di propaganda e stampa compiacente. Tutto questo perché siamo ossessionati dalla Libertà, talmente tanto da convicerci di esserlo. Come se non ci fossero masse di invisibili che vivono in condizione di povertà al centro del mondo ricco ed evoluto, come se dover pagare cifre esorbitanti per potersi permettere le cure mediche non sia di fatto un modo per eliminare i meno abbienti, negando a loro la libertà- quella vera- di vivere una vita sana.

Lodiamo la caduta di un muro ma sosteniamo la barriera tra Israele e la striscia di Gaza. Tanto i palestinesi ai nostri occhi non sono come gli israeliani, non sono mica persone, non hanno famiglie, speranze, sentimenti. Tutte queste cose che ho appena scritto appartengono a noi.

Noi siamo umani, il resto del mondo probabilmente no. Sono fanatici. La nostra corsa al successo economico, l’ideologia del libero mercato, la difesa ad oltranza di un sistema che sulla carta doveva portare libertà e felicità a tutti e da trenta anni che fallisce, non sono atti di fanatismo, evidentemente.

Se fossimo liberi potremmo anche rivedere e modificare sostanzialmente un sistema economico fallimentare. Sarebbe il caos, si aprirebbe una voragine pronta a inghiottire gran parte della nostra società? Sì, è vero. Ma tutta questa prudenza ce l’abbiamo avuta quando abbiamo abbattuto il Muro? O quando andiamo in giro ad esportare la democrazia e la nostra libertà? La risposta è no.

Dopo i primi e brevi tempi di festeggiamento, le masse hanno scoperto la miseria, si sono arricchiti chi era pronto a saltare dall’altra parte, c’è stato il boom della prostituzione e la malavita ha scoperto come ingrandirsi. C’è anche questo nella favolosa storia del 1989.

Sono passati trenta anni e dobbiamo ancora insistere sulla pericolosità di un nemico estinto. Un nemico che ai borghesi fa ancora paura, un po’ perché la codardia fa parte del loro DNA, un po’ perché col tempo anche il comunismo, e quindi esser comunisti, è stato svuotato di ogni significato. Tutti quelli che danno noia a chi gestisce il potere è un comunista. Accusavano pure Prodi di esserlo.

Tuttavia queste celebrazioni, questa retorica sulla libertà non intacca le masse popolari sempre più amorfe.

L’avanzata delle destre estreme e fasciste in gran parte dei paesi salvati dal comunismo, è la prova provata di come all’occidente non freghi nulla delle libertà. Di come non ci sia stato un impegno per dar istituzioni democratiche serie e radicate, ma solo accordi con qualche dissidente farabutto, insomma la solita politica del “è un figlio di buonadonna, ma è il nostro figlio di buonadonna.”.

La libertà dovrebbe essere totale, e far parte della nostra vita. Trovo molto buffo quelli che ne celebrano l’importanza per attaccare un nemico politico, si dichiarano felici per le celebrazioni del 9 novembre e poi impongono ai figli di vivere vite fasulle, di sottomettersi ai voleri paterni, di non metter in discussione quello che viene detto, fatto, pensato, in famiglia. Queste contraddizioni sono ben visibili e radicate. Basterebbe controllare quanti felici per la fine della dittatura comunista, sono sostenitori dei peggiori oscurantisti che portano avanti politiche omofone, patriarcali, xenofobe. Come se non fosse una pesante contraddizione negare la libertà alle persone di vivere vite normali e all’aperto, con discorsi pieni di retorica sul mondo nato dalle macerie del comunismo.

Trenta anni sono passati e alla fine noi abbiamo avuto crisi violentissime come quelle accadute nel 1993 in Russia, ma all’epoca c’era quel sincero democratico che tanto ci piaceva di nome Eltsin, guerre spacciate per missioni di pace, crisi economiche, migliaia di lavoratori morti sul posto di lavoro, la distruzione della legge 300 e il mercato del lavoro ridotto a un ridicolo far west, il taglio delle spese sociali, l’attacco alla sanità e istruzione pubblica, le privatizzazioni che spesso hanno solo peggiorato situazioni già non propriamente rosee, il tutto però ben nascosto da tonnellate di retorica sulla libertà individuale, di espressione, parola e stampa. Ovviamente mendace e fallace anche qui, perché abbiamo compreso che non serve la polizia segreta, l’esercito, l’eliminazione fisica, basta non dar spazio o uno assai minimo.

Per quanto mi riguarda da troppo tempo viviamo in un sistema di ipocrisia istituzionale. Convinti di esser sani, liberi, i buoni della situazione e se per caso abbiamo qualche problema, il sistema sarà in grado di superarlo. Mantenendosi in vita anche quando non ha più speranza. E quella è morta e sepolta da anni.

Tuttavia siamo liberi di scegliere quale ricorrenza festeggiare, anche se ricordare le date sbagliate scatena il democratismo acritico occidentale e i suoi automi programmati per dire le solite cose, possiamo dar credito alla propaganda capitalista aiutata dai libertari e affini, oppure – pur riconoscendo le tragedie imperdonabili e gli errori ingiustificabili – ritenere che la ricerca della libertà delle masse dal padronato e dai suoi scagnozzi sia più importante della fine ingloriosa di questa meravigliosa storia fatta di rivoluzioni, resistenze, ribellioni.

Io continuerò a festeggiare il 7 ottobre e le date legate alla storie del comunismo. Altri potranno godersi la versione corretta e riveduta per masse inerti, della storia del Mondo Libero.

Ps: Se per caso voleste aver del materiale su cui riflettere, vi consiglio di leggere i suddetti libri. Forse non li conoscerete perché siamo talmente liberi da non dar spazio alle critiche lucide e approfondite, o li gestiamo come se fossero un prodotto voluto e apprezzato dal sistema stesso, ecco vi consiglio di partire con questi due: Domenico Losurdo, Controstoria del liberalismo, edizioni Laterza e Terrorismo Occidentale di Noam Chomsky e Andre Vitcheck edizione Ponte alle Grazie.

Qui non solo si prosegue la guerra fredda, ma si vogliono gettare le fondamenta di un’Europa dei ricchi. L’idea della giustizia sociale deve essere soffocata una volta per tutte. Bollarci come assassini serve a questo.

E. Honecker