Una «spending review» è per sempre

di Francesco Piccioni | da il Manifesto

spending.reviewManovra «hard» in tre fasi per trovare almeno 8-10 miliardi tagliando la spesa pubblica Sforbiciate secondo la logica dei «tagli lineari», come sotto Tremonti e Berlusconi. In cima alla lista sanità, dipendenti pubblici, enti e trasporti locali. Ma il vero «botto» verrà in agosto

Luglio è il mese delle stangate più crudeli, condite magari dagli accordi sindacali più indigeribili. Quest’anno si avrà probabilmente persino una coda agostana, cui verrebbero rinviate tutte le materie che nemmeno a fatica trovano un accordo tra i partiti che sostengono la maggioranza. È l’idea che si è fatta strada nel governo dopo molti segnali «problematici» (come lo stop alla cancellazione dei 674 uffici dei giudici di pace decisa a gennaio). Un consiglio dei ministri da tenersi entro il 13 agosto, dunque, potrebbe decidere le «norme ordinamentali» (piano per la sanità, riduzione delle province, soppressione delle sedi giudiziarie minori – 33 tribunali, 37 procure 3 220 sezioni distaccate), oltre all’Agenda digitale e la «stretta» più vigorosa per il pubblico impiego.

Dagli incontri di ieri tra governo, enti locali e parti sociali è venuta la conferma – intanto – della dimensione della «spending review». Niente «taglio mini», ma subito maxi, con il pretesto che «bisogna evitare l’aumento dell’Iva» fissato per ottobre (in realtà, con 4,5 miliardi, si riuscirebbe semplicemente a spostare la scadenza a gennaio 2013), oltre a trovare i soldi per coprire l’errore macroscopico sugli «esodati», gli interventi per il terremoto in Emilia e il rifinanziamento delle missioni militari all’estero.

Un cumulo di impegni che neppure il certosino Enrico Bondi, commissario straordinario per la spending review, sembra in grado di governare completamente. La sua analisi ha passato in rassegna 60 miliardi spesa pubblica per «beni e servizi», con un risparmio possibile valutato tra il 20 e il 60%. Se così fosse, insomma, soltanto da questo lato potrebbero esser trovate risorse molto superiori a quelle cercate (8-10 miliardi, per quest’anno).

Invece il governo si sta muovendo sulla linea Tremonti, ovvero verso «tagli lineari» che non badano al merito di quel che viene colpito, ma solo alla dimensione (sperata) del risparmio. Un metodo un tantino ottuso, che ha già dato il peggio di sé con la riforma delle pensioni, generando una massa di «esodati» molto superiore al previsto. Come altro giudicare il taglio del 20% dei dirigenti pubblici e, a seguire, del 10% dei dipendenti? Davvero queste cifre così tonde sono il frutto di un’attenta analisi dei compiti e delle piante organiche? Difficile crederlo. È lo stesso ministro della funzione pubblica, Filippo Patroni Griffi, a confessarlo involontariamente: «si procederà alla riduzione del personale solo dopo la verifica delle piante organiche», in modo da «modulare l’intervento attraverso la mobilità di due anni». È lampante che se l’analisi degli organici deve ancora esser fatta, quella riduzione «rotonda» obbedisce a criteri puramente contabili, non di «efficienza della macchina». Tra le poche idee accettabili, la riduzione a tre dei consiglieri di amministrazione delle socità interamente controllate dallo stato; con in più l’obbligo di prenderne almeno due tra il pesonale interno. Effetto previsto; -30% delle «poltrone».

Sul piano procedurale, la «manovra» (Monti preferisce chiamarla «provvedimento strutturale e organico») dovrebbe avvenire in tre fasi. La prima è già alle spalle ed è minima, visto che riguarda un aggiustamento della spesa per la presidenza del consiglio e il ministero dell’economia. La seconda è quella illustrata ieri, riversata in un decreto legge – subito operativo perché «siamo monitorati da tutta Europa» – da approvare entro luglio. Infine la terza, la più pesante e quindi densa di incognite parlamentari, da affidare a un altro decreto legge. Sotto Ferragosto, per l’appunto, in modo da far «metabolizzare» l’irritazione alle forze politiche e ai sindacati confederali.

Le parti sociali sono uscite da questa raffica di sforbiciate con un livello di comprensione opposto. Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria, ha approvato il programma di «alleggerimento della spesa pubblica, invitando il governo «ad andare avanti con la semplificazione della macchina amministrativa». Susanna Camusso, invece, ha considerato «criptica e reticente» l’esposizione fatta da Monti. O dura da mandar giù senza reazioni.

È echeggiata ancora una volta la minaccia dello «sciopero generale», ma i trascorsi su pensioni e art. 18 non lasciano presagire mobilitazioni significative da parte di Cgil, Cisl e Uil, tali da mettere in dubbio la pacifica approvazione senza modifiche dei decreti legge messi sul tavolo. Al momento, l’unica mobilitazione certa è indetta dall’Usb, che già ieri mattina ha tenuto un presidio ed un’assemblea pubblica a Piazza Montecitorio; dando appuntamento a una giornata nazionale di mobilitazione, il 6 luglio.