“Cristianesimo, socialismo e marxismo”

fra-dolcinoLa Cooperativa Editrice Aurora pubblicherà verso la metà del mese di marzo il libro “Ratzinger o Fra Dolcino?” L’effetto di sdoppiamento nella religione occidentale di Roberto Sidoli, Massimo Leoni e Daniele Burgio, con l’intervento di Bruno Casati.

Dal profeta Amos a Chavez, da Marcione alla teologia della liberazione, da Dolcino fino a don Gallo, emerge il processo di sviluppo plurimillenario della “linea rossa” comunista in campo religioso all’interno del mondo occidentale, nella coesistenza/lotta di lunga durata con il suo avversario storico, la “linea nera” classista risultata finora in genere nella pratica e coscienza collettiva dei credenti dell’area geopolitica occidentale.

Per prenotare il libro (prezzo euro 12,00), si può telefonare allo 02-29405405 presso il centro Culturale Concetto Marchesi (via Spallanzani 6 Milano), oppure Daniele Burgio 329 5932234.

Grazie.

“Cristianesimo, socialismo e marxismo”

Pubblichiamo uno stimolante scritto di Angelo Ruggeri, intitolato “Cristianesimo, socialismo e marxismo” assieme ad una replica di R. Sidoli, M. Leoni e D. Burgio, nell’ambito del dibattito sorto riguardo sia al libro “Ratzinger o frà Dolcino” che all’effetto di sdoppiamento all’interno della religione, in primo luogo nell’area occidentale.

Angelo Ruggeri: “La missione della Chiesa e il Regno di Dio è la reale liberazione degli uomini da ogni male. E fin quando il processo di liberazione dell’uomo è e resta incompiuto non si può ridurre Marx a un ideologo della prima rivoluzione industriale, in quanto il marxismo pensa all’uomo e al mondo concreto non con i piedi per aria, è filosofia della prassi, ortoprassia per la reale liberazione e critica di un processo storico a cui aderisce e si rinnova seguendo i processi storico in corso”.Giuseppe Pirola s.j (Epistolario con an.ru.) (nessuno nella c.d. “sinistra” potrebbe dire meglio, neanche chi fa della filologia marxista, o fa l’esegeta delle parole di Marx e fa del marxismo letterario anziché il marxismo politico sociale, cadenzato sulla critica del processo storico – e dell’economia e del diritto dello stato – a cui aderisce e applicandolo ai processi storici che sono oggi in corso.)

“Ma dove sono ormai i marxisti meglio i marxiani, con cui ho lavorato una vita? Figure esemplari di uomini tanto onesti quanto poveri per sobrietà di vita…Sono diventati tutti.. cardinali.. Sedie e non idee proprie e critiche. Il programma di destra ve lo facciamo noi, i prodi di… Prodi. Che compagnia né di Gesù, né di Marx… Ma noi non molliamo, vero? Continua a tenere duro.

Ciao e buon lavoro e buon Anno. Giuseppe Pirola s.j. (Epistolario, idem)

Re: Eh, sì, caro Angelo è proprio vero e chiaro. Ci vuole la sinistra al potere perché la politica sia di destra in modo efficace cioè comandi la “destra rosa bolognese”.. Così gli operai filano ..Siamo tutti occidentalisti… specie dopo che papa Giovanni XXIII aveva posto fine all’Occidentalismo della Chiesa. Sempre in anticipo …inutilmente… Giuseppe Pirola


Ci è stato chiesta da parte dei tre autori Roberto Sidoli, Massimo Leoni, Daniele Burgio (Caro Angelo,…ti chiediamo gentilmente di leggere lo scritto e se puoi di darci una tua critica”) una valutazione critica del loro libro intitolato “Ratzinger o Fra Dolcino?” – di cui ci hanno fatto pervenire la prefazione e il capitolo intitolato “Cristianesimo, socialismo e marxismo”.

