L’associazione Stalin: un sito sulla storia del movimento comunista internazionale

lenin stalinRiceviamo da Francesco Fustaneo e volentieri pubblichiamo

Non è  facile orientarsi, nonostante la residualità politica alla quale purtroppo si è stati col tempo relegati, tra la miriade di sigle e organizzazioni culturali e politiche che costellano la “galassia” comunista: soggetti spesso differenti  l’uno dall’altro per l’eterogenità dei contenuti trattati e non di rado in palese contrastro tra loro.

Una delle  organizzazioni che vale la pena “segnalare” per la proficuità del lavoro svolto, anche se poco nota nel panorama culturale di sinistra, è l’“Associazione Stalin” che i più “appassionati” conosceranno per il tenore degli argomenti trattati nel proprio sito (www.associazionestalin.it). Non è un caso che essi siano stati ampiamenti usati da Alessandro Pascale nel suo lavoro In Difesa del Socialismo Reale e del Marxismo-Leninismo.

Con metodo e costanza, i suoi membri hanno espletato un lavoro di taglio scientifico (si potrebbe aggiungere accademico, senza far torto al pregio di un linguaggio chiaro e popolare) di ricostruzione storico-politica dei principali passaggi nella storia del movimento comunista internazionale a partire dal 1917 fino ad oggi. Tale lavoro è sfociato finora nella pubblicazione di 52 libretti, composti da un’introduzione, in cui si cerca di mettere a fuoco le questioni principali trattate e una serie di documenti di cui si offre una lettura guidata. Tutti i libretti o anche i singoli testi separatamente sono liberamente scaricabili.

La ricerca è articolata in varie sezioni ai cui indici, come anche a quelli dei singoli fascicoli, si accede dalla prima pagina:

La rivoluzione e gli anni di Stalin: ventitre libretti;
La controrivoluzione in URSS: sei libretti, da Kruscev a Gorbaciov;
La controrivoluzione in URSS e il movimento comunista internazionale: quattro libretti sulle reazioni di Cina e Albania al XX Congresso e le controversie fino alla conferenza dei partiti comunisti del 1960;
La divisione del movimento comunista internazionale. Le spinte oggettive: cinque libretti sui partiti comunisti occidentali, sulla Cina dalla rivoluzione culturale a Xi Jinping, sulla liquidazione del socialismo nell’Europa orientale e poi su Vietnam, Laos, Corea, Cuba;
Il ruolo dell’Internazionale comunista: otto libretti;
Il ruolo del Partito comunista nella storia d’Italia: sei libretti che arrivano fino all’inizio degli anni ’50, mentre altri tre sono annunciati.

Abbiamo loro rivolto alcune domande:

Perchè, per affrontare un lavoro di documentazione e analisi sul movimento comunista, come quello che trova espressione nel vostro sito,  avete deciso di costituirvi in Associazione Stalin?

Ci preme di sottolineare che l’obiettivo non è mai stato quello di esibire le icone del glorioso passato dando sfogo a qualche nostalgico (anche se a quanto pare motivi di nostalgia emergono con forza in Russia e non solo[1]). Abbiamo invece voluto chiarire fin da subito, nel modo più esplicito, che parlare  di movimento comunista senza fare riferimento al ruolo di Giuseppe Stalin non è compatibile con una discussione seria e scientifica.

Nel corso degli anni e con un crescendo negli ultimi decenni si è affermata una sorta di vulgata antistaliniana, che ha radici lontane nel trotskismo (ripreso alla grande da Kruscev) e nella spietata guerra antibolscevica della borghesia disposta a tutto pur di annientare la rivoluzione russa. Questa vulgata, che arriva alla oscena equiparazione tra Stalin e Hitler, ormai moneta corrente, non solo non viene contrastata come sarebbe doveroso e possibile fare sulla base dei fatti, ma si accompagna, in quelli che ancora si richiamano in qualche modo agli ideali socialisti e comunisti, a una sorta di rimozione. Noi abbiamo rovesciato questo metodo, dicendo chiaramente che per comprendere l’insieme del processo storico attraversato dai comunisti bisogna partire proprio da Stalin per impedire che  l’antistalinismo – come in realtà è avvenuto – apra la strada alla demolizione, nella memoria storica e nella teoria, della più grande esperienza di emancipazione dell’umanità che il mondo abbia mai conosciuto.

Potreste spiegare meglio il significato di questa affermazione? Perchè la questione di Stalin sarebbe dirimente per la storia del movimento comunista?

