Il totalitarismo liberale. Le tecniche imperialiste per l’egemonia culturale.

pascale totalitarismoliberale macrocopertinaA cura di Alessandro Pascale. La città del Sole

di Marco Pondrelli

Il nome Seymour Hersh probabilmente ai più non dirà molto ma Hersh, vincitore anche del premio Pulitzer, ha messo in discussione la versione fornita dal governo statunitense dell’uccisione di Bin Laden (raccontata anche nel film embedded di Kathryn Bigelow Zero Dark Thirty), così come la ‘verità’ sul gas Sarin usato da Assad in Siria, la reazione, durante la presidenza del ‘democratico’ Obama, è stata la censura. Il fatto di per sé è significativo, spiega molto bene la ‘fabbrica del falso’, che sta alla base dell’accettazione acritica delle verità di comodo propinate da mass-media compiacenti. È spiega altrettanto bene la battaglia contro la scuola pubblica, contro la libertà d’informazione per spegnere qualsiasi visione critica ed alternativa della società e del mondo.

Lo abbiamo visto molto bene in tutte le guerre che l’Occidente ha combattuto in questi anni, i diritti umani hanno sempre nascosto interessi geopolitici, purtroppo anche la sinistra, comunista e non, ha partecipato a questa giostra (chi ricorda le manifestazioni di Ferrero sotto l’ambasciata libica prima della guerra?).

Alessandro Pascale, collaboratore di Marx Ventuno, nel suo libro (il totalitarismo liberale) analizza questi meccanismi e le radici di classe che stanno dietro ad essi.

Questo è il primo libro di un’opera molto vasta, edita da ‘la città del sole’ che ci accompagnerà nei prossimi anni.

Diciamo subito che di un simile contributo c’era bisogno. Viviamo tempi in cui la storia dei comunisti è tanto denigrata quanto sconosciuta. Chi, come il sottoscritto, ha studiato negli anni ’80 ha un ricordo dei manuali di storia molto diverso rispetto a quelli odierni, la battaglia che i nostri avversari hanno combattuto è stata lenta ma, gli va riconosciuto, mossa da grande determinazione. È stata una battaglia sociale: come disse Warren Buffet la lotta di classe non è finita, la lotta di classe c’è e siamo noi a vincere. A questa lotta se n’è affiancata una culturale, pensare 30 anni fa di accomunare nazismo e comunismo sotto le insegne del totalitarismo sarebbe stato inconcepibile, oggi è la norma e come tale non necessita di spiegazione e di argomentazioni.

Questa sconfitta parte da lontano. Così come il passaggio che ha portato dal PCI di Togliatti, Longo e Secchia al PD di Renzi è stato un percorso diluito nel tempo anche la liquidazione del pensiero marxista – leninista è stato lungo ed ha avuto i migliori alleati proprio a sinistra.

L’opera di Pascale è una risposta che l’Autore articola grazie ai contributi di molti importati pensatori, fra cui Domenico Losurdo, che propongono letture alternative, sempre documentate ed analitiche.

gli strumenti di analisi

In questo suo percorso Pascale è aiutato da categoria marxiste che non solo sconfessano l’ideologia dominante ma sono un valido aiuto per analizzare la realtà e dare una lettura di ciò che ci circonda, dalla religione ai diritti umani, dal consumismo al linguaggio.

Il libro si divide in due parti ed offre molti strumenti a chi vuole mettere in dubbio il pensiero unico. Se la prima parte si dedica alle condizioni oggettive che hanno reso possibile la riscrittura della storia contemporanea in chiave anticomunista la seconda parte traccia “alcune applicazioni pratiche che hanno consolidato e affermato anche nel campo della sinistra la grande offensiva ideologica rivolta dal grande Capitale contro il comunismo”. La scelta, coraggiosa, è quella di dedicare ampio spazio alla figura di Josif Stalin perché è da qui, dalla sua critica, che si è iniziato a liquidare il comunismo ed è per questo che la data del 1956 assume una valenza fondamentale.

concludendo

Un ultimo spunto, anche se tanti sarebbero i temi da riportare, sul dibattito che quotidianamente tiene banco a sinistra. Viene citata, e di questo siamo grati all’Autore, la rubrica che su Marx21 è intitolata ‘comunisti e questione nazionale’. Viviamo in un epoca in cui le parole hanno perso il loro valore e si sprecano gli anatemi, ma concretamente cosa significa l’accusa di essere populisti, sovranisti o rossobruni? Verrebbe da dire che grande è la confusione sotto il cielo ma, ahimè, questa volta la situazione non è eccellente. Cuba, ma si potrebbe citare anche il Vietnam, la Cina o il Venezuela, che affianca alla lotta per il socialismo quella patriottica, è anch’essa rossobruna così come, per certi soloni, evidentemente lo era anche Lenin?

Come scrisse Bertold Brecht ‘tante vicende/tante domande’.