Perché la rivoluzione tech non spiega i bassi salari italiani

circuiti elettronicidi Marta Fana e Davide Villani
da econopoly.ilsole24ore.com

Gli autori di questo post sono Marta Fana, dottore di ricerca in Economia e autrice di “Non è lavoro, è sfruttamento” (Laterza 2017) e Davide Villani, dottorando di ricerca in Economia, Open University (Regno Unito)

All’interno del dibattito sulle attuali condizioni del mondo del lavoro italiano, si colloca la questione salariale. Secondo la teoria dominante, ripresa qui su Econopoly in un recente articolo firmato da Luca Foresti, i cambiamenti tecnologici (e la globalizzazione) hanno contribuito alla polarizzazione del mercato del lavoro in cui gli strati più bassi della piramide hanno sempre più difficoltà a inserirsi o, una volta inseriti, sono condannati a salari e condizioni di lavoro meno edificanti. Allo stesso tempo, lavoratori capaci di integrarsi o essere integrati in settori più produttivi (quelli maggiormente innovativi e tecnologici) sarebbero maggiormente ricompensati, in quanto più produttivi. Si consumerebbe così la polarizzazione (e di conseguenza aumento delle diseguaglianze interne), spinta(e) principalmente dalla tecnologia.

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