Alcuni titoli dei capitolati sono: “Gesù di Nazareth, il “primo socialista”. Le comunità politico-religiose degli esseni e di Qumran, basate entrambe su un modo di vita e produzione collettivistico. Amos e Isaia, profeti “rossi” dell’Antico Testamento. Fra Dolcino e T. Muntzer, rivoluzionari comunisti e cristiani. Le organizzazioni “eretiche” cristiane, dagli eroici marcioniti agli anabattisti rivoluzionari della Comune di Munster, con la loro scelta di campo allo stesso tempo comunista e religiosa. I cristiani per il socialismo, il cristiano-marxista Chavez, ecc.”

 

Come si può capire già da questi titolati, il libro compie una analisi storica e filologica identificando un perenne lotta einterconnessione interna al cristianesimo tra una “linea rossa collocata agli antipodi del processo di accumulazione di ricchezze portato avanti negli ultimi millenni dalle religioni dominanti nelle società classiste” e una linea nera filo classista svolta dagli apparati e vertici ecclesiastici parallelamente alla forte “linea nera” che dall’interno del pensiero laicista-scettico e fino ad arrivare a Nietzsche ed ai suoi emuli, si è sviluppata anche una particolare forma di ateismo che, più o meno apertamente, ha sostenuto i rapporti di produzione e distribuzione basati sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
 

Una tale ricostruzione storica è indubbiamente utile per un altrettanto utile sviluppo di un dibattito in quanto offre i presupposti non astratti – pur sempre da sottoporre ad analisi secondo le incalzante dinamiche dei processi in corso – per leggere il ruolo della religione in particolare del cristianesimo e della chiesa cattolica, in relazione agli aspetti della vita (anche attuale e quotidiana) regolati nella vita economica, sociale e civile dagli ordinamenti politici e istituzionali dello stato (nazionale e delle sue proiezioni sovranazionali) che in quanto forma storica della “questione sociale” è “sovrastruttura” dei rapporti sociali e di produzione storicamente determinati, quindi della questione del rapporto tra struttura e sovrastruttura anticipata da Marx e sviluppata al massimo grado da A. Gramsci.
 

Noi che non siamo “NE TEISTI NE ATEISTI” (come ebbe a dire una volta anche E. Berlinguer), ne storici della religione ne filologi, ci compete di più, per quanto ci è possibile, di rapportare e riportare alla ricaduta politica e sociale che hanno avuto e mantengono la religioni e la chiesa cattolica, intesa come comunità e non solo ed anzi meno come istituzione, nella prospettiva storica dei fatti e degli avvenimenti e della incidenza che hanno avuto sugli sviluppi della cultura e la capacità di fornire una identità ai valori nell’evoluzione della civiltà e dei processi attualmente in corso.
 

In tal senso, volendo procedere per gradi e nei limiti del possibile e brevi, ripercorrere il nesso tra passato e futuro, già assunto a suo tempo da Novalis per stabilire un nesso tra continuità degli eventi biblici e storia moderna delle verità sia religiosa che storica; anziché dal passato all’oggi ci sembra, viceversa, utile procedere semmai, a ritroso, dall’oggi alla passato prossimo. Quanto meno a quello tuttora attuale, della definizione della base teorica marxiana a proposito della religione, di cui gli autori del libro sopra citati sono tra i pochi a dimostrare di aver capito e giustamente inteso ciò che ha veramente detto Marx a proposito della religione. E ciò che ha veramente detto è l’opposto di quello che invece viene generalmente citato, come se Marx avesse detto che la religione è l’oppio “per” il popolo (qualcosa cioè per cui il popolo viene narcotizzato dall’esterno); mentre viene del tutto silenziato e trascurato il passo che precede, in cui Marx dimostra di vedere più acutamente e più in profondità dei giovani hegeliani (che aspettavano dall’ateismo la liberazione dell’uomo) per cui concepisce la critica della religione “come la premessa di tutte le critiche”, capendo perfettamente che il problema era la liberazione dalla prigionia terrena, e non da quella celeste, ma vede nella religione tanto “l’espressione della vera miseria” quanto “la protesta contro la vera miseria”.
 

“La religione è il gemito della creatura oppressa, l’anima di un mondo senza cuore, di un mondo che è lo spirito di situazioni senza spirito”(…). Marx, (Critica delle filosofia del diritto di Hegel).

