di Donatello Santarone , Coordinatore del Cesme, Centro studi sul marxismo e l’educazione Università degli Studi Roma Tre
Per prima cosa voglio spiegare come è fatto questo libro, come nasce e perché è stato riproposto nel 2008.
Il libro si compone di due parti: la prima è un’antologia commentata di Marx ed Engels, la seconda presenta un saggio critico di Manacorda sulla dimensione educativa nell’opera di Marx. Entrambe queste parti risalgono agli anni Sessanta, precisamente agli anni 1964-1966, cioè al periodo storico tra i più fecondi nella vicenda del marxismo italiano. Un marxismo ricchissimo – Manacorda nella nuova introduzione ricorda tra gli altri Cesare Luporini, Nicola Badaloni, Franco Fortini – che si intrecciava intimamente con la prassi politica e con le battaglie culturali del partito comunista italiano, del partito socialista italiano, delle prime embrionali forme di quella che con il ’68-’69 diventerà la nuova sinistra.
Le pagine di Marx sul rapporto tra istruzione e lavoro, sullo sviluppo di tutte le facoltà umane – “l’uomo onnilaterale” – sull’universalità, la gratuità, la laicità della formazione, sulla denuncia delle condizioni abiette in cui la borghesia costringe i lavoratori impedendo il loro elevamento morale e spirituale
, tutto questo negli anni Sessanta non restava un pur meritevole e necessario studio storico-filologico, ma si traduceva in proposte operative per cambiare il sistema scolastico italiano, attraverso una fitta rete di istituzioni di ricerca quali l’Istituto Gramsci con la sua sezione educazione, di riviste quali “Riforma della scuola”, di commissioni sulla scuola all’interno del comitato centrale del partito comunista italiano che studiavano e facevano proposte, di convegni, di iniziative di lotta che portarono, tra le altre cose, a quella che riteniamo essere la più importante riforma dell’età repubblicana, cioè l’istituzione della scuola media unica del 1962. Una riforma che dà attuazione all’articolo 34 della Costituzione – “L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita” -, che spezza l’odioso classismo degli anni Cinquanta che costringeva i figli dei lavoratori a intraprendere scuole senza sbocchi quali l’avviamenti professionale o le scuole rurali post-elementari e che conferma l’invito che Marx rivolgeva alle associazioni dei lavoratori, contro il verbalismo estremista e utopista, di battersi anche dentro il quadro parlamentare democratico-borghese per strappare all’avversario di classe importanti riforme a beneficio della classe operaia.
Oggi, purtroppo, la situazione è profondamente mutata per la sconfitta storica subita dal movimento operaio in Occidente e per il disarmo ideologico e politico attivamente promosso da migliaia di ex-comunisti che hanno ripudiato la loro storia abbracciando, a volte in maniera caricaturale, le più vetuste ideologie borghesi. Voglio fare un esempio concreto legato al mio lavoro di docente universitario in una facoltà di scienze della formazione. Qualche anno fa ho analizzato la serie storica degli Ordini degli studi della mia facoltà. Gli Ordini degli studi sono quei libri forniti agli studenti in cui vengono presentati tutti gli insegnamenti offerti con i relativi programmi e libri di testo. Ebbene dal 1996 al 2008, su centinaia di corsi e di testi di esame, ho trovato un solo libro sul marxismo pedagogico, l’antologia degli scritti di Gramsci sull’educazione curata da Manacorda per La Nuova Italia. Credo non ci sia bisogno di commenti.
Ma di fronte a tale rimozione, ho pensato che fosse urgente, piuttosto che lamentarsi e rimpiangere i bei tempi passati, provare con molta modestia ma con altrettanta determinazione a costruire un luogo di discussione e di organizzazione degli studi marxisti in campo educativo, che potesse rimettere in circolazione anzitutto i testi e che potesse in primo luogo parlare direttamente alle giovani generazioni. Da queste riflessioni, insieme ad altri colleghi, si è deciso di costituire il Cesme, Centro studi sul marxismo e l’educazione (www.cesme.it), nato nel 2008 dentro l’università di Roma Tre, l’anno in cui decidemmo di ripubblicare l’antologia che oggi presentiamo.
