Quando la paura fa ombra alla scienza

di Giovanni Murineddu

biotecnologieQuando la ricerca scientifica si trasferisce nelle sedi della politica, dove le valutazioni riposano su visioni di ordine ideologico, è facile che essa diventi strumento di un contendere estraneo all’obiettività dei risultati sperimentali. Tutte le innovazioni suscitano riserve e sospetti vuoi perché mettono in discussione poteri consolidati vuoi perché i processi tecnici che li hanno generati non sono di facile accesso ai profani. Non deve stupire quindi se l’impatto con l’opinione pubblica può diventare oggetto di manipolazione interessata. E’ appunto per effetto di informazione manipolata che le biotecnologie e gli organismi geneticamente modificati sono associati alla paura che la scienza e l’agricoltura moderna sconvolgano l’ alimentazione e le tradizioni alimentari del nostro Paese. Le reazioni scomposte alla dichiarazione del ministro Corrado Clini di credere nell’utilità e nell’affidabilità degli OGM è la prova provata che un argomento come questo suscita un allarme fuori misura, seguito da un invito perentorio al ministro tecnico di pensare ad altro. 

L’opinione pubblica, da vent’anni a questa parte, cioè da quando l’ingegneria genetica ha ottenuto risultati sorprendenti al campo della botanica, è stata raggiunta da messaggi allarmistici che ne hanno influenzato gli orientamenti disponendola in gran parte al rifiuto degli organismi geneticamente modificati. Obiettivo non difficile dal momento che la dimostrazione del contrario richiede un approccio all’ingegneria genetica difficile e complesso.

Tutti i ministri dell’Agricoltura che si sono succeduti in questi anni, (di centro destra come di centrosinistra), hanno posto all’indice gli OGM sostenendo che gli stessi sarebbero stati responsabili dell’insorgenza di nuove e gravi malattie nonché di un attacco devastante alla biodiversità.

Sarà vero? Il professor Edoardo Boncinelli sostiene senza mezzi termini che la paura fa ombra alla scienza. Aggiungo di mio che la proiezione di tale ombra vede in prima fila i paladini del Wwf di Legambiente e di Greenpeace. Nel composito mondo politico italiano vige un trasversalismo che tocca quasi tutti i partiti, ad eccezione dei Verdi, per i quali l’ambientalismo radicale costituisce una vera e propria ragione di sopravvivenza a scapito, per dirla sempre col prof. Boncinelli della razionalità e dal pragmatismo. 

Tra la gente, però, l’allarme della comparsa di nuove malattie in aggiunta a quelle che già ci sono suscita panico, sebbene quattrocento Istituti di ricerca pubblica in Europa abbiano affermato che gli OGM non sono affatto un pericolo per la salute umana e per la biodiversità. Le pressioni delle organizzazioni agricole (in Italia, soprattutto della Coldiretti e della Cia), dell’industria chimica e degli ambientalisti sugli Stati nazionali hanno praticamente vanificato la sperimentazione di campo. Da noi, addirittura, sono state adottate le misure più severe in nome della tipicità dei prodotti ortofrutticoli. 

Ma le cose stanno davvero così? Prima di entrare nel merito delle procedure elementari di innesto genetico, fermiamoci a considerare il caso del pomodoro San Marzano. Questa varietà è stata denominata DOP dal 1990 e ha rappresentato il meglio in campo mondiale per la produzione di pelati e di conserve. Fino al 1980 la Campania era leader con il 35 per cento della produzione nazionale. Oggi a causa della elevata sensibilità della pianta alla virosi, la percentuale è scesa al 3 per cento. La superficie coltivata nel 2001 (85.000 ettari) ha subito una flessione del 12 per cento rispetto all’anno precedente. Poiché non esistono preparati antivirali si ricorre ad ibridi, cioè a piante parzialmente resistenti che la mutabilità dei virus rende comunque estremamente vulnerabili. Gli Istituti pubblici italiani hanno isolato geni in grado di conferire resistenza ai tre principali virus (Cmv, Tswv,Camv) ma la legge italiana vieta che se ne faccia uso per evitare che vengano contaminate le altre varietà colturali di pomodoro. La conseguenza di tutto questo è che non vengono rimossi i pericoli di micidiali infezioni fungine sulle piante virosate (aflatossine, fumosine, ocratossine e rubratossine). La soluzione biotech consiste nel trasferimento di geni da un organismo vivente qualsiasi ad una pianta conferendole una caratteristica ereditabile. Il gene introdotto nel DNA della pianta si aggiunge alla decine di migliaia di geni già presenti lasciando inalterato il genoma della pianta di partenza. Ove ci si avvalga di un gene di pesce, per esempio, non significa che il pomodoro avrà sapori odori che richiamano quelli del pesce: un semplice gene non rappresenta il genoma del pesce. Il nostro stesso patrimonio genetico è costituiti di geni che sono presenti in larga misura anche in animali e piante. 