“L’ateismo come negazione di questa mancanza di essenza (della natura e dell’uomo) non ha più senso, poiché l’ateismo è una negazione di Dio e pone con questa negazione l’esistenza dell’uomo…” Marx, (Manoscritti economico-filosofici)
 

Per cominciare, ci sembra proficuo “approfittare” e introdurre – anche per coinvolgere almeno qualcuno dei diversi messaggi a cui non sempre riusciamo a dare risposta in tempo reale. se non anche, spesso, in tempi talvolta lunghi, verso i quali siamo debitori – uno scritto di Leonardo Boff (inviato ci da M. Tamborini che ringrazio), col quale, confrontarsi, implica riconoscere ancora l’attualità dell’analisi marxiana, seppur sia indispensabile superare la visione eurocentrica del marxismo “ortodosso”, a proposito del quale ci sembra di consentire con Roberto Sidoli, Massimo Leoni, Daniele Burgio, la dove scrivono:
 

“risulta ormai necessario modificare una parte consistente dell’ormai consolidata analisi marxista sulla pratica religiosa, presa nella globalità…” pur ritenendo, certamente, “ancora valido il nucleo fondamentale della valutazione espressa dal marxismo “classico” sia rispetto alla genesi della religione, da intendersi come il prodotto dell’azione umana…”sia per l’uso che attribuendola a Marx, è stato fatto della definizione della religione come “oppio dei popoli” nella “sua particolare versione, quale quella fornita dagli apparati ecclesiastici collegati strettamente al potere politico e agli organi statali, a partire dalla teocrazia sumera”
 

In tal modo, per un verso, si è occultato, intanto, che “il cristianesimo nei duemila anni non è mai stato uguale a se stesso” (…) e che le vicende storiche hanno un peso rilevante sulle mutazioni dottrinali stesse (G. Pirola, Fenomenologia e società, 2003, n.2); nonché quella identificazione del proletariato con le comunità messianiche dell’Apocalisse richiamata, in tempi recenti, da Taubes (Escatologia occidentale, 1997) per – come ha osservato salvatore d’Albergo in Cristianesimo ed Europa, Fenomenologia e società – quella lettura di Marx sul salto dal regno della “necessità” al regno della “libertà” che culmina nella conclusione che l’uomo trova il suo centro in Dio quale misura del sacro inteso come “lo scandalo che scuote le strutture del mondo” (Taubes, idem)
 

Cito dall’Epistolario con Padre Giuseppe Pirola che mi scriveva:
 

NB: I primi capitoli (2-3) della Bibbia non narrano l’origine del mondo fisico, ma l’origine della condizione umana nella sua tragicità che diventa scandalo, impossibilità di credere che l’uomo vive in un mondo creato da Dio che ama l’uomo e non da un Dio geloso della libertà umana come suggerisce il serpenteQuanto dico – e i preti né lo dicono né lo sanno- è dottrina approvata dall’ex Sant’Uffizio quando Ratzinger lo presiedeva”.
 

Per l’altro verso, con tale definizione attribuita al marxismo, si è ostacolato il dialogo serio tra cattolici e marxisti che – per dirla ancora con un punto di vista cattolico – è stato reso possibile solo o soprattutto quando “ci si è chiariti sulla critica di Marx alla religione, troppo in fretta e confusamente battezzata ateismo” – borghese? No, vero?” (Pirola)
 

