di Luigi Tranquillino, Responsabile Stato Sociale – Segreteria Provinciale di Milano
A pochi giorni dall’anniversario della nascita del PCdI, in una breve riunione, si è deciso che in quella data una delegazione di compagni del PdCI tenesse una celebrazione ove passato e presente rivelassero un legame e una linea di continuità.
Da settembre abbiamo seguito la vertenza dei lavoratori Jabil, recandoci al loro presidio e facendo sentire loro il nostro appoggio. Abbiamo seguito i passaggi che hanno condotto fino al loro licenziamento del 12 dicembre, comunicato con una mail. Siamo in contatto costante con loro così come a suo tempo lo fummo con i lavoratori della INNSE: sanno bene che quando occorresse noi ci saremo …
Dall’8 dicembre, salendo sulla torre-faro del binario 21, Carmine Rotatore, Beppe Gison e Oliviero Cassini hanno offerto il loro servizio alla lotta di lavoratori licenziati dei Treni Notte. Abbiamo iniziato da subito a fare sentire loro il nostro sostegno; non siamo stati i soli, ma con i lavoratori del presidio, che è divenuto permanente e strutturato, abbiamo stabilito una solida intesa.
Il 21 gennaio appena trascorso ha visto dunque l’incontro tra una delegazione composta da alcuni compagni della Segreteria della Federazione Provinciale di Milano e rappresentanti di due delle realtà in lotta più emblematiche, tanto da vedersi riservare anche dai mezzi di comunicazione uno spazio significativo: gli 800 lavoratori licenziati dei Treni Notte (Wagons Lits) e i 325 lavoratori provenienti da Nokia – Siemens ed oggi in Jabil.
Alcuni giorni prima, il 17 gennaio, il compagno dei treni notte Morichi ha assistito alla votazione della mozione che abbiamo presentato nell’aula del Consiglio di Zona 2 di Milano, circoscrizione in cui è situata la Stazione Centrale. È stata considerata, quella mozione, la più corrispondente a quanto loro stanno sostenendo, battendosi per questo: non saranno gli accordi locali a salvarli, non quelli regionali così come eventuali offerte di Enti Locali che si dicano disponibili ad assumere qualcuno di loro; proprio per questo non abbiamo consentito che il PD la emendasse esprimendo “l’apprezzamento per l’accordo regionale”.
Peccato che quell’accordo fosse firmato dalle sole CISL e UIL, come spesso accade …
Questi lavoratori invece vogliono mantenere la vertenza in un quadro unico nazionale: vogliono riferirsi al Ministero dei Trasporti e considerano Moretti per ciò che è, ovvero un amministratore delegato.
Hanno dunque apprezzato sia il nostro orientamento, che come il loro è volto a tenere la coesione del fronte in lotta per il ripristino delle due direttrici nazionali, sia il contributo che è stato loro portato, sostenendoli in modi e tempi differenti.
È di oggi la notizia che dei tre, sulla torre faro del binario 21, rimane solo Oliviero: Beppe e Carmine hanno ceduto dopo essere stati esposti ai rigori dell’inverno per più di un mese e mezzo. Proprio per questo stiamo discutendo con i lavoratori di come si possa proseguire questa importante vertenza. Stiamo costruendo modi e tempi per il rilancio necessario a sfondare il muro di protervia e arroganza ben rappresentate dal silenzio della controparte.
Per quanto riguarda Jabil, anche con loro, durante l’incontro del 21 gennaio, si è discusso per trovare il modo di accentuare la spinta verso la soluzione positiva della vertenza. In queste ore si torna a parlare di un possibile intervento piratesco da parte di Nokia; quest’ultima sarebbe intenzionata ad asportare macchinari attraverso l’uso di camion, che difficilmente entrerebbero in azienda, e che qualora riuscissero a farlo, saremmo lì con i lavoratori per renderne impossibile l’uscita.
È bene dire che questi lavoratori metalmeccanici si occupano della costruzione di ponti radio, la loro professionalità è dimostrata dal fatto che, come nel caso della INNSE, anche per loro sono tornate a farsi vive le commesse. Una ragione in più per tenere duro.