Se gli organi di governo non avranno il coraggio di affidarsi alla scienza per risolvere questo problema alla radice, è possibile che nel prossimo futuro dovremo dire addio al pomodoro San Marzano, delizia della cucina italiana. La sua tipicità, grazie all’ingegneria genetica, non si perde ma si conserva. A questo punto come la mettiamo con la tipicità dei nostri prodotti e della nostra gastronomia? Salveremo le industrie conserviere del Paese continuando ad importare centinaia di migliaia di tonnellate di estratto di pomodoro dalla Cina,( avviata a diventare il maggiore attore mondiale nel settore biotecnologico), dagli USA, dall’India, dove il biotech ha già superato la soglia del 25 per cento? E la nostra pasta siamo sicuri che non ne subirà le conseguenze, per non dire della pizza? Pochi sanno che il 75 per cento delle pizze confezionate vendute nel mondo sono confezionate nel Canada con pasta transgenica, mozzarella di origine ignota e con estratto di pomodoro che non ha sicuramente il valore organolettico del San Marzano.

Restando sempre sul piano dell’alimentazione non si può fare a meno di considerare quanto sta avvenendo in Italia per la coltivazione del riso, in particolare della varietà Carnaroli, che ha caratteristiche tali da spuntare i prezzi più elevati nel mercato del riso. A condizionarne la produttività è un fungo, il Magnaporthe grisea che attacca foglie, colmo, pannocchia e spighette. I rimedi tradizionali ad azione preventiva hanno prodotto benefici minimi e impegni di spesa elevati. La soluzione biotech consiste nell’integrazione di un gene che conferisce resistenza al fungo parassita e che è già stato individuato nella pianta di mais. Anche a questa possibilità gli ambientalisti oppongono un fronte compatto e i produttori sono costretti a ricorrere a trattamenti massivi di fungicidi. In Asia, viceversa, dove il riso costituisce la materia prima dell’alimentazione, è stata applicata una tecnica transgenica che gli conferisce la proprietà di aumentarne enormemente la produzione e di porre rimedio a una diffusissima e grave malattia degli occhi, causata dalla mancanza di una proteina, il beta carotene.

Molti pensano che la fedeltà ai prodotti tradizionali ci rende immuni dal rischio di malanni seri. Ma non è così. 

Le piante giovani di basilico, per esempio, hanno una presenza accertata di metil-eugenolo, una sostanza fortemente cancerogena. La tossina decade nello stadio successivo di crescita, ma intanto si continua a negare con indignazione che il pericolo esiste.

Una gran varietà di ortaggi, dai broccoli agli asparagi ai radicchi alle cipolle ai carciofi, per soddisfare le esigenze di mercato, sono trattati con insetticidi e fungicidi chimici di potenza elevata con effetti inquinanti e pericolosi per la salute umana. La scienza oggi è in grado, mediante l’ingegneria genetica, di ovviare al problema salvandone la tipicità, perché l’inserimento di un gene nella pianta non ne altera affatto il genoma.

Quando il professor Veronesi, affrontando il problema del transgenico, ha sostenuto che nel mais prodotto in Europa è presente una aflatossina cancerogena, è stato insultato come persona al soldo della Monsanto e delle multinazionali. Eppure la serietà e la competenza scientifica del prof. Veronesi, noto in tutto il mondo per il suo contributo alla cura dei tumori, avrebbe dovuto consigliare maggiore rispetto e suggerire riflessioni meno esagitate.