Il fatto ora, però, è che in una fase caratterizzata non solo dalla crisi politica dell’esperienza comunista , ma anche – e soprattutto – dalla caduta dell’egemonia del comunismo come conseguenza dell’abbandono (quando non anche del tradimento) della concezione marxiana della realtà per un comunista e un marxista “italiano” serve od occorre ormai ricorrere a scritti “stranieri”, come quello di Boff, per poter parlare liberamente e immediatamente andando in “esilio”, appunto, dopo che il PDS-DS-PD e la CGIL ( ma senza escludere neanche la maggior parte dei sinistri” cosiddetti “radicali”) hanno passato il confine del rapporto tra democrazia e capitalismo, in totale subalternità alle idee-forza della “linea nera” dei potentati dell’impresa nazionale e internazionale a cui sembrano parallelamente appaiarsi la “linea nera” dei finanzieri e i banchieri vaticani di cui in questi giorni si parla con lo “scandalo” sollevato da inchieste televisive e pubblicazioni di lettere (quel che a noi non sfugge è il riserbo e il silenzio del Papa che ben sa quanto è stato pericoloso per un suo predecessore e lo sarebbe anche per lui, intromettersi “troppo” nella rete del capitalismo finanziario italiano e vaticano, in presenza di una CEI che si affida e confida ad un governo espressivo dei centri di potere oscuri del capitalismo finanziarioeuroamericano e che Papa Ratzingher stesso ha denunciato come “capitalismi finanziari anonimi” (cioè delle società anonime per azione, n.d.r), che ha messo al primo posto tra” i sei pericoli che minacciano il mondo”.
 

Del resto Papa Ratzinger: con “L’ultima enciclica (Spe Salvi, nd.r.) fa passi avanti ma a mio parere, segnati ancora da.. freni e titubanze. In altre parole: c’è una teologia della liberazione ( Gutierrez) da filtrare e proseguire”(…) Solo che “ora i marxisti sono spariti, non sanno che l’opera di Marx è Critica del capitale, del diritto e dello stato (borghese) non è teoria generale di… perché è filosofia della prassi che libera il mondo, ortoprassia, perché libera la filosofia dall’ideologia e quindi pensa il mondo concreto non con i piedi per aria ( come quell’uomo astratto quindi ideologico che abbiamo rilevato essere oggi quello di Vendola come di tanti, e che è l’opposto dell’uomo concreto di Marx), cambiando i cieli della astrazione e la testa dell’uomo sulla terra dove né cammina ne cambia nulla. E non sanno che il marxismo è la critica di un processo storico che aderisce e si rinnova seguendo i processi storici in corso. Niente l’eterno Marx, ha detto tutto una volta per sempre; ma appunto con Gramsci, con Bloch, ecc. (il capitalismo trasforma l’organizzazione sociale del lavoro, con la trasformazione scientifico-tecnica, che non riguarda solo la conoscenza della natura o delle risorse sfruttabili e dei mezzi e modi di produzione, ma la scienza dell’organizzazione della società, del diritto, dello Stato ecc. per conservarsi cambiando: bisogna che tutto cambi affinché nulla cambi ) che il papa tedesco (che pure ha fatto una svolta e passi in avanti con la Spe Salvi) non conosce ancora a sufficienza; perché anche se fa una revisione critica della passata posizione assunta dalla Chiesa nei confronti di Marx e del marxismo, se e fino a quando il processo storico reale di liberazione dell’uomo sulla terra è incompiuto non si può ridurre Marx a un ideologo della prima rivoluzione industriale, e bisognerà pensare alla globalizzazione economica (finché c’è spazio mondiale di sfruttamento c’è spazio di sopravvivenza del capitalismo ecc..). Ma dove sono ormai i marxisti meglio i marxiani, con cui ho lavorato una vita? Figure esemplari di uomini tanto onesti quanto poveri per sobrietà di vita…Sono diventati tutti.. cardinali.. Sedie e non idee proprie e critiche. Il programma di destra ve lo facciamo noi, i prodi di… Prodi. Che compagnia né di Gesù, né di Marx… Ma noi non molliamo, vero? Continua a tenere duro. Ciao e buon lavoro e buon Anno”.        Giuseppe Pirola s.j.
 

