da Aporrea – www.aporrea.org
Traduzione dallo spagnolo per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
Lucía Frank – miltante guerrigliera delle FARC-EP
Nel giorno contro la violenza sulla donna, cinicamente il perverso Juan Manuel Santos ci dice che: “chi aggredisce una donna aggredisce tutti, aggredisce il diritto di prosperare, chi aggredisce una donna semina odio e dolore nella società” e riferendosi all’orribile e degradante crimine commesso contro l’umile venditrice ambulante Rosa Elvira Cely dice in modo triviale “non abbassiamo la guardia”, mentre il rinnegato Angelino Garzón lo bolla come “selvaggio”.
Il fatto è, che Rosa Elvira è solo un’altra vittima del degrado sociale, del terrore, della brutalità e della violenza di Stato contro le donne e gli uomini, che hanno seminato odio, dolore ed ingiustizie nella patria colombiana, con oltre 5 decenni di guerra imposta dall’oligarchia dei Santos, Uribe, Pastrana, Turbay, Gómez Hurtado, León Valencia, Lleras, Gaviria, Santo Domingo, Ardila Lule, Sarmiento Angulo ed altrettante famiglie e caste che hanno usurpato e monopolizzato il potere economico, politico, sociale, culturale e militare per decenni.
La violenza contro le donne è un elemento centrale della disuguaglianza e della discriminazione tra uomini e donne. In un mondo dove 6 donne su 10 hanno ricevuto una qualche forma di aggressione personale, sessuale e psicologica e dove sono emarginate a migliaia le donne che lottano per il diritto alla vita, per l’uguaglianza di genere, per la legalizzazione dell’aborto in quanto diritto, affermando ogni rivendicazione per la liberazione e l’emancipazione totale della donna.
In realtà le donne non hanno bisogno di un giorno contro la violenza, ma di tutta una vita senza violenza, senza oppressione, senza ingiustizie, senza privazioni, senza stupri, senza violenza familiare, senza discriminazioni e umiliazioni.
E nonostante le denunce e gli sforzi realizzati da un’infinità di organizzazioni femminili o di diritti umani, nonostante ciò, milioni di donne nel mondo continuano a essere oggetto di violenza. E’ ovvio che abbiamo bisogno di una società con una coscienza generale sull’urgenza delle tante ingiustizie sociali e personali che subiscono le donne. Solo uno sforzo collettivo potrà realizzarla. In una società capitalista, vorace, maschilista e individualista noi donne siamo esposte al doppio sfruttamento, per la doppia e la tripla giornata, alle dipendenze economiche del marito, alla discriminazione di genere, all’oppressione. Sul piano professionale tutto ciò si concretizza per esempio, nella negazione del permesso regolamentare alla maternità o nel confinamento in posizioni marginali, con bassi salari. In queste condizioni il lavoro professionale rimane sempre subordinato alla funzione materna, senza parlare del lavoro a domicilio che è ancora più caratteristico di quella dipendenza, assicurando il supersfruttamento di una manodopera diffusa, senza diritti sindacali compresi i diritti sociali, nel caso del lavoro.
Convinte del diritto di esistere, in Colombia le donne si mobilitano e si organizzano attorno alle rivendicazioni generali e particolari di un paese dove, da oltre cinque decenni, imperversa un conflitto sociale armato e dove viene assassinata una donna ogni tre giorni. Un paese che occupa il poco onorevole terzo posto al mondo, e il secondo nel continente, per iniquità. Un paese con un’oligarchia economicamente dipendente dal colonialismo che privilegia e porta avanti la politica neoliberale privatizzatrice delle multinazionali per sottomettere lavoratori e lavoratrici a licenziamenti in massa, disuguaglianza di opportunità, discriminazione lavorativa e salariale, con una disuguale distribuzione del potere e del tempo tra donne ed uomini, riduzione di salari, di prestazioni sociali e l’aumento della disoccupazione. Sono di nuovo le donne a portare il peso maggiore della disoccupazione con un tasso del 12% contro il 10% degli uomini.
Nel paese l’abuso sessuale contro le donne ha superato i 721.246 casi negli ultimi 3 anni e, in base agli ultimi dati della medicina legale, nell’anno 2010 sono state assassinate 144.000 donne per ragioni di genere, il 26% all’interno delle mura domestiche, anche se secondo le organizzazioni patrocinatrici dei diritti delle donne, la cifra reale è maggiore, in dipartimenti come Antioquia dove giornalmente sono abusate sessualmente 16 donne. Le ricerche effettuate sul tema, rivelano che la violenza colpisce la vita di tutte le donne senza distinzione di classe sociale, età o livello educativo. E che benchè le sue espressioni varino in accordo ai contesti culturali in cui si esercita, la sua pratica è universale e il suo impatto, benché devastante per tutte le vittime, viene esasperato in situazioni di povertà ed esclusione, nei settori più vulnerabili della popolazione come gli indigeni, desplazados, bambine, adolescenti, ecc.
E’ indispensabile, oltre che creare una coscienza collettiva, che le donne stesse prendano coscienza del grave problema che ci affligge e di fronte all’invisibilità di cui siamo oggetto ci si mobiliti, esprimendo il nostro pensiero, rompendo i cliché o gli stereotipi della femminilità tradizionale, spezzando quelle frontiere e godendo così nuove e diverse identità, scuotendo le fondamenta stesse dell’oscurantismo nel quale siamo state immerse, inventandoci e reinventandoci per lottare per una nuova patria con opportunità per tutte e tutti, respingendo e combattendo con vigore il capitalismo e l’oligarchia, unendoci ed erigendo quella forza creativa contro la guerra ed i guerrafondai, per la conservazione del pianeta, per una pace effettiva con giustizia sociale, per l’uguaglianza di genere, per la nuova Colombia, la patria grande e il socialismo.
E giustamente in mezzo al conflitto colombiano fiorisce un nuovo collettivo sociale, le FARC, esercito del popolo dove noi donne abbiamo guadagnato un significativo spazio nella vasta lotta per l’uguaglianza di genere, lottando e combattendo a parità di condizioni con gli uomini, ottenendo il diritto all’aborto, ad essere riconosciute e ovviamente a non essere violentate, né picchiate, né discriminate, né bruciate con acido, né assassinate, né oppresse. E di fatto, questo nuovo ambiente, è un anticipo significativo della definitiva uguaglianza e indipendenza.
Evviva la memoria delle eroine che lottarono nelle gesta libertarie di Simón Bolívar!
Evviva la memoria dei combattenti e delle donne colombiane che lottano nelle gesta di Manuel!
Non vogliamo un giorno senza violenza, aneliamo a tutta una vita senza violenza!