Non è un caso che nell’incontro con loro abbiamo trovato anche, oltre ad altre presenze della INNSE, la Angela … la compagna che si occupava di fare avere un pasto caldo a quelli della INNSE, così come oggi fa per quelli della Jabil. Una compagna che abbiamo trovato anche in altre situazioni di lotta dura e senza quartiere e con la quale, assieme agli altri lavoratori, abbiamo brindato, al termine della riunione, per ricordare la nascita del PCdI a Livorno.
È di oggi la notizia ventilata circa il possibile ricollocamento di circa un centinaio di lavoratori di Jabil. Il fronte dei lavoratori rimane comunque compatto.
Nel corso dei mesi ci siamo conosciuti e va detto che di loro abbiamo apprezzato lo spirito e la fermezza, l’intelligenza e la coerenza.
È nel significato di queste due vertenzeche va visto il legame tra passato e presente. In questo legame, tenuto vivo sia pur con fatica e difficoltà, sta la chiave di ciò che ci siamo ripromessi nel recente Congresso: ricostruire il Partito Comunista. Un compito difficile ma l’unica e ultima strada per quello che ci riguarda.
I LAVORATORI DELLA “JABIL” DI MILANO IN LOTTA
di Roberto Malanca – RSU FIOM
“In questi mesi di lotta molti compagni e amici ci sono stati accanto ( tra cui i compagni della sezione Alessandro Vaia della Federazione Provinciale PdCI di Milano) esprimendoci la loro solidarietà anche concreta: li ringraziamo”.
Jabil, sito industriale di Cassina de’ Pecchi ha una storia di quasi 50 anni di produzione di apparati per le telecomunicazioni e di alta tecnologia, in questa grande struttura nei primi anni ’90 lavoravano circa 2500 persone, da allora è iniziato il perverso gioco della scomposizione, delle delocazioni, delle cessioni, dei trasferimenti di ramo d’azienda. All’inizio del 2007 nasce la joint venture tra Nokia e Siemens (NSN Nokia Siemens Networks), a novembre NSN decide di cedere il ramo d’azienda composto dalla produzione e collaudo a Jabil, multinazionale americana, ma continuiamo a lavorare principalmente su commesse Nokia SIemens Networks.
Con la mediazione del Ministero dello Sviluppo economico, allora retto dall’on. Bersani, viene sottoscritto un protocollo d’intesa poi ratificato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri anche dal Ministero dell’Istruzione e della Ricerca, che prevede l’impegno di NSN a mantenere la Ricerca & Sviluppo a Cassina e a far produrre i ponti radio già sviluppati, e le successive evoluzioni, nella storica fabbrica ceduta a Jabil . Però successivamente NSN dirotta il nuovo prodotto (“Flexy Packet”), in Germania e in India, lasciando a Cassina solo il vecchio modello (“SDH”)
Ad aprile del 2010 Jabil ci comunica che ha deciso di disfarsi degli stabilimenti italiani e francesi cedendoci a Mercatech, discusso fondo di private equity americano, e diventiamo Competence, azienda creata apposta per rilevarci.
Le nostre perplessità sull’operazione vengono confermate da subito: Competence comincia a non pagare i fornitori, a noi mancano le materie prime per produrre ed è nuova cassa integrazione, prima ordinaria, poi straordinaria.
La situazione si fa pesante e chiediamo alla Regione Lombardia di convocare un “tavolo” per discutere degli investimenti pubblici sulla Banda larga e sulle eventuali ricadute occupazionali sul tessuto produttivo lombardo, di cui Governo e lo stesso Formigoni si riempiono la bocca…lo stiamo attendendo ancora oggi!
Intanto a dicembre 2010 Competence ha totalizzato un debito milionario, tale da portare l’azienda sull’orlo del fallimento: i libri contabili vengono depositati in tribunale. I giudici milanesi procedono alle verifiche e decidono di dichiarare lo stato di insolvenza. La sera del 21 febbraio, un giorno prima dell’udienza in Tribunale, arriva il colpo di scena: Jabil ha riacquistato quello che aveva venduto, caricato di debiti. E’ palese che dietro quest’operazione ci sia qualcosa di marcio.