Per tale “esilio” e via di confronto con testi “stranieri” quali quelli della Teologia della liberazione, occorre avere coscienza che si riapre un discorso interrotto a metà degli anni 70, durante i quali sono avvenuti fatti sconvolgenti per gli interessi dominanti del capitalismo, che potevano essere messi in disparte e poi in un dimenticatoio “organizzato”, solo mediante il rovesciamento di posizione dei gruppi “dirigenti” del PCI e della CGIL – per stare alla sede italiana di una esperienza avanzatissima e inconfondibile con quella dei Paesi e regimi dell’Est Europa -, che sono ormai interlocutori petulanti della Confindustria e “alleati” dei c.d. “poteri forti” del capitalismo bancario e industriale con cui non hanno esistato ad allearsi con i governi Prodi ed oggi con il governo della Trilateral di Napolitano-Monti e dei banchieri Passera, Fornero, Profumo (già marito della On. Barbara Pollastrini segretaria della federazione del PDS di Milano)ecc.; del figlio di papà Martone e così via passando per tutti i ministri e sottosegretari.
 

Una “sinistra” petulante e servizievole interlocutrice della borghesia capitalistica, dotata dello spirito parossistico del “neofita” che ha fretta di recuperare il tempo perduto. Nel terrore oltretutto di non fare in tempo ad accreditarsi ancor di più presso quelli che nel nuovo “ventennio” non hanno esitato e non esitano a chiamare i “vincitori”.
 

La Teologia delle liberazione come esperienza rivoluzionaria e scelta della fede come impegno per la trasformazione della realtà, richiama le “pratiche plurimillenarie e proteiformi, concrete ed innegabili, su cui il materialismo storico ‘classico’ si è confrontato e rapportato solo di sfuggita e con un certo imbarazzo, mentre invece richiedono sia un processo accurato di analisi che un criterio generale d’interpretazione e di comprensione, in grado di spiegare perché – a determinate condizioni – la religione si sia potuta e si possa tuttora trasformare in positiva, liberatoria e sovversiva “anfetamina dei popoli. Anche Engels, nella sua notevole opera “La guerra dei contadini in Germania”, riconobbe che l’azione del religioso, credente cristiano e rivoluzionario Thomas Muntzer era ispirato da principi- guida che come minimo si avvicinavano al comunismo, ma purtroppo da tale fatto innegabile, indiscutibile e testardo non derivò le necessarie conseguenze teoriche” (Roberto Sidoli, Massimo Leoni, Daniele Burgio (idem)
 

Il che comporta riprendere un discorso interrotto a livello teorico e problemi di orientamento, di chiarezza e rinnovato rigore, ancora piu decisivi di quelli affrontati dai teorici del marxismo nelle fasi storiche successive al lancio del Manifesto del Partito comunista, poiché non era mai successo come ora, che si dovesse non solo affinare la teoria rispetto allo svolgersi della dialettica sociale, ma addirittura demistificare le posizioni di quanti – con il pretesto di bandire (come era per altro indispensabile) il marxismo “dogmatico” – hanno finito per nascondere dietro i cosiddetti “vari” marxisimi, la scelta di negare poi la validità stessa del marxismo. Come se, in definitiva, il marxismo non potesse coincidere altro che con quello dogmatico imposto dal “partito”, e da chi di volta in volta lo incarna.
 

Riprendere a discutere con Boff, allora, comporta anzitutto riconoscere che il marxismo era ed è vivo, perché esso costituisce un criterio idefettibile di analisi e di lotta per porre il proletariato europeo e i poveri di tutto il mondo, nella condizione di resistere e di contrattaccare contro il sistema di potere dello stato e delle imprese capitalistiche che inevitabilmente apre anche dentro le religioni e la Chiesa cattolica una rinnovata contraddizione tra quella che gli autori del libro di cui sopra hanno appunto definito “linea rossa” e linea nera” la quale ultima si riallaccia alla “linea nera” della “Teologia laica” dei chierici d’impresa e del laicismo borghese e capitalista.
 

Più che mai oggi che i processi di mondializzazione del capitalismo (che non significa affatto che allora è inattaccabile e irraggiungibile come pensa la “sinistra” sindacale e politica, perché la mondializzazione non avviene in cielo ma sempre su un territorio-sociale) rendono attuabile l’internazionalismo proletario, che in passato era una poco concreta aspirazione; in un mondo in cui la diffusione e la crescita delle povertà non ha quasi precedenti e per cui la “linea rossa” che percorre la storia della religione e del cristianesimo trova nuove possibilità di manifestazione in quanto la povertà è sempre conflittuale, come ben comprende la Teologia della liberazione e si può ben intendere anche per il suo tramite.



