Viareggio, 15 giugno 2012 – La cantieristica da diporto in Toscana – REPORT

di Barbara Mangiapane, Resp. org. e tesseramento Partito dei Comunisti Italiani Lucca e Versilia

viareggio 150612 1Venerdì 15 giugno a Viareggio la Federazione della Sinistra, Sinistra Ecologia e Libertà e L’Italia dei Valori di Viareggio hanno promosso un’assemblea pubblica per affrontare il tema della nautica da diporto in Toscana, tema che tocca profondamente la città per le drammatiche ripercussioni nel proprio tessuto economico e sociale. L’iniziativa ha rappresentato un serio momento di approfondimento e riflessione sulle occasioni che si sono presentate nel corso degli ultimi anni e sulle opportunità di rilancio di uno degli ultimi distretti industriali della Toscana.

L’assemblea ha visto gli interventi di esponenti locali, regionali e nazionali delle tre forze politiche: oltre a Roberto Rossetti, segretario comunale del circolo di Rifondazione Comunista, Fabiano Frosini, segretario comunale del Partito dei Comunisti Italiani, Paolo Puccinelli, responsabile provinciale lavoro di SEL, e Daniele Cammilli, responsabile comunale lavoro per l’Italia dei Valori, sono intervenuti Roberto Rizzo, responsabile regionale lavoro e welfare Italia dei Valori, Paolo Marini, presidente della commissione regionale per l’emergenza occupazionale, e Alessandro Favilli, responsabile nazionale politiche industriali di Rifondazione Comunista.

Le conclusioni sono state affidate a Fosco Giannini della segreteria nazionale del Partito dei Comunisti Italiani.

Dopo un’analisi della crisi che sta colpendo il settore e una dura critica alla ventennale mancanza di una politica industriale nel nostro Paese ed alla manifesta incompetenza dell’attuale governo nel disegnare un’azione volta ad aprire nuovi mercati internazionali per le imbarcazioni made in Italy, Rizzo, Marini e Favilli hanno tracciato gli assi lungo i quali la Regione Toscana dovrebbe intervenire anche attraverso l’assunzione di responsabilità non proprie e la definizione di una politica regionale per la cantieristica: 

– un’inversione di rotta rispetto alla frammentazione della capacità produttiva della filiera nautica, la necessaria regolamentazione del ricorso ad appalti e subappalti e la riduzione delle innumerevoli tipologie contrattuali che interessano i lavoratori del settore, e che hanno avuto come esito l’abbassamento dei livelli di qualità professionale e dei “mestieri” della nautica, oltre che una forte precarizzazione e un drammatico calo dei livelli di sicurezza dei lavoratori;

– la razionalizzazione del numero degli scali nautici da diporto in Toscana e il rispetto delle vocazioni territoriali con la conseguente necessità di valorizzare la bicentenaria esperienza viareggina e di finalizzare gli investimenti infrastrutturali regionali anche operando scelte “scomode” fra i territori;

– l’investimento in formazione professionale e ricerca tecnologica e la messa in rete delle competenze degli Istituti Nautici regionali;

– la definitiva risoluzione del problema dell’insabbiamento del porto di Viareggio, che impedisce reali investimenti sia per l’espansione del refitting sia per l’acquisizione di nuove commesse.

Molto si è speculato sulla cantieristica da diporto, in particolare negli anni del disequilibrato incremento della capacità produttiva dei cantieri: è evidente che la classe imprenditoriale locale ha dimostrato tutta l’inadeguatezza propria del capitalismo straccione italiano, rendendo non più delegabile e sostituibile un forte intervento pubblico locale e regionale.

In questo quadro, si inseriscono le proposte che Roberto Rossetti, Fabiano Frosini, Paolo Puccinelli e Daniele Cammilli hanno avanzato nel corso della serata. Dopo l’istituzione dell’Autorità Portuale Regionale, il Comune di Viareggio dovrà:

– interagire all’interno della stessa per monitorare le situazioni di crisi e per far valere gli accordi del 2002 con la Polo Nautico, con particolare attenzione alla previsione di salari uguali per i dipendenti di tutte le aziende che operano nell’area, dei dispositivi per la sicurezza dei lavoratori e del limite numerico del rapporto dipendenti diretti/dipendenti in appalto, rimarcando inoltre il principio della concessione unica e il No al frazionamento delle stesse;

– favorire un processo consortile tra le aziende della cantieristica;

– rivitalizzare la società Viareggio Porto ripartendo dal piano industriale sul quale si era basata la vendita parziale delle azioni;

– attuare il Piano Regolatore Generale del Porto;

– creare un Polo Tecnologico e un Centro servizi per la nautica e puntare allo sviluppo della tecnologia e della qualità e bloccare la concessione di altre aree nelle quali si svolgono lavorazioni di bassa qualità incapaci di competere con altre aree del mondo; a tale fine è necessario che il Comune sia in grado di intercettare risorse economiche provenienti da altri enti.

