Proponiamo alcuni passaggi di una intervista che Noam Chomsky, professore emerito di Linguistica al Massachusetts Institute of Technology, ha rilasciato a Yasha Mounk per la testata online Persuasion (tradotta in italiano dal quotidiano Domani lo scorso 14 dicembre). È un’intervista lunga, ad ampio spettro, e molto discutibile in molte sue parti. Vogliamo qui sottolineare il richiamo del Professore al concetto che ancora “la sinistra” alla “questione di classe”.
Yasha Mounk: Un cambiamento interessante avvenuto nella sinistra è nella posizione contro l’universalismo. Oggi, mi sembra, e potrebbe non essere d’accordo con me, che una parte molto ampia della sinistra si voglia organizzare intorno a gruppi identitari, e forse preveda anche un futuro per la società in cui i gruppi identitari svolgono un ruolo importante, come fanno oggi, tranne che con gruppi di identità storicamente oppressi trattati molto meglio.
Noam Chomsky: Quello di cui stiamo parlando non è proprio la sinistra, è più che altro quello che viene definita”politica identitaria”. La forma più grande e potente di politica identitaria è la supremazia bianca. È quella che supera tutte le altre messe insieme, ma è sempre stata considerata naturale, quindi non ci si è preoccupati di parlarne. Supremazia maschile, supremazia bianca: sono cose profondamente radicate nella cultura. Sono fattori enormi che hanno conseguenze enormi. Ma erano solo dati per scontati. Quello che è successo è che ora altri gruppi fanno pressione per far valere i propri diritti e la propria identità, che lo facciano in modo giusto o sbagliato, a ogni modo sostanzialmente prendono parte al gioco. Questi gruppi stanno dicendo: «Non vogliamo solo il dominio schiacciante — così schiacciante che nessuno nemmeno lo commenta — della supremazia bianca e della supremazia maschile che si è costruita nella cultura per secoli». Ci si può chiedere se lo stiano facendo nel modo giusto. A volte no. Ma non è la sinistra; è solo una ricerca di diritti su una gamma più ampia rispetto ai soli settori dominanti.
Mounk: Molti potrebbero obiettare a questo. Potrebbero dire: «No, siamo noi la sinistra, e il giusto modo di stare a sinistra è proprio quello di contrastare la supremazia bianca e quelle forme di politica identitaria bianca con una varietà di forme diverse di politica identitaria che possono resistere a tutto ciò».
Chomsky: Le persone si possono definire come vogliono, ma la sinistra tradizionale si preoccupava di problemi di classe. È vero che tante persone che hanno idee progressiste su temi politici e così via, si preoccupano anche dei diritti delle donne, dei diritti delle minoranze e così via. Tuttavia quel tema particolare della politica identitaria è sostanzialmente distaccata dalla sinistra e la ragione ovvia è guardare alle forme principali di politica identitaria. Le forme principali sono, ancora, prepotentemente la supremazia bianca e quella maschile. Si tratta di politica identitaria reale, potente. Non la notiamo perché la diamo per scontato. Ma non è un argomento. È vero. È un problema profondo. La supremazia bianca e quella maschile hanno un impatto straordinario sulla politica. Sono le sue parti dominanti e lo sono da secoli. Quando i gruppi che non sono dominanti iniziano a dire che anche loro hanno dei diritti, certamente, questo avrà un effetto sulla politica. Un tempo si dava per scontato che i neri fossero semplicemente inferiori: «È insito nella loro natura. Semplicemente non sono capaci di entrare in una società moderna». Thomas Jefferson lo credeva. Lo credeva Abraham Lincoln. Alcuni dei più progressisti lo pensavano. È una forma di politica identitaria radicale da cui, fortunatamente, molti di noi, non tutti, sono fuggiti. E lo stesso vale per la supremazia bianca prevalente, il patriarcato, la supremazia maschile, e così via. Sono patologie culturali che dovrebbero essere superate. Ci si può chiedere se sono superate nel modo giusto o sbagliato. È una questione seria. Dovremmo dire “latinx”? La decisione spetta al gruppo in questione, secondo me, proprio come spetta agli italiani decidere se gli sta bene essere chiamati “wops”, guappi.
Mounk: Quando pensa ad alcuni dei garanti della Costituzione degli Stati Uniti, o ad alcuni princìpi come il giusto processo, la critica in fondo è che storicamente sono state apprezzati molto di più da alcuni gruppi dominanti che da altri. Come dovremmo pensare al ruolo di princìpi neutrali che storicamente non sono stati applicati in modo neutrale?
Chomsky: Qui ci sono due domande. Una è: vogliamo capire la nostra società? Vogliamo capire da dove viene la ricchezza? Vogliamo capire quanta della nostra ricchezza viene dal più orribile sistema di schiavitù della storia umana? Dobbiamo ricordare che il cotone è stato il petrolio del Diciannovesimo secolo. Il cotone a buon mercato era la base per la produzione, la finanza e il commercio al dettaglio negli Stati Uniti e in Inghilterra, una base enorme della ricchezza di queste società. Il cotone a buon mercato proveniva da una schiavitù orribile e feroce di un genere che non era mai esistito nella storia umana. Dovremmo saperlo? O dovremmo invece semplicemente dire «Oh, beh, non mi interessa. Non sono interessato?» Sta a ciascuno di noi decidere. La seconda domanda è: cosa ce ne facciamo dell’orrenda eredità rimasta? Basti guardare alla differenza di ricchezza tra neri e bianchi. Alle condizioni in cui vivono. Ai livelli di istruzione. Tutto questo è l’eredità di un orribile sistema di oppressione. Non basta semplicemente dire: «Ok, iniziamo e usiamo i princìpi correttamente». Supponiamo che i tedeschi dicano: «Dimentichiamoci di tutta questa faccenda dell’Olocausto. A chi importa? È finita. D’ora in poi, tratteremo gli ebrei con gentilezza. Possiamo smettere di pensare ad Auschwitz e a tutte quelle sciocchezze». Io non sono d’accordo, non credo che lo siano gli altri e non credo che dovremmo esserlo per noi stessi.