
di Marco Pondrelli
La scorsa settimana si è parlato molto di pace in Ucraina ma purtroppo la fine delle ostilità è ancora lontana. È un tema di cui si è discusso anche nella festa di Marx21 che si è tenuta a Bologna, a cui hanno partecipato autorevoli relatori. Il vertice svizzero è stato il primo caso nella storia in cui uno dei due contendenti non è stato invitato ad un vertice che avrebbe voluto porre fine alla guerra. Questo appuntamento doveva essere la solita passeggia di Zelensky a favore di fotografi, purtroppo a differenza di quello che è successo in Italia la bava dei giornalisti non è riuscita ad addolcire la realtà.
Molti Paesi non hanno partecipato al vertice, in primis la Cina, altri si sono rifiutati di sottoscrivere la dichiarazione finale, gli stessi Stati Uniti non hanno partecipato con una delegazione di alto livello. Il Presidente Biden non era presente, oltre che a sé stesso, all’appuntamento e ha mandato la vice Presidente, forse l’unica persona più detestata di lui in Patria. A parte questi limiti la richieste che arrivano dai paesi firmatari, nei fatti poco più che i paesi Nato, sono le solite richieste irrealistiche, ritiro della Russia che si dovrebbe fare carico della ricostruzione. Stoltenberg è pronto ad essere sostituito alla guida della Nato da Rutte (probabilmente vengono scelti per il nome), un politico trombato che si ricicla giocando alla guerra, la fotografia della pochezza del gruppo dirigente occidentale sta tutto qui. Stoltenberg a suo tempo dichiarò che la richiesta di Putin, che se accolta avrebbe evitato l’avvio dell’operazione militare speciale, era la garanzia che l’Ucraina non sarebbe entrata nella Nato, è proprio su questo punto gli Stati Uniti (i veri padroni dell’alleanza) non vogliono cedere. Gli USA non vogliono aprire un confronto sul tema della sicurezza in Europa. Questo è coerente con il loro obiettivo strategico, colpire la Russia e bloccare i rapporti fra quest’ultima e l’Europa. La divisione fra Europa e Russia non solo persegue un obiettivo geopolitico di rilevanza strategica per Washington ma consente anche di colpire il sistema produttivo europeo, favorendo quello statunitense. Sono sempre più le imprese che non riescono a reggere la concorrenza d’oltre Atlantico, dove l’energia ha un prezzo più basso, e sono sempre di più la imprese che, anche in virtù del sostegno economico statunitense (non cinese), vanno a produrre in America.
Se il disegno strategico degli USA è chiaro e coerente, è difficile capire perché dall’Europa non si levano voci contrarie, anzi la politica fa a gara per chi maggiormente può compiacere il padrone d’oltreoceano. Non serve un grande sforzo di fantasia per capire che in Francia Marine Le Pen ha avviato un avvicinamento al potere che ricorda quello di Giorgia Meloni. Non si disturbano i nostri padroni, la politica estera non è nelle disponibilità dei governi nazionali.
Se avessimo leader diversi questi avrebbero dato un giudizio differente sulla proposta di pace di Putin. Il Presidente russo non ha solo offuscato la conferenza svizzera di Bürgenstock ma ha anche ribadito l’obiettivo strategico russo sulla non adesione di Kiev alla Nato. Come scritto nell’articolo di David Narmanya l’Occidente deve scegliere fra il brutto e il catastrofico. La proposta di Putin ha subito raccolto insulti dall’Occidente collettivo ma proviamo ad analizzare lucidamente quanto sta accadendo. Nel 2015 vennero firmati i cosiddetti accordi di Minsk 2, questi accordi garantivano l’integrità territoriale ucraina (al netto della Crimea che non era oggetto di discussione), Kiev si era impegnata a garantire una maggiore autonomia alle Repubbliche russofone trasformandosi in uno Stato federale (scelta che se fosse stata fatta nel 1991 avrebbe risparmiato molti problemi). Questa scelta avrebbe garantito non solo la sicurezza delle popolazioni russofone ma anche che, senza il loro consenso, l’Ucraina non sarebbe entrata nella Nato. Successivamente Porošenko, Merkel e Hollande hanno dichiarato pubblicamente che quegli accordi erano stati firmati per dare all’Ucraina il tempo di riorganizzare il proprio esercito, per poi riprendersi manu militari i territori contestati.
Dopo l’avvio dell’operazione militare speciale era stato trovato un accordo negli incontri di Istanbul, questo accordo fu fatto saltare dal Ragno Unito e dagli Stati Uniti. Anche in questo caso l’Ucraina accettava di non entrare nella Nato. Per quanto possa sembrare brutta all’Occidente la proposta russa non contempla l’acquisizione di Kharkiv e di Odessa, in particolare quest’ultima città garantirebbe all’Ucraina uno sbocco sul mare. Come si vede da questa piccola sintesi la rigidità dell’Occidente sta portando la Russia ad avanzare sul terreno e, di conseguenza, ad aumentare il prezzo che gli USA faranno pagare all’Ucraina. Il rischio per Kiev è che fra un anno le condizioni per una pace siano ancora peggiori, Zelensky ha un problema di armi ma soprattutto di soldati, a questo punto l’Europa dovrebbe capire che l’alternativa alla pace e inviare propri militari e prepararsi per lo scontro con la Russia. L’ingresso dell’Ucraina nella Nato vale tutto ciò? I nostri impavidi guerrieri da salotto sono pronti a mandare i loro figli a combattere a Kiev? Quando Nixon vinse le elezioni nel 1968 rispetto alla guerra in Vietnam parlava di ‘pace con onore’, fu uno slogan che gli garantì la vittoria ma dietro al quale non c’era nulla, 4 anni dopo si siglò un accordo che avrebbe potuto essere firmato nel ’68, intanto un Paese era stato distrutto dalle armi statunitensi che avevano ingrassato i soliti noti. Forse sarebbe il caso di imparare dalla storia.
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