Nelle sue conclusioni, Fosco Giannini sottolinea la rilevanza politica della riunione delle tre forze promotrici del dibattito, nell’attuale contesto di avanzamento culturale, sociale ed economico neoliberista. Si tratta di portare avanti un’iniziativa politica difficile ed audace a partire da questa “bozza” di unità ed elaborare una piattaforma complessiva da “popolarizzare” nell’incontro con i cittadini e i lavoratori, una piattaforma di proposte estremamente concrete ed incisive, che rifugga velleitarismi e massimalismi. 

La situazione dei cantieri di Viareggio è simile alle vicende che hanno interessato e continuano ad interessare i cantieri navali di Ancona ed altri importanti cantieri navali italiani: un inaccettabile sfruttamento di classe, spesso celato dal razzismo oltre che generatore esso stesso di pulsioni razziste, la polverizzazione della filiera produttiva, l’assenza di un intervento pubblico che possa favorire processi consortili e l’apertura di nuovi mercati anche verso le borghesie in ascesa. 

Non si riaprono nuovi mercati stringendo il collo dei lavoratori: mentre da un lato si svela sempre più il disegno politico ed economico del capitale, dall’altro un’acritica abitudine alle cose, un’assuefazione culturale e sociale, rende impensabile un’alternativa al liberismo persino da parte delle masse popolari e dei lavoratori. 

Tre sono i caratteri salienti dell’attuale fase storica:

1. la competizione globale, che porta con sé un forte segno di sofferenza nelle vite reali, una competizione sfrenata spinta dalla necessità di conquista di nuovi mercati e il cui unico strumento sembra essere l’abbattimento del costo delle merci sulla pelle del lavoro, dei diritti e dello stato sociale;

2. un’Unione Europea costruita ad uso e consumo del grande capitale europeo, che è riuscito ad unirsi in tutto il continente con il solo obbiettivo di frenare la caduta tendenziale del saggio di profitto attraverso lo sfruttamento dei lavoratori e la compressione dei loro diritti; 

3. la natura becera e stracciona del capitale italiano, quello che ormai viene definito nanocapitalismo, un capitalismo che rinuncia a tutto, alla scienza, ai saperi, alla formazione e alla ricerca, per ritirarsi nel proprio guscio palazzinaro, miope ed ignorante.

In questo contesto s’inserisce l’attacco senza precedenti allo Statuto dei Lavoratori, una grande opera di diritto nella quale possiamo leggere lo spirito alto della Costituzione repubblicana. 

La riflessione si conclude con un breve cenno alla nostra travagliata storia repubblicana, che può essere distinta in 3 fasi:

1. il lungo ordine democristiano, una sorta di socialdemocrazia non dichiarata, frutto del contesto internazionale, di una Democrazia Cristiana sicuramente non liberista, di un Partito Comunista all’opposizione ma fortemente radicato nel territorio e nei luoghi di lavoro e protagonista insieme alla CGIL di Di Vittorio di battaglie dure per la conquista dei diritti dei lavoratori e dello stato sociale;

2. il ventennio berlusconiano, con la sottile e quasi impercettibile penetrazione della cultura dell’individualismo e dell’apparenza e il tentativo fallito di instaurare un ordine neoliberista;

3. la fase che ha appena avuto inizio con il Governo Monti e che in pochi mesi è riuscito laddove altri avevano fallito, vale a dire a porre le basi per un ordine nuovo, un sistema economico e sociale strutturato e organico, dalla netta natura antioperaia e antidemocratica.

In quest’ultima fase stiamo assistendo in tutti i Paesi europei ad una serie di colpi di stato oggettivi, un lento ed inesorabile esautoramento dei parlamenti nazionali da parte degli organismi di governo finanziario, quali la BCE e il FMI, una fase che non possiamo non definire golpista, e nella quale il ruolo e la funzione dei comunisti deve essere quello di favorire l’unità delle forze di sinistra e democratiche e di lottare per sottrarre il Partito Democratico all’egemonia culturale liberista, impedendo così il nascere del nuovo ordine.

Barbara Mangiapane
Responsabile organizzazione e tesseramento Partito dei Comunisti Italiani Lucca e Versilia.

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