Resistere, resistere, resistere…

di Manuela Palermi | su www.pdci.it

 

pomigliano11-w350Prima c’è stato Pomigliano. Poi è seguita Mirafiori e infine la ex Bertone. Ma a Marchionne non basta. Quel contratto di Pomigliano deve diventare il contratto nazionale di tutte le lavoratrici e i lavoratori del gruppo Fiat.

Cosa non va nel contratto di Pomigliano sottoscritto da Fim Cisl, Uilm Uil, Fismic, Ugl e Associazioni Quadri e Capi? Perché la Fiom Cgil s’è rifiutata di firmarlo?

Ripercorriamolo brevemente. Intanto viene anticipato, nero su bianco, quello che sta avvenendo oggi: il contratto nazionale dei metalmeccanici se ne va a benedire, viene sostanzialmente cancellato. E infatti oggi Fiat annulla ogni accordo sindacale in essere e vuole fare un contratto nazionale ad hoc.

Forse sbaglio, ma questa illuminante anticipazione è assolutamente indicativa della volontà della Fiat di andarsene dall’Italia. I metalmeccanici dell’auto vengono isolati da tutto il resto della categoria, messi all’angolo da una riduzione di diritti e di libertà, da un peggioramento sostanziale delle condizioni di lavoro. Il resto dei metalmeccanici può solidarizzare, può lottare, ma ad essere colpiti in prima persona sono loro, i metalmeccanici del gruppo Fiat. Si spezza così l’unità della classe rendendo percorribile la ristrutturazione selvaggia che con ogni evidenza Marchionne ha in testa. E cioè, lo ripeto, andarsene dall’Italia, abbandonare gli stabilimenti che hanno usufruito di finanziamenti a pioggia da parte dello Stato. Tanti, tantissimi finanziamenti. Ma la gratitudine, si sa, non è caratteristica dei padroni.

Il contratto nazionale che isolerà i metalmeccanici della Fiat come fossero figli di un dio minore prevede: il taglio delle pause per il riposo, l’aumento dei ritmi di produzione, il taglio del salario in caso di malattia, il congelamento degli attuali salari che possono aumentare solo in caso di intensificazione degli straordinari e dei turni (chiamasi sfruttamento).

C’era una volta, nel contratto dei metalmeccanici, il Premio di Risultato che un po’ (solo un po’) di sollievo salariale lo portava. Veniva erogato a luglio. Ma nel luglio del 2010 e in quello del 2011 non s’è visto. E così quei salari bassi si sono ulteriormente abbassati.

La storia non finisce qui. Ci sono altre due clausole di garanzia. Garanzia per la Fiat, naturalmente. Primo: la libertà di sanzionare o il singolo lavoratore o le organizzazioni sindacali che non rispettassero tutte le clausole previste, una per una. Secondo: rappresentanti sindacali più affidabili, più gestibili. E allora via le Rsu, che venivano elette dai lavoratori, e invece via libera alle Rsa, che vengono nominate solo dai sindacati firmatari. Un secondo porcellum, viene da pensare. La conseguenza è la cancellazione della Fiom Cgil, il sindacato più grande e più rappresentativo tra i metalmeccanici, così arrogante da permettersi di non firmare.

Una bella normalizzazione, non c’è che dire. Ma ci andrei cauta. I metalmeccanici hanno la pelle dura e un gruppo dirigente combattivo. Certo, Marchionne ha dalla sua il potere. E in quest’Italia dei poteri forti non è secondario. Solo che la storia corre veloce. Avreste mai detto che un pezzo di capitalismo fosse così ingordo da mangiarsi e mettere in crisi altri pezzi di capitalismo? La speculazione dei mercati sta incrinando e minacciando molte certezze. Corre veloce, la storia. E nella sua corsa cambia pelle, muta obiettivi, recupera valori che s’erano persi nell’inseguimento sfrenato a ricchezze grandi e di pochi. Bisogna avere il fiato lungo e intanto, come disse quel giorno Borrelli, “resistere, resistere, resistere…”.