Vorrei sottolineare che tutte queste cose si collocano nella più generale ripresa del pensiero di Marx nel mondo. Un pensiero che torna attuale di fronte alla crisi odierna del capitalismo e che si accompagna allo straordinario lavoro svolto a Berlino intorno alla nuova edizione storico-critica, la MEGA2, che ci consente di leggere con maggiore profondità la straordinaria ricchezza, problematicità, apertura dell’opera di Marx.
Come ha scritto Manacorda nella nuova premessa al libro che oggi presentiamo, Marx è necessario comprendere e trasformare un “mondo [che] sta sperimentando l’esasperazione del sistema capitalistico di appropriazione privata dei beni comuni”, – tra i quali, fondamentale, è l’educazione. E per fare questo la strada maestra è quella ricordata da Engels in una lettera del 21 settembre 1890 allo studente berlinese e redattore di riviste socialiste Joseph Bloch: studiare “questa teoria sulle fonti originali, e non di seconda mano”. Scrive Engels: “secondo la concezione materialistica della storia la produzione e riproduzione della vita reale è nella storia il momento in ultima istanza determinante [vorrei richiamare la vostra attenzione su questa frase scritta in corsivo da Engels: in ultima istanza, quindi attraverso innumerevoli mediazioni di tipo culturale, politico, giuridico]. Di più né io né Marx abbiamo mai affermato. Se ora qualcuno distorce quell’affermazione in modo che il momento economico risulti essere l’unico [anche questa parola scritta in corsivo per dare il dovuto risalto a un prospettiva antimeccanicistica ed antieconomicistica] determinante, trasforma quel principio in una frase fatta insignificante, astratta e assurda. La situazione economica è la base, ma i diversi momenti della sovrastruttura […] le teorie politiche, giuridiche, filosofiche, le visioni religiose e il loro successivo sviluppo in sistemi dogmatici esercitano altresì la loro influenza sul decorso delle lotte storiche e in molti casi ne determinano in modo preponderante la forma [anche qui corsivo]. È un’azione reciproca di tutti questi momenti, in cui alla fine il movimento si impone come fattore necessario attraverso un’enorme quantità di fatti casuali. […] Vorrei del resto pregarla di studiare questa teoria sulle fonti originali e non di seconda mano, è veramente molto più semplice. […] Del fatto che da parte dei più giovani si attribuisca talvolta al lato economico più rilevanza di quanta convenga, siamo in parte responsabili anche Marx e io. Di fronte agli avversari dovevamo accentuare il principio fondamentale, che essi negavano, e non sempre c’era il tempo, il luogo e l’occasione di riconoscere quel che spettava agli altri fattori che entrano nell’azione reciproca”1.
Questa lettera mi sembra che chiarisca in modo netto l’importanza che i fondatori del socialismo scientifico attribuivano alla cosiddetta sovrastruttura, di cui fa parte anche l’educazione. Poiché ancora oggi molti interpreti superficiali o in malafede continuano a presentare un Marx determinista e positivista, un Marx fautore di una sorta di rozzo economicismo tomista, vorrei sottolineare che un merito dell’opera di Manacorda è quello di aver demolito questa rappresentazione, facendo emergere la vera natura dialettica della sua analisi del rapporto tra forme della produzione e forme della coscienza e della conoscenza. Il capitale, infatti, non è solo un processo economico, ma un dispositivo complesso di relazioni produttive, sociali, culturali, educative, psichiche. Esso informa l’intera esistenza, l’essere umano nella sua totalità. La pervasività del capitale, la sua proposta di una sapiente e molecolare “pedagogia del consumo”, la mercificazione di ogni aspetto della vita umana e naturale producono una mutazione nei soggetti, consumatori svuotati dell’essenza umana, e costringono gli educatori a fare i conti con questa mutazione.