Non potendo parlare da scienziato su un argomento complesso come questo, mi affido all’esperienza maturata sul campo in qualità di modesto produttore di vino e di frutta (ciliegi, mele, pere). Il mio vigneto, costituito da piante selezionate di shyrah, vermentino, cabernet e altre varietà da tavola ogni anno viene colpito severamente da peronospera, botrite o mal bianco. La flavescenza dorata e il mal dell’esca, ugualmente presenti, mi obbligano all’eradicazione della pianta. Sebbene esegua con scrupolo tutti i trattamenti consigliati ogni dieci-dodici giorni, la difesa con i prodotti chimici tradizionali risulta dispendiosa e si dimostra incapace di rallentare progressivo calo di produzione e di qualità delle uve. Il frutteto presenta problemi non dissimili e necessita di dosi elevate di fitofarmaci. Ciononostante l’apparato radicale dei ciliegi è attaccato da un insetto che fa deperire la pianta nel volgere di pochi mesi. 

Poiché i progressi della biologia molecolare permettono di inserire il gene esogeno nel DNA del cloroplasto evitandone la diffusione attraverso il polline e sono applicabili alla maggior parte delle piante di interesse per l’uomo, non si capisce perché si debba rinunciare a questa risorsa scientifica per una ipotizzata nocività alla salute umana. Atteggiamento strano, quest’ultimo, visto che in nessun paese del mondo aperto agli OGM si è mai verificato la denuncia di allergie o di malattie imputabili al consumo di prodotti transgenici.

Ciò non esclude, naturalmente, che si debba usare la massima cautela e vigilanza in materia di OGM : il principio di precauzione è una misura giusta , per i ricercatori come per i consumatori che dovessero affidarsi ai prodotti transgenici. 

In Italia, però, il principio di precauzione si è tradotto in un divieto generalizzato anche per quegli alimenti il cui uso da vent’anni ha raggiunto le mense di oltre un miliardo di persone, dall’Argentina al Brasile agli Usa al Canada alla Cina. 

In nome della tracciabilità, la cui normativa è disciplinata dal Regolamento CE del 2003, è stato introdotta una misura che nel nostro Paese è stata spesa come garanzia assoluta del cibo garantito, sorvolando ambiguamente sul fatto che i nostri allevamenti (bovini, suini ed altri) vengono nutriti per il 90 per cento con mais e soia importati da paesi esteri, prevalentemente OGM. Se la catena alimentare è stata“avvelenata” dai genetisti vegetali, cosa ne dovremmo dedurre, che 50 milioni di prosciutti di Parma e migliaia di tonnellate di parmigiano reggiano devono essere tolti dal commercio? Fortunatamente non si arriva a questo livello di insensatezza per la semplice ragione che la tipicità del prodotto rimane tale anche a seguito delle biotecnologie cellulari applicate agli elementi vegetali dalle quali gli alimenti prendono origine..

Sono convinto che la ricerca italiana non avrà alcuna prospettiva futura se la scienza del nostro Paese continuerà ad essere assoggettata all’arbitrarietà delle scelte di politica scientifica che abbiamo conosciuto fino ad oggi. 

di Giovanni Murineddu

biotecnologieQuando la ricerca scientifica si trasferisce nelle sedi della politica, dove le valutazioni riposano su visioni di ordine ideologico, è facile che essa diventi strumento di un contendere estraneo all’obiettività dei risultati sperimentali. Tutte le innovazioni suscitano riserve e sospetti vuoi perché mettono in discussione poteri consolidati vuoi perché i processi tecnici che li hanno generati non sono di facile accesso ai profani. Non deve stupire quindi se l’impatto con l’opinione pubblica può diventare oggetto di manipolazione interessata. E’ appunto per effetto di informazione manipolata che le biotecnologie e gli organismi geneticamente modificati sono associati alla paura che la scienza e l’agricoltura moderna sconvolgano l’ alimentazione e le tradizioni alimentari del nostro Paese. Le reazioni scomposte alla dichiarazione del ministro Corrado Clini di credere nell’utilità e nell’affidabilità degli OGM è la prova provata che un argomento come questo suscita un allarme fuori misura, seguito da un invito perentorio al ministro tecnico di pensare ad altro. 

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