Veneto: il declino e il degrado

di Giorgio Langella per Marx21.it

mano penna moduloSul fronte della disoccupazione i dati ISTAT, riferiti a fine 2012, mostrano una situazione che diventa sempre più difficile, insostenibile.

(il declino)

I dati della tabella sotto riportata evidenziano la crescita del declino che stiamo vivendo in tutte le province della nostra regione.

Tra il 2011 e il 2012, in Veneto, ci sono 37.945 disoccupati in più (pari a un incremento del 33,9%). Rispetto al 2008 l’aumento è di 69.903 unità (+87,4%). Tra il 2011 e il 2012, a livello provinciale, i disoccupati aumentano a Belluno di 1.589 unità (+35,64%), a Padova di 5.865 unità (+25,92%), a Rovigo di 4.424 unità (+70.73%), a Treviso di 3.990 unità (+19,40%), a Venezia di 13.885 unità (+68,39%), a Vicenza di 8.630 unità (+46,31%); diminuiscono a Verona di 438 unità (-2,29%). Rispetto al 2008, nel 2012, la disoccupazione aumenta in tutte le province venete.

I valori assoluti e quelli percentuali evidenziano un drammatico calo dell’occupazione, segno di un sistema produttivo fallimentare che non ha saputo (e, spesso, voluto) resistere alla crisi. A Belluno i disoccupati in più sono 3.720 (+159,79%), a Padova 13.343 (+88,10%), a Rovigo 6.671 (166,44%), a Treviso 10.440 (+73,96%), a Venezia 20.956 (+158,36%), a Verona 2.679 (+16,77%), a Vicenza 12,931 (+90,21%).

Anche se i dati sulla disoccupazione mensile del 2013 (regionali e provinciali) non sono ancora disponibili la sensazione è che non ci sia alcuna inversione di tendenza. Anzi. La disoccupazione a livello nazionale in gennaio 2013 è cresciuta toccando un preoccupante 11,7% (+0,4% rispetto al dato di dicembre 2012). I dati aggiornati a fine febbraio (fonte Veneto Lavoro, gli unici ad oggi disponibili sulla situazione del lavoro in regione e provincia) evidenziano che, in Veneto, le domande di mobilità in deroga sono state 13.197 nel 2012 rispetto alle 8.003 del 2011 (con un aumento percentuale del 64,9).

Una situazione a dir poco allarmante, confermata dalle continue notizie di chiusura di fabbriche, delocalizzazioni, riduzione di personale, licenziamenti, ricorso alla cassa integrazione. È il declino di una nazione intera. Un declino dovuto sicuramente a politici (anzi, sedicenti tali) interessati unicamente a fare affari e distribuire benefici ai propri “gruppi di riferimento”. Politici corrotti e mediocri, certo, ma non bisogna sottovalutare la responsabilità di una classe imprenditoriale miope e incapace che ha preteso di aumentare i propri profitti personali distruggendo un tessuto industriale e produttivo importante. Il trasferimento di investimenti dalla produzione alla finanza, l’evidente fallimento del sistema delle sciagurate politiche di privatizzazione e il disinteresse dello Stato rispetto alle strategie industriali del paese hanno contribuito al declino che stiamo subendo. Lo Stato, invece di colpire le sacche di parassitismo e di corruzione presenti al suo interno, ha favorito speculazioni di qualsiasi tipo e ha regalato a privati senza scrupoli il patrimonio pubblico (industriale, finanziario, infrastrutturale …). Il risultato è quello di aver ridotto il paese a una ininfluenza produttiva e industriale che lascia poche prospettive. La latitanza dello Stato e il suo “lasciar fare” al privato ha portato alla dismissione di interi comparti produttivi, alla chiusura di stabilimenti, alle delocalizzazioni, alla totale mancanza di strategia e piani di sviluppo industriali organici. L’assenza di regole e di controlli, unitamente all’aumento spaventoso di una burocrazia inutile hanno fatto il resto. Quello che dovremmo chiederci è se sia giusto e, soprattutto, utile continuare su questo binario o se la presenza del pubblico debba essere rivisto e ricondotto al suo ruolo costituzionale di produttore e controllore dello sviluppo economico e industriale del nostro paese. Bisognerebbe fare qualcosa e invece …

(il degrado)

… c’è chi tenta a tutti i costi di evitare processi a proprio carico, chi è incapace di fare politica se non a slogan, chi cavalca la (giusta) rabbia urlando e propone poco o nulla. E poi ci sono gli arroganti, quelli che considerano i magistrati peggiori dei mafiosi, gli ignoranti che si vantano della propria ignoranza, quelli che vorrebbero comandare ma solo per propria vanità, i corrotti e i corruttori che continuano a godere di impunità incomprensibili.

In questo macabro balletto intorno alle spoglie di un paese in agonia si vedono politicanti vecchi e nuovi interessati solo ad avere qualche voto in più.

E si può notare Renzi, il “giovane” rampante sindaco di Firenze, che annuncia la sua partecipazione, nelle televisioni di Berlusconi, alla prima puntata della nuova serie di “Amici”. L’importante è “apparire”.

E si possono ascoltare le dichiarazioni di Grillo che assicura che il costo del lavoro del nostro paese è il più alto d’Europa. L’importante è dire qualcosa di eclatante (anzi urlarla). Non importa se l’informazione che si dà è falsa, dal momento che il costo del lavoro orario in Italia è di 27,20 euro, inferiore a quello della Svezia (41,90 euro), del Belgio (40,40 euro), della Danimarca (39,50 euro), della Francia (34,90 euro), del Lussemburgo (34,40 euro), dell’Olanda (31,30 euro), della Finlandia (31,10 euro), della Germania (31 euro), dell’Austria (30,50 euro) e dell’Irlanda (27,40 euro). Non importa, nel dibattito politico attuale, la verità è “fattore di disturbo”.

Apparizioni nelle reti televisive, divismo sfrenato, parole urlate in libertà, slogan, notizie inventate, proposte strabilianti, promesse … nulla viene spiegato, niente viene supportato da numeri certi o da informazioni attendibili. Sembra si voglia competere a chi la spara più grossa o a chi sa resistere più a lungo nella propria torre d’avorio.

Intanto il lavoro è sempre meno e sempre più precario. I lavoratori sono sempre più ricattati, costretti ad accettare qualsiasi condizione di lavoro pur di portare a casa un salario sempre più misero. I diritti vengono calpestati da chi si sente più forte. Il territorio è sempre più divorato dalla speculazione e dalla mancanza totale di manutenzione. I cittadini sono sempre più poveri e rassegnati. La corruzione e l’evasione fiscale trionfano … tutto continua come prima, magari con volti nuovi e “più giovani” che promettono di guidare un cambiamento che è troppo gattopardesco per essere reale.

Perché, tra quelli che sono oggi in parlamento, nessuno vuole veramente cambiare quel sistema liberista e quel modello di sviluppo capitalista che si sono rivelati spaventosi, inadeguati e assolutamente fallimentari.

Aiuto!

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