Marx sostiene che attraverso le forme ideologiche gli uomini prendono coscienza del mondo, proponendo così un rapporto dialettico tra struttura e sovrastruttura. L’educazione, quindi, come forma ideologica, è anche fattore di emancipazione, luogo di coscientizzazione, avrebbe detto il teorico della “pedagogia degli oppressi”, il brasiliano Paulo Freire. “Con il cambiamento della base economica si sconvolge più o meno rapidamente [corsivo nostro, n.d.r.] tutta la gigantesca sovrastruttura. Quando si studiano simili sconvolgimenti, è indispensabile distinguere sempre [corsivo nostro, n.d.r.] fra lo sconvolgimento materiale delle condizioni economiche della produzione, che può essere constatato con la precisione delle scienze naturali, e le forme giuridiche, politiche, religiose, artistiche o filosofiche, ossia le forme ideologiche che permettono agli uomini di concepire questo conflitto e di combatterlo.”2.
In un testo del 1857, intitolato Introduzione alla critica dell’economia politica Marx ricorda, cito testualmente, il “rapporto ineguale dello sviluppo della produzione materiale con … quella artistica”. Egli sostiene che le condizioni materiali degli uomini determinano sì le loro attività simboliche e cognitive, ma che tra i due momenti, produzione economica e produzione intellettuale, non vi è alcuna corrispondenza meccanica. Questo significa, per restare in ambito educativo, che tutto ciò che noi studiamo, impariamo, sperimentiamo è sì frutto di determinati condizionamenti di carattere storico-sociale ma può essere anche, dialetticamente, momento di presa di coscienza di quei condizionamenti, analisi critica dei fenomeni studiati. L’educazione, quindi, come luogo in cui si scommette sul futuro e sulla modificabilità dei soggetti. Si tratta di un’acquisizione di grande importanza che sgombra il campo da tante interpretazioni riduttive del pensiero di Marx sul tema del rapporto tra struttura e sovrastruttura, tra dimensione economica e dimensione cognitivo-simbolica. Rapporto che è stato di recente ripreso e acutamente indagato dallo storico della filosofia Nicolao Merker in un saggio complessivo sul filosofo di Treviri (Karl Marx. Vita e opere, Laterza 2010). In esso Merker ricorda che nella Prefazione a Per la critica dell’economia politica (1859) Marx usa le metafore architettoniche di “struttura” e “sovrastruttura” senza tuttavia attribuire un significato secondario a quel che sta “sopra” (la costruzione) rispetto a ciò che sta “sotto” (le fondamenta). Inoltre per Marx la parola struttura comprende forze produttive, modi di produzione e rapporti sociali corrispondenti. Quindi produrre non è un’attività meccanica e inerte. Essa è un’attività ricca di conoscenze, competenze e abilità. Un fare accompagnato da un saper fare. Per questo, conclude Merker, “già nella produzione, essendo essa umana, sono simultaneamente presenti la ‘struttura’ e la ‘sovrastruttura’, complementari e non contrapposte”.
Concludo ricordando che due marxisti italiani hanno compreso a fondo questo nesso, dandoci alcune delle pagine più acute del rapporto tra marxismo ed educazione: Labriola e Gramsci. Il pensiero pedagogico di Gramsci è stato di recente stravolto da un certo Orsini che ha presentato il comunista sardo come un violento e un dogmatico. E questo rinnovato clima di “caccia alle streghe” nei confronti di Gramsci e dei comunisti è stato fatto proprio da Roberto Saviano, il quale ha recentemente esaltato su Repubblica il libro di questo Orsini su Turati e Gramsci, in cui quest’ultimo viene presentato come il campione della pedagogia dell’intolleranza. A questa miseria fatta di ignoranza e intenzionale falsificazione abbiamo voluto rispondere ancora una volta con la serietà filologica di Manacorda: ed è con grande soddisfazione che vi annuncio la prossima uscita presso gli Editori Riuniti University Press dell’antologia di scritti pedagogici di Gramsci intitolata L’alternativa pedagogica.