Una breve risposta al compagno Ruggeri.

Innanzitutto ringraziamo Angelo per la sua lucida elaborazione sul rapporto tra cristianesimo e marxismo, oltre che per gli apprezzamenti da lui rivolti al nostro libro.

Concordiamo in gran parte con le tesi esposte dal compagno Ruggeri, che tra l’altro hanno l’ulteriore pregio di far conoscere alcune interessanti riflessioni di Giuseppe Pirola e di Leonard Boff: con un’unica eccezione di rilievo, tuttavia, che riguarda proprio la figura e la chiara scelta di campo socioproduttiva compiuta da Joseph Ratzinger, l’attuale pontefice, assieme ai vertici del Vaticano.

Innanzitutto Benedetto XVI non si è certo fatto pregare per equiparare in diverse occasioni comunismo e nazismo considerati alla pari come i due grandi orrori del ventesimo secolo. Ancora il 24 settembre del 2011, Ratzinger ha paragonato infatti nazismo e comunismo a una “pioggia acida ancora da smaltire”, senza neanche accennare a qualche forma di differenziazione tra le (opposte, irreconciliabili) concezioni del mondo e pratiche politico-sociali espresse da un lato dalla dittatura aperta e reazionaria della borghesia, e dall’altro dalla frazione più avanzata dei lavoratori ed intellettuali del pianeta, impegnata invece ad eliminare sfruttamento di classe della borghesia e sfruttamento imperialistico da un pugno di nazioni sulla grande maggioranza dei popoli, fatto di miseria e disoccupazione, ecc.

Riguardo al processo di valutazione del modo di produzione capitalistico, giunto da più di un secolo alla sua fase imperialistica segnata dal dominio del capitale finanziario, in un suo discorso del 23 settembre 2007 papa Benedetto XVI ha sottolineato che la “logica del profitto “ (alias del capitalismo) e quella della “equa distribuzione dei beni” non sono “in contraddizione l’una con l’altra”, purché “il loro rapporto sia bene ordinato”. Al proposito, Ratzinger ha sottolineato che, per la dottrina sociale della Chiesa, “il profitto è naturalmente legittimo nella giusta misura, necessario allo sviluppo economico”.

“Il profitto” capitalistico, nella “giusta misura”, per Ratzinger risulta addirittura “naturalmente legittimo”, oltre che ovviamente “necessario allo sviluppo economico”: una chiara scelta di campo socio produttiva, ancora più plateale se collegata dialetticamente alla sua valutazione del comunismo, inteso come un orrore al (genocida e superimperialistico) fenomeno nazista.

Certo, nella “dottrina sociale” delle alte gerarchie vaticane si è sempre espressa, dal 1890 fino ad oggi, una moderata critica agli effetti sociali più devastanti del modo di produzione capitalistico, affermando simultaneamente la necessità di temperare la “logica del profitto” con la “logica della condivisione e della solidarietà” (sempre Ratzinger, il 23 settembre del 2007): ma, anche a livello teorico, senza mai intaccare il processo continuo di legittimazione (critico, ma indiscutibile ed evidente) delle strutture capitalistiche effettuato da parte della gerarchia ecclesiastica, a partire proprio dalla “legittimità” (per il Vaticano) del profitto e dalla dinamica di accumulazione capitalistica, seppur “bilanciata” attraverso il ricorso all’“etica cattolica.

Se poi si passa dalla sfera teorica a quella pratica, è proprio il compagno Ruggeri a sottolineare correttamente la presenza ingombrante ed egemonica della finanza vaticana (Opus dei, IOR, ecc.) nella chiesa cattolica, e cioè della “linea nera” rappresentata “dai finanzieri e banchieri vaticani, di cui in questi giorni si parla con lo scandalo sollevato da inchieste televisive e pubblicazioni di lettere” (Ruggeri).

