di Marica Guazzora, segreteria regionale PdCI Piemonte
Quante volte ci siamo dette che l’ultima parola sul corpo delle donne spetta a noi? Quante? Quanti cortei abbiamo fatto per stabilire questa semplice verità?. Eppure siamo ancora qui, come ogni 8 marzo a rimuginare se è una data-simbolo da commemorare, da festeggiare, da cancellare, da dimenticare? Le donne muoiono tra l’indifferenza generale, ogni tanto ci si sveglia da una specie di letargo e si lanciano petizioni, si raccolgono firme, mentre le donne continuano a morire per mano dei loro uomini, ex, uomini che si vogliono cancellare dalla propria vita ma che non si può, perché ti considerano di proprietà come i pantaloni che indossano. E assistiamo agli attacchi della chiesa alla legge 194, un vero e proprio assalto frontale perché a parole quasi tutti dicono di non volerla cancellare ma nei fatti viene quotidianamente messa in discussione con proposte medioevali e inquisitorie e dagli obiettori di coscienza che di fatto ne impediscono l’attuazione.
Si vive, si muore, sempre in secondo piano, tutto scorre nel tran-tran del quotidiano, e le donne disturbano con le loro pretese di diritti e di libertà, disturbano il governo e anche il non governo. Disturbano sempre, quando chiedono rispetto per il proprio corpo, ma anche quando chiedono servizi che non ci sono, quando pretendono che la Costituzione sia rispettata e quando vogliono lavoro e pace. E mentre si discute come si darà e se si darà un governo al paese, a chi interessa sapere che è di nuovo l’8 marzo? Solo a noi, a noi che siamo ancora in marcia in lunghe file per le strade del mondo a reclamare la nostra dignità, sempre, a reclamare uno stato che investa su di una procreazione consapevole, più consultori, più strutture e meno preghiere per i mai nati, a chiedere, a lottare per il lavoro, per la scuola, per i figli, per la democrazia di genere. E’ di nuovo l’8 marzo, e neanche questa volta vi diciamo “scusate il disturbo”.