Rimettiamo la “casacca” Jabil, ma la situazione in fabbrica non cambia e il nostro futuro (345 operai, in maggioranza donne) è sempre più incerto: il 50% è in cassa a rotazione, di nuove commesse non si vede l’ombra e in primavera comincia a girare voce che l’impresa abbia intenzione di portare fuori dalla fabbrica parte dei macchinari e dei pezzi semilavorati per trasferirli in una fabbrica Jabil in Ungheria. A quel punto decidiamo il presidio permanente fuori dai cancelli dell’azienda: non abbiamo alcuna intenzione di ritrovarci con una scatola vuota.
Nel frattempo la direzione aziendale procede con un piano di svuotamento della fabbrica allontanando i clienti acquisiti e respingendo quelli nuovi che si presentavano per poter giustificare al tavolo ministeriale a fine settembre la chiusura della fabbrica di Cassina de’ Pecchi.
In tutto questo tempo non siamo rimasti con le mani in mano: abbiamo scioperato, manifestato, richiesto e partecipato a incontri in tutte le sedi istituzionali possibili, dal Comune di Cassina de’ Pecchi al Ministero, passando per Regione Lombardia e Provincia di Milano.
Quello che abbiamo registrato è l’assoluto, totale disinteresse delle istituzioni non solo per quello che sta accadendo a noi, ma per quello che stanno subendo migliaia di lavoratrici e lavoratori.
Dal “padanissimo” assessore regionale all’industria ci siamo persino sentiti dire che “la politica non può fare nulla, c’è la libertà d’impresa, mica possiamo costringere un’azienda a fare quello che non vuole più fare”. Ma certo, allora qualcuno ci spieghi a cosa serve la politica, a cosa servono le istituzioni.
Non lottiamo solo per il nostro posto di lavoro, per il nostro salario, per la nostra dignità. Lottiamo anche perché non sta scritto da nessuna parte che i padroni decidano e gli operai subiscano, e che questa storia debba finire per forza come vuole Jabil.
Il 13 dicembre era programmato l’ultimo incontro in Regione Lombardia per discutere del nostro futuro ma due giorni prima riceviamo questa mail: “Vi informiamo che dal 12 dicembre prossimo lo stabilimento di Cassina de’ Pecchi sarà chiuso. La Società si riserva di avvalersi del personale necessario per eventuali esigenze tecnico-organizzative, con comunicazioni individuali.”
Adesso basta davvero. Il 12 dicembre entriamo nella nostra fabbrica e ci restiamo. Non sappiamo come finirà questa storia, ma una cosa si che la sappiamo: vogliamo tentare fino in fondo di riscriverne il finale. In questi mesi di lotta molti compagni e amici ci sono stati accanto ( tra cui i compagni della sezione Alessandro Vaia del PdCI e della Federazione Provinciale di Milano) esprimendoci la loro solidarietà anche concreta: li ringraziamo. Ci sono migliaia di lavoratori nelle nostre condizioni. Vorremmo che la nostra lotta parlasse anche a loro. Abbiamo nemici potenti e, da solo, nessuno di noi ce la potrà fare. Insieme invece possiamo tentare davvero di vincere.
BREVE STORIA DI “WAGONS LITS” IN ITALIA E LE LOTTE DEI LAVORATORI A MILANO
di Roberto Piccinini, Ex RSA Filt-Cgil Servirail Wagons Lits
Anno 1872, nasce la Compagnie Internationale des Wagons Lits. Le vetture letto viaggiano in tutta Europa, Asia, Africa, da Vladivostok ad Aleppo.
Negli anni ’80 del secolo scorso la “Compagnia delle Carrozze Letti”, ramo italiano della CIWL, vende tutto il materiale rotabile (le vetture letto) ad FS, che diventa il nuovo gestore dei treni notturni con vetture letti in Italia.
FS già gestiva con personale proprio le vetture cuccette.
A CIWL resta la gestione del personale di scorta alle vetture letto, concessa da FS con gara d’appalto e sempre vinta da CIWL.
