Un’ordinaria storia di donne e lavoro

di Valerio Beccegato | da www.comunisti-italiani.it

operaia fabbricaIn questi giorni 70 lavoratrici della zona del Piovese, precisamente nel comune di Lagnaro (PD ), stanno tentando di difendere con tutti i mezzi possibili il proprio posto di lavoro. 

Alla ICB Srl di Legnaro, le lavoratrici (solo quattro uomini) che producono “spallati di qualità” (cioè giacche e cappotti di pregio) hanno deciso di occupare la fabbrica dopo il mancato pagamento del mese precedente e degli straordinari.

Queste donne lavoratrici e madri vengono già dalla terribile storia della precedente gestione della fabbrica: IL SARTO DI PADOVA  (allora erano in 130), ditta fallita e dalla quale sono ancora in credito di  7 mesi lavoro e di tutta la liquidazione.

Alcuni anni più addietro erano state tutte licenziate dalla FORMAN, aziende del gruppo FORALL / PAL ZILERI: ditta che produceva per grandi firme (ZEGNA, ARMANI, BILGLIOLI, ECC. ). 

In quella circostanza, non vi era stata un’operazione di delocalizzazione (nemmeno adesso vi è delocalizzazione), ma ristrutturazione aziendale per pura convenienza economica (gli esseri umani diventano numeri!). 

Una storia, quella di questa fabbrica e di queste lavoratrici che è emblematica del declino economico ed industriale del Veneto e del mitico nordest. Produzione di qualità, che non ha problemi di mercato, solo brutale macelleria occupazionale: perché i meccanismi di legge che regolano i rapporti tra azienda madre e partecipate e/o committente sono un colabrodo da sempre, permettono in questo paese qualsiasi cosa (SRL che dopo due anni vengono dimesse per convenienze fiscali, cooperative fantasma, mancanza di obbligazioni in solido delle ditte committenti se i rapporti commerciali sono regolati in maniera furbesca ). 

Adesso la ditta unica committente, la RAFFAELE CARUSO DI PARMA, che in parte ha finanziato il decollo della ICB, non paga le fatture, strangolando l’azienda, e pretende di portarsi via la merce già prodotta e minaccia penali ( il mercato per quel tipo di produzione c’è, le potenzialità anche). 

Queste donne stanno occupando la fabbrica e si rivolgono alle istituzioni  con l’appoggio della Cgil, che è il sindacato di riferimento, per far continuare a vivere questa realtà produttiva oltre che per avere quanto ancora gli spetta. 

Ora, in Italia si fa un gran parlare di “ riformismo”, di salvaguardia della struttura produttiva, di rilanciare l’economia. 

Però sarebbe anche ora di dire in maniera chiara e decisa che non è allargando a dismisura il lavoro precario, accorciando il periodo di durata degli ammortizzatori sociali, eliminando l’articolo 18 come appena fatto con la riforma del mercato del lavoro, che ci sarà il rilancio delle attività produttive e dell’occupazione. 

Questa ultima storia del “mitico nordest” sta a dimostrare che oltre a misure di contrasto alle delocalizzazioni, questo paese ha bisogno di norme diverse per regolare l’attività d’impresa, i rapporti commerciali e le garanzie da richiedere a chi vuole fare l’imprenditore. 

Tutto il contrario di quello che stanno facendo anche gli attuali governanti, insieme ai partiti che li sostengono, in nome dell’emergenza: in Italia, unico caso in Europa, si sono inventati la società semplificata con 1 euro di capitale sociale! 

Ma sono state modificate anche le norme sull’obbligo solidale di committenti e appaltatori (infilate in sordina nel Decreto Semplificazioni): ora ci vorranno almeno due anni per chiamare in causa i committenti, dopo che i lavoratori, a proprie spese e con atti giudiziari, dovranno provare di non aver ricevuto una lira, in salario e contributi previdenziali, dalla ditta da cui dipendono.

(Valerio Beccegato fa parte della segreteria del Pdci di Padova e segue i problemi del lavoro)