Alcune riflessioni a partire da una nuova pubblicazione di Roberto Sidoli, Daniele Burgio e Massimo Leoni sulle leggi universali dell’economia ed elementi d’attualità dell’analisi marxiana.
“Le previsioni degli economisti servono solo a risollevare l’autostima dei metereologi”. E’ questa una delle ironie preferite e più in voga negli ultimi anni nel mondo dell’economia per bollare il ruolo dei “tecnici” del ramo. In verità, dopo la crisi finanziaria del 2009, questa che inizialmente fungeva da burla tra colleghi è diventata nel senso comune una verità disarmante. Lo stesso scontro tra neoclassici e neokeynesiani, in una certa misura, palesa il rifiuto consapevole di leggere con gli occhi della scienza economica gli ultimi quarant’anni: da un lato, l’illusione neoliberista di relegare nell’ambito della fatalità il crollo di un intero sistema finanziario perpetratosi per decenni, il cui accumulo di macerie parte da una sovrapproduzione totale di merci e passa per una conseguente sovra speculazione; dall’altro il confortevole rifugio nel neokeynesismo che rifiuta di ragionare sulla sconfitta storica del pensiero del suo capostipite in favore del selvaggio tandem reaganiano-thatcheriano negli anni ‘80, sono la prova di un fatto: il pensiero economico-politico prevalente e contemporaneo appare inadeguato ad interpretare le grandi trasformazioni intercorse negli ultimi decenni e ad indagare una gerarchia di cause e concause all’origine delle miserie della contingenza.