Negli ultimi anni il personale CIWL scorta sia vetture letto che cuccette.
Nel tempo i treni notturni in Italia vengono via via ridotti di numero, di percorrenza e di vetture in composizione, a causa della concorrenza dei vettori aeronautici e di un disinteresse generale da parte di Trenitalia, divenuta S.p.A., essendo tali treni parzialmente finanziati dallo Stato italiano.
I treni regionali sono finanziati dalle regioni.
Comunque dall’anno 2000 la clientela dei treni notturni si stabilizza ed anzi tende a crescere, anche se Trenitalia sembra non avere occhi che per l’alta velocità ed il settore “a mercato”.
Aziende concorrenti come Arenaways vengono ostacolate e falliscono.
Il previsto ingresso nell’alta velocità di Montezemolo e soci con NTV, preoccupa talmente Moretti da fargli fare di tutto per rallentarne la partenza, ma quest’anno dovrebbe partire (e ci credo poco!).
Si arriva quindi a vedere gli stessi treni notturni finanziati dallo Stato come dei concorrenti e si decide di boicottarli portando al minimo la pulizia, la manutenzione e pure i servizi di accoglienza riducendo del 50% il personale CIWL, nonostante la richiesta della clientela sia fortissima (lo dimostrano le migliaia di firme raccolte) e ci siano congrui spazi per aumentare i prezzi senza alcuna concorrenza.
Si arriva anche ad inspiegabili blocchi temporanei delle prenotazioni, per cui i treni notturni viaggiavano vuoti, ma a chi tentava di prenotare veniva detto che erano completi.
Il tutto con il complice silenzio/assenso di Ministri, Commissioni e Politici, cui non par vero di scaricare ogni responsabilità sull’AD di Trenitalia.
Ma visto che la clientela comunque resisteva, “alea iacta est”: Tagliamo l’Italia in due.
Di fatto per andare da Milano, Venezia, Torino a Palermo o Reggio Calabria, bisogna arrivare a Roma con un treno ad alta velocità e qui trasbordare su di un treno con vetture letti e cuccette.
Per andare in Puglia si parte da Bologna, evidentemente unica città del nord ad avere interessi con il “tacco” d’Italia. (Ma che, dopo il Po ci vuole il passaporto? O sotto il Papa e sopra L’Imperatore? Mah!)
Infatti dal 11 Dicembre 2011 da nessuna città del Veneto, Piemonte o Lombardia parte più un treno notturno per il sud Italia.
Ovviamente il personale di scorta alle vetture letti e cuccette viene licenziato senza alcun ammortizzatore sociale, così come quello addetto alle pulizie ed alla manutenzione.
800 famiglie ridotte alla fame per poter dirottare poche decine di clienti sull’alta velocità.
La clientela dei treni notturni è infatti esclusiva e non riconvertibile, composta per lo più da famiglie con bimbi piccoli o neonati, anziani, malati, handicappati ed una affezionata clientela d’affari che trovava comodo partire ad esempio da Piacenza la sera per arrivare riposato al mattino in una qualunque cittadina del sud senza doversi sobbarcare gli spostamenti verso gli aeroporti delle grandi città, i costi di un pernottamento in albergo ed una maggior perdita di tempo.
Visto ciò i licenziati decidono a Roma, Torino e Venezia di occupare stabilmente parte delle stazioni ferroviarie.
A Milano tre ex dipendenti CIWL salgono l’8 Dicembre 2011 su di una torre-faro che illumina la Stazione Centrale a 40 metri di altezza.
Lì rimangono sino ad oggi esposti alle intemperie e costretti in 4 metri quadrati decidendo di scendere solo quando i treni notturni torneranno ad unire l’Italia, garantendo un posto di lavoro ed un reddito a 800 famiglie ed il diritto alla mobilità accessibile a migliaia di connazionali.
Dopo 50 giorni sono/siamo ancora in attesa dell’apertura di un tavolo di trattativa nazionale come richiesto dai sindacati tutti, dai lavoratori licenziati, dai Comuni e Regioni interessati dai tagli e da centinaia di associazioni di cittadini italiani.