Anche al compagno Ruggeri, serio e ben preparato, non sfugge certo (e citiamo le sue stesse parole) “il riserbo e il silenzio del papa, che ben sa quanto sia stato pericoloso per un suo predecessore, e lo sarebbe anche per lui, intromettersi “troppo” nella rete del capitalismo finanziario italiano e vaticano, in presenza di una CEI che si affida (e confida) ad un governo espressivo dei centri di potere oscuri del capitalismo finanziario euroamericano”.

Siamo pienamente d’accordo con Ruggeri sulla potenza e pericolosità della “rete del capitalismo finanziario italiano e vaticano”, ben conosciuta da sempre dal lucido Ratzinger.

Siamo pienamente d’accordo con Ruggeri sull’“allineamento” (affidamento) dei vescovi italiani con il governo Monti, “espressivo di centri di potere oscuri del capitalismo finanziario euroamericano”, e più in generale con la “linea nera” socioproduttiva (e politico-sociale) rappresentata dal capitalismo finanziario attuale, dal capitalismo monopolistico di stato contemporaneo a partire dalle sue “sezioni statunitensi ed europee”.

Ci differenzia dal compagno Ruggeri un solo elemento, ma assai rilevante: a nostro giudizio il riserbo e il silenzio del Papa non è certo frutto di una sorta di “timidezza” o di “paura” di Ratzinger rispetto alla “linea nera dei finanzieri e banchieri vaticani”, ma invece il risultato inevitabile di una comune e condivisa scelta di campo filo-collettivistica compiuta dall’attuale pontefice assieme, in accordo, in comunanza di idee con le alte gerarchie cattoliche ed i cosiddetti “banchieri di Dio” che operano nella chiesa cattolica ai tempi di Beniamino Nogara e del primo IOR fino ad arrivare ai nostri giorni.

Sussistono realmente serie tensioni e contraddizioni all’interno delle diverse frazioni in cui si divide attualmente l’alta gerarchia cattolica, ma certo il suo “affidarsi” saldamente e legarsi come casta e corpo aggiuntivo, con un certo grado di autonomia e criticità al capitalismo, a “Mammona” ed alla logica del profitto privato.

Sotto questo (decisivo) aspetto, Ratzinger non risulta certo diverso dai vescovi italiani che appoggiano il governo Monti e, più in generale, il processo di accumulazione capitalistico nelle sue linee fondamentali di sviluppo, anche se avanzando carsicamente la necessità di un suo “temperamento” solidaristico-cattolico.

In estrema sintesi, Ratzinger è parte integrante ed organica della “linea nera” all’interno della religione cattolica, distante anni-luce da figure come L. Boff e don Gallo, tra i tanti citabili: in caso contrario, non avrebbe certo mantenuto tanto “riserbo e silenzio” sui banchieri e finanzieri di Dio.

Un “riserbo” tra l’altro molto relativo visto che, in un suo articolo del 2002 sul reazionario Opus Dei, l’allora cardinale Joseph Ratzinger (“Lasciare operare Dio”), che dall’analisi delle “virtù” di quest’ultimo “ho capito meglio la fisionomia dell’Opus Dei, questo collegamento sorprendente tra un’assoluta fedeltà alla grande tradizione della Chiesa, alla sua fede, con disarmante semplicità, e l’apertura incondizionata a tutte le sfide di questo mondo, sia nell’ambito accademico, sia nell’ambito del lavoro, sia nell’ambito dell’economia, ecc. Chi ha questo legame con Dio, chi ha questo colloquio ininterrotto può osare rispondere a questa fede, e non ha più paura: perché chi sta nelle mani di Dio cade sempre nelle mani di Dio. E’ così che scompare la paura e nasce, invece, il coraggio di rispondere al mondo di oggi”.

Questo passo illuminante ci può aiutare a “capire meglio la fisionomia” e la visione generale di Ratzinger “sia nell’ambito del lavoro, sia nell’ambito dell’economia”, ad intendere cioè a quale sia la sua reale scelta di campo rispetto ai rapporti sociali di produzione e di potere del nostro tempo, come minimo assai simile a quella espressa dall’Opus Dei.

A risentirci presto, Angelo, ed un caldo saluto da parte nostra.

Roberto Sidoli
Massimo Leoni
Daniele Burgio