di Marina Alfier, Comunisti Italiani Venezia
In un clima arroventato dalla debolezza dell’euro, dallo spread, dalle follie dei mercati, tornano a galla gli oscurantismi e le voglie forcaiole di vecchi e nuovi guru del movimento per la vita, annidati anche in organizzazioni politiche che si definiscono progressiste, con l’obiettivo di mettere in discussione la legge 194/78 sull’interruzione volontaria di gravidanza e con essa l’autodeterminazione delle donne e del loro corpo.
La 194, voluta con impegno e fermezza, dalla grandissima maggioranza delle donne italiane, comprese quelle cattoliche, ha ormai superato i trent’anni di età e ha dato lodevoli risultati nella lotta all’aborto clandestino, pressoché eliminato, nonché strumenti validi di prevenzione delle gravidanze non desiderate.
Perché non si vuole prenderne atto? Perché a scadenze fisse, si torna sull’argomento con la velleità di ricondurre indietro, con lo sguardo ad un passato che suscita le nostalgie del clero e di quel ceto medico tanto attivo nella pratica dell’aborto clandestino?
Credo che non sia casuale che, proprio in questo nostro tempo, in cui le massime espressioni del capitale finanziario e politico si prendono il lusso, tanto sognato, di cancellare diritti e conquiste dei ceti popolari, nel lavoro, nella scuola, nella sanità, determinando la vita e il futuro delle persone, siano proprio le donne l’anello debole della catena; soggetti come simboli esposti a qualsiasi vessazione, sui propri corpi, sulle proprie menti; sulla propria vita sempre più in mani altrui, privata di quell’indipendenza economica che segnò, allora, l’inizio della liberazione. Le donne, oggi come ieri, sono chiamate a resistenze indicibili per difendere ciò che hanno faticosamente conquistato.
In Veneto il fanatismo è andato ben oltre ai noti slogans contro la 194, presentando una proposta di legge per “regolamentare le iniziative mirate all’informazione sulle possibili alternative all’aborto”; di fatto un attacco sfrenato alla legge esistente.
Il consiglio regionale veneto l’ha respinta dalla porta per farne rientrare una parte significativa dalla finestra; il testo approvato, peraltro con l’apporto del Partito Democratico, prevede “pari opportunità di comunicazione a tutte le associazioni di volontariato iscritte all’albo regionale o riconosciute a livello nazionale per la diffusione e divulgazione dell’informazione sui diritti dei cittadini con riferimento alle questioni etiche e della vita….”
Questo significa che i consultori, gli ambulatori e le strutture socio sanitarie pubbliche, i reparti di ginecologia, saranno presidiati giorno e notte da fanatici che sventoleranno feti in formaldeide. E’ un fim già visto!
Come se le donne avessero bisogno anche di questa ennesima umiliazione! Come se gli operatori sanitari, che in questi anni hanno dovuto fare i conti con i piedi puntati degli obiettori di coscienza, avessero bisogno di ulteriori affronti! Come se, per le donne che ricorrono all’aborto, fosse una passeggiata: cosa ne sanno questi ciarlatani della politica del magone sullo stomaco che ti porti dentro tutta la vita?
Eppure questo revanscismo antiabortista non è fine a se stesso: in questo squarcio di mondo occupato stabilmente da un neoliberismo arrogante e selvaggio c’è una insana e aberrante spinta all’indietro, al revisionismo a prescindere, allo ristabilire condizioni di dominio sulle masse, al prevaricare del privato sul pubblico; perfino alla soppressione di un minimo dignitoso stato sociale, innescando domanda alla quale viene fornita risposta solo se genera profitto.
Chiediamoci dunque chi favorisce l’attacco alla 194 se non coloro che tornerebbero a praticare aborti clandestini, medici e mammane di triste memoria.
Ma chiediamoci anche dove sono finite le donne che dovrebbero arginare questo attacco? Dove sta il movimento SE NON ORA QUANDO che è stato in grado di reagire alla volgarità non più tardi di un anno fa?So bene che la resistenza necessaria talvolta viene a mancare ma ora, come allora e più di allora, è necessario reagire con fermezza, in tutti gli ambiti dove noi donne ci troviamo.
Proviamo a ricostruire quel filo sottile della memoria che collega le vecchie e le nuove generazioni per riprendere la lotta e dare un senso alla nostra esistenza.
Marina Alfier – Comunisti Italiani VENEZIA