Privatizzare la disabilità

di Paola Pellegrini

disabiliPurtroppo questa notizia è già vecchia di alcuni giorni, per l’esattezza del 25 maggio scorso. Ma solo oggi, e per caso, l’abbiamo letta sul sito della Federazione Italiana per il superamento dell’handicap. E’ una di quelle notizie su cui sui giornali avremmo dovuto trovare titoloni a caratteri cubitali, visto che si tratta di una questione delicatissima per la nostra società e per la sua tenuta sociale, una di quelle su cui si misura il grado raggiunto dalla civiltà e dal progresso di una nazione. Evidentemente ci sbagliamo, e ormai siamo fuori dal mondo. Questo mondo, il mondo dei governi tecnici e delle ricette della finanza internazionale, di cui il governo Monti è diretta espressione, come anche questa bella sortita della ministra Fornero sta ad indicare. “Non si può pensare che lo Stato sia in grado di fornire tutto in termini di trasferimenti e servizi’’ ha dichiarato il Ministro del Lavoro Elsa Fornero durante il convegno Autonomia delle persone con disabilità: un nuovo contributo per assicurarla (Reatech, Milano, 25 maggio).

La ministra ha poi aggiunto: “Sia il privato che lavora per il profitto sia il volontariato no profit sono necessari per superare i vincoli di risorse. Il privato, in più del pubblico, possiede anche la creatività per innovare e per creare prodotti che aiutino i disabili. La sinergia tra pubblico e privato va quindi rafforzata”. A parte le carrozzine per chi è impossibilitato a camminare autonomamente, a parte i pannoloni che servono agli incontinenti e tutti gli altri ausili che permettono una, sia pur limitata, vita quotidiana e di relazione sociale dei portatori di handicap, prodotti di cui si parla sono l’uovo di colombo per una super tecnica della finanza come Fornero: e cioè sono quelli assicurativi. Infatti la Fornero prosegue: “Per evitare accuse di raggiro o frodi, il ruolo pubblico dovrebbe dare credibilità inserendosi nella relazione tra la persona e il mondo assicurativo. C’è bisogno di innovazione finanziaria e creatività”. Sono state parole che hanno lasciato sconcertate le organizzazioni delle persone con disabilità, per la loro crudezza e per l’evocazione di una “cultura” che ha alla base l’assoluto dispregio della nostra cultura costituzionale, basata sul riconoscimento dei diritti sociali e dell’obbligo civile, da parte delle istituzioni della Repubblica, a rimuovere ogni ostacolo alla realizzazione dell’uguaglianza e della partecipazione dei cittadini alla vita pubblica, al lavoro, alla dignità, indipendentemente dalle loro condizioni personali. Ma soprattutto svela il vero volto di questa “maestrina” che, con il dito alzato e un sorriso inquietante sulle labbra, ha lasciato a casa migliaia di lavoratori senza lavoro e senza pensione, ha preparato la distruzione del futuro pensionistico di milioni di lavoratori e lavoratrici, ha attaccato direttamente i diritti del lavoro salvando ogni contratto di lavoro precario e attaccando direttamente l’articolo 18. Al convegno in cui si chiedevano strumenti e risorse per chi ha più bisogno di aiuto, sicurezza, serenità per chi ha avuto in sorte di vivere nella malattia e nella disabilità, in un momento di crisi che solo i più poveri, e le famiglie dei lavoratori e i pensionati stanno pagando per intero, le affermazioni della ministra Fornero hanno gelato qualsiasi ipotesi e speranza di innovazione sociale, di garanzia dei diritti civili, di efficacia ed efficienza dei servizi sociali, di miglioramento delle prestazioni per i disabili gravissimi e per i non autosufficienti. È stato chiaro che il vero pensiero di questi tecnici sia che gli stanziamenti per l’autonomia personale delle persone con disabilità siano una spesa morta, un sovraccarico insostenibile, un capriccio di pochi e non un investimento nella tenuta sociale del paese, una risposta senza la quale la nostra diventerà una società barbara. Già il ministro Tremonti aveva affermato senza vergogna: “Come può un Paese con due milioni e mezzo di disabili essere davvero competitivo?”. Siamo in presenza di una cultura economica in cui lo Stato rinuncia ad attuare quanto previsto dalla sua Carta costituzionale e dalle sue stesse leggi in materia di diritti delle persone con disabilità. Uno Stato che lavora per tornare agli interventi privati caritatevoli dell’’800. Ma nel tempo della finanza speculativa, il ritorno alle opere pie, ne siamo più che sicuri, prelude invece a qualcosa di ben preciso, quel modello americano di salute e sicurezza sociale (sic!) per il quale se hai soldi e una assicurazione privata puoi curarti, forse, se nel frattempo la tua patologia non è stata considerata incompatibile con le esigenze di profittabilità del sistema assicurativo stesso. 

Ma le parole della ministra sono preoccupanti anche per il fatto che tradiscono pure l’idea di uno Stato che, pur di liberarsi della spesa per la disabilità e la non autosufficienza, possa farsi esso stesso procacciatore d’affari per le assicurazioni Una privatizzazione assicurativa del welfare che inizia dalle persone con disabilità per spingersi fin dove la “creatività” può consentire. A chi non giovi tutto ciò è presto detto: a chi non può permettersi di pagare una polizza assicurativa e a chi nasce con una grave menomazione o la contrae in tenera età, ma indubbiamente si tratta di una prospettiva sicuramente molto gradita alle Compagnie assicuratrici. 

Per chi non potrà pagare, per chi ha perso il lavoro e per chi lo perderà presto, visto l’andamento della nostra economia nazionale, e si troverà a dover affrontare da solo e senza sostegno la cura di un familiare disabile, si aprirà un tunnel di disperazione. Se queste sono le ricette della Fornero, c’è solo da aspettare, e presto il conto dei suicidi non tarderà ad aumentare, come in Grecia: del resto, non è quello il modello, il laboratorio politico in cui si è sperimentata la distruzione dello stato sociale?