di Emiliano Brancaccio | da www.emilianobrancaccio.it
Da tempo la Germania impone al resto d’Europa una dura competizione al ribasso sul costo unitario del lavoro, ossia sul rapporto tra il salario e la produttività dei lavoratori. Gli altri paesi non criticano ma si accodano passivamente, alcuni con relativa facilità ed altri, come l’Italia, con estremo affanno. In questo funesto scenario deflazionistico il Governo italiano, la Confindustria e i sindacati, con l’esclusione della CGIL, sottoscrivono un nuovo accordo, che nelle intenzioni dichiarate dovrebbe puntare al rilancio della produttività ma che a ben guardare ha le caratteristiche adatte per rivelarsi un ennesimo meccanismo di schiacciamento delle retribuzioni. Il contratto nazionale viene infatti ancora una volta depotenziato, a favore di una contrattazione aziendale che nonostante la pioggia di incentivi rimarrà nella stragrande maggioranza dei casi inattuata. L’esecutivo dei professori sceglie dunque di insistere con una politica di deflazione salariale già lungamente perseguita, che non ha favorito la crescita del prodotto per lavoratore ma potrebbe anzi aver contribuito alla sua stagnazione. Una intervista a Emiliano Brancaccio (Università del Sannio).