La presa di distanza dei comunisti “buoni” dalle malefatte attribuite con dovizia a Stalin serve solo alla reazione e lo si è visto bene in questi anni. La demonizzazione di Stalin poi non deve stupire più di tanto: il tentativo di cancellare le esperienze rivoluzionarie non è una novità, ma è una costante nella storia. Basti pensare alla demonizzazione di Robespierre dopo il Termidoro, di cui parla Losurdo nella prefazione al suo libro su Stalin[2].

Nel vostro lavoro fate spesso riferimento alla rivoluzione francese. Perchè?

La Rivoluzione francese è essenziale per mettere in luce le dinamiche di un processo rivoluzionario. I comunisti “buoni” farebbero bene a tenerla presente. Si può giudicare la Rivoluzione Francese dall’uso della ghigliottina? Oppure la dinamica rivoluzionaria va considerata rispetto ai risultati storici? E il Terrore fu o no lo strumento che rese possibile la vittoria della Francia repubblicana contro gli eserciti coalizzati della reazione europea?

Nella cultura dominante, anche a livello di studi storici, passa il concetto per cui ci sarebbe una rivoluzione buona (quella che ahimè non si realizza mai) e una cattiva (quella impersonata da Stalin). Si perde completamente di vista il carattere determinato e largamente oggettivo del processo rivoluzionario in cui, come avevano visto i grandi teorici del movimento comunista, Marx ed Engels, viene a maturazione il rovesciamento violento del vecchio ordinamento sociale. Il processo reale è guidato da necessità e costrizioni oggettive drammatiche, pure se in esso si manifesta anche in massimo grado il soggetto rivoluzionario e le scelte che compie.

A che risultati siete arrivati valutando gli anni di Stalin, dal 1924 al 1953?

Abbiamo cercato di mettere in luce gli snodi fondamentali del processo rivoluzionario attraverso le scelte compiute dalla direzione staliniana di fronte alla evoluzione concreta degli avvenimenti: socialismo in un solo paese, collettivizzazione dell’agricoltura, creazione della base industriale, organizzazione della guerra patriottica, costruzione del campo socialista. L’analisi specifica di questi passaggi può e deve essere approfondita. Non si può però accettare che si guardi l’albero senza vedere la foresta, senza capire quindi che un siffatto processo rivoluzionario non poteva compiersi senza una direzione ferrea del partito e dello stato.

L’analisi che fate comprende anche l’esito a cui si è arrivati negli anni ’90 del secolo scorso?

Come si può notare dal lavoro che abbiamo fatto, un punto essenziale che richiamiamo è il concetto di “controrivoluzione”. Sappiamo bene che le anime belle del comunismo non assumono come categoria questo concetto, ma esso esprime esattamente quello che è avvenuto dal 1989 in poi. E i personaggi che si sono mossi in questo scenario, dal precursore Kruscev a Gorbaciov e Eltsin, hanno svolto il ruolo dei controrivoluzionari, affiancati spesso dalla vigliaccheria dei dirigenti delle democrazie popolari. Ad eccezione di Ceaucescu, a cui hanno fatto fare la fine che sappiamo, e di pochi altri. Mentre in Cina, con piazza Tienanmen, le cose sono andate diversamente.

È concluso dunque il vostro lavoro?

Niente affatto, proprio partendo da questi presupposti riteniamo che si aprano problemi di approfondimento su ogni singola questione. Ma non solo, si apre anche una partita di più ampia portata che è l’interpretazione materialistica della storia del movimento comunista.

Cioè?

A nostro parere, esaminando il corso storico del movimento comunista non solo si inquadrano le scelte che in un determinato contesto sono state fatte e trovano una loro possibile giustificazione, ma emerge con chiarezza la dinamica del rapporto tra principi, necessità storica e peso delle condizioni oggettive. In molte situazioni le “svolte” che vengono interpretate come “tradimento” dei principi si rivelano in realtà l’esatto opposto. Insomma, se vogliamo riportare le questioni ai giorni nostri, emerge il fatto che i comunisti, se aspirano nuovamente al ruolo decisivo e propulsivo che hanno avuto in passato, non possono limitarsi a riproporre la lettura dei sacri testi o alle declamazioni ideologiche e rituali, ma devono saper leggere in modo scientifico la realtà presente e porsi dentro le sue contraddizioni in modo rivoluzionario.

Francesco Fustaneo

[1]    La maggioranza dei Russi  (52%) prova ammirazione verso Stalin e considera il suo ruolo positivo per la storia della Russia, secondo un sondaggio condotto dall’organizzazione no-profit Levada Center. I consensi verso il defunto leader sovietico non sono mai stati tanto alti quanto quest’anno (N.d.a.).
[2]    D. Losurdo, Stalin. Storia e critica di una leggenda nera, Carocci, Roma 2008.