Quest’anno nessun augurio

IRPINIA – Segreteria Provinciale Partito dei Comunisti Italiani


pdciA natale siamo tutti più buoni ma, a pensarci bene, più che un affermazione comune è un’istigazione a delinquere. Noi questo natale siamo arrabbiati. Questo natale, staremo a leggere e a studiare il grande poeta Edoardo Sanguineti e, per dirla con parole sue, “studieremo come restaurare l’odio di classe”. Perché loro ci odiano, dobbiamo ricambiare. Loro sono i capitalisti, noi siamo i proletari del mondo d’oggi: non più gli operai di Marx o i contadini di Mao. Oggi i proletari sono gli ingegneri, i laureati, i lavoratori precari, i pensionati. Poi c’è il sottoproletariato, che ha problemi di sopravvivenza.

Siamo arrabbiati perché in provincia è alto e in aumento il numero delle aziende che chiudono e c’è un vertiginoso ricorso alla cassa integrazione. Siamo arrabbiati perché l’Irpinia è il territorio con la più alta percentuale di precari in Campania e la disoccupazione, soprattutto giovanile, è elevatissima. Seimila lavoratori Irpini hanno perso il lavoro in un anno. L’emigrazione dei giovani è continua tanto che l’Irpinia è diventata una delle province più vecchie d’Italia. I fallimenti delle imprese artigiane, che sono il 70% della struttura produttiva provinciale, continuano a ritmo serrato (oltre 1100 negli ultimi anni).

Di fronte a questa situazione, che in Irpinia e nel Mezzogiorno d’Italia è particolarmente drammatica, gli esponenti politici che governano la provincia la regione e la nazione nel suo complesso, hanno dimostrato di non contare niente, di non essere in grado di difendere nulla. Esistono luoghi che rappresentano la storia di una città e di un territorio: nell’Irpinia verde, uno di questi è stata l’Irisbus di Valle Ufita. Oggi l’Irisbus è chiusa, la Almec di Nusco, azienda impegnata nella lavorazione dell’alluminio, che impiega circa 260 lavoratori, si avvia al fallimento. La FIAT pensa di chiudere anche la FMA di Pratola Serra, la situazione per i lavoratori Irpini si fa ancor più critica ma i lavoratori resistono, come hanno dimostrato all’IRISBUS. E poi ci sono lotte antiche come quella dei lavoratori Ex Isochimica che, da quasi 25 anni, portano avanti una lotta che metta al centro i bisogni reali della vita umana a partire da lavoro, salute, dignità. Una lotta contro un muro di gomma.

Questo natale saremo incazzati per tutto questo.

Il problema vero è che gli anni’ 80 hanno rappresentato per l’Irpinia, con la gestione del dopo terremoto, momenti bui e tristi della vita politica-amministrativa. In quegli anni uomini “famelici” hanno distrutto ogni rapporto tra cittadini e istituzioni, tra cittadini e partiti. Durante quel periodo alcuni personaggi hanno pensato solo a sperperare il denaro pubblico, facendo la fortuna di poche famiglie. Nell’81 fu previsto l’assegnazione di contributi a fondo perduto per le nuove iniziative industriali che si insediavano nelle aree terremotate pari al 75% della spesa necessaria alla realizzazione dell’investimento complessivo e anche della dotazione di scorte adeguate al ciclo di lavorazione nel limite del 40% degli investimenti fissi. I contributi erogati furono notevoli (1600 miliardi di lire) ma i risultati non furono certamente degni della spesa e delle aspettative.

Ogni volta che sopravvengono eventi drammatici nel mezzogiorno d’Italia, ritorna al centro del confronto, per dirla con Gramsci, la “questione meridionale” che ritorna al centro dello scontro politico fra diversi progetti di sviluppo del Mezzogiorno e di governo del paese. L’elemento che manca, in questi confronti politici, è cosa hanno fatto al Sud e al suo popolo. 

 

Le privatizzazioni sono state letali al Sud, condannandolo alla regressione economica-sociale e hanno rappresentano il fattore principale dell’emigrazione di massa. Nello stesso tempo il Sud è diventato laboratorio di macelleria sociale e d’introduzione ai nuovi assetti giuridici e giuslavoristi a livello nazionale, cioè è stato il terreno di esperimento della repressione nei luoghi di lavoro. Basta ricordare le deroghe ai contratti collettivi decisi in aree specifiche del Sud con l’istituzione dei Contratti d’area, che ha consentito la riduzione delle tutele dei diritti dei lavoratori. L’Italia e anche l’Irpinia paga l’assenza di politiche industriali e la forte riduzione della domanda interna causata dall’impoverimento del ceto medio e dai bassi salari, come afferma l’economista Luciano Galliano. La produttività del lavoro – continua Galliano – non è fatta di operai che corrono senza sosta nei reparti per stare dietro ai pezzi in movimento, ma è fatta di organizzazione, innovazione, mezzi di produzione più avanzati. Significa che non investendo nell’innovazione e ricerca perdiamo sul profilo tecnologico. Inoltre, l’assenza di politiche industriali, ha trascinato i settori fondamentali, a cominciare da quella dell’auto, alla morte. Oggi sta precipitando anche quello della cantieristica e con la chiusura dell’Irisbus anche il mercato dell’autobus. Insomma, paghiamo oggi, vent’anni di assenza di un piano industriale complessivo per la nostra provincia e per l’intero paese.

Siamo incazzati anche perché l’Irpinia, terra di uomini politici e di Stato di alta moralità ed etica, oggi vive una profonda crisi morale, mostrando un intreccio tra la “classe dirigente” e l’esistenza di una nuova loggia massonica capace di penetrare nella Magistratura, di gestire operazioni economiche con lo scopo di costruire un contropotere oscuro e malavitoso che ha lo scopo di scardinare la Costituzione nata dalla Resistenza al nazismo e al fascismo. Questo contropotere vuole passare a una forma costituzionale fondata sul maggioritario bipolare, cioè il presidenzialismo, con una costituzione liberista e proprietaria, antitetica a quella sociale del 1948.

 

Studieremo, ripasseremo e ci entusiasmeremo perché, per dirla con Eduardo De Filippo, “adda passà à nuttata”. Una grande “vertenza per l’Irpinia” ci attende.