La Fiom al Pd “O con noi o con Monti”

di Marco Zerbino | da pubblicogiornale.it

Bersani festa PD Reggio Emilia«Rispetto all’agenda del governo Monti, e in particolare sulla questione dell’articolo 18, noi del Partito Democratico abbiamo fatto quello che potevamo. Abbiamo fatto argine». Basta una metafora un po’ infelice a far inciampare Stefano Fassina, invitato alla festa della Fiom di Torino per dialogare con Giorgio Airaudo sul tema «Centrosinistra al governo? Con o senza il lavoro?».

Ma è una contestazione tutto sommato morbida e dialogante, quella con la quale il pubblico di «Fiumana 2012» decide di ricordare al responsabile economia del Pd quanto l’inondazione rappresentata dal governo Monti abbia in realtà già travolto una fetta consistente delle garanzie e delle tutele costruite negli anni dai lavoratori italiani.

Le divergenze con il sindacato dei metalmeccanici della Cgil ci sono, e restano, anche se tanto Fassina quanto Airaudo si sforzano di esaminarle in un clima amichevole e costruttivo. A pesare, nel corso del dibattito svoltosi ieri sera nel capoluogo piemontese anche con la partecipazione di Paolo Griseri e Augusto Grandi, due giornalisti che da anni si occupano di questioni economiche e sindacali sulle rispettive testate, è senz’altro il diverso giudizio circa il ruolo giocato in questa fase dall’esecutivo dei tecnici o, per usare le parole di Fassina, la «diversa valutazione dei vari passaggi da compiere per far uscire il paese dalla difficile situazione in cui si trova».

Se l’esponente democratico insiste sul fatto che «a novembre dell’anno scorso l’Italia stava andando a picco», una situazione che avrebbe quindi reso inevitabile un «recupero di credibilità» del paese in sede europea propedeutico ad ogni futuro, eventuale «salto di qualità», Airaudo punta invece il dito contro il sacrificio delle politiche del lavoro «sull’altare dello spread».

Ma, guardando al futuro, è soprattutto sul tema della rappresentanza del lavoro in un futuro esecutivo di centrosinistra che i metalmeccanici della Cgil chiedono al Pd un pronunciamento chiaro e inequivoco. «Qualcuno», sostiene Airaudo «dice che la Fiom vuole diventare un partito politico. La Fiom è un sindacato, e vuole continuare a fare il sindacato come ha sempre fatto, custodendo gelosamente la sua autonomia. Ma questo non vuol dire che siamo indifferenti a quanto accade nella sfera della politica, anche perché molti dei problemi che hanno i lavoratori sono la conseguenza di scelte politiche».

Gli esempi non mancano: oltre alla riforma delle pensioni, il sindacalista della Cgil pensa anche alla legge Fornero. «Negli ultimi giorni, qui in Piemonte, cinque lavoratori sono stati licenziati per motivo oggettivo, cioè economico. Caso strano, sono tutti della Fiom, e uno di loro era un delegato sindacale che aveva in passato richiesto alla Asl dei controlli sulla salubrità dell’ambiente di lavoro della propria azienda. Se ci fosse stato ancora l’articolo 18 per i licenziamenti economici, quei lavoratori probabilmente non avrebbero perso il posto».

Che il lavoro sia, nel panorama politico italiano, «enormemente sottorappresentato» è convinzione anche di Stefano Fassina. «Ma il lavoro non è affatto fuori dalla nostra agenda. Anzi», prosegue il responsabile economico del Pd «credo che la chiusura della fase berlusconiana e l’avvio di questa transizione del governo dei tecnici sia stata comunque pensata e costruita, per lo meno da parte nostra, con l’obiettivo di fare un’operazione preliminare decisiva per rimettere il lavoro al centro, e cioè costruire in Europa una forza politica per regolare l’economia».

Secondo Fassina, il vero cuore del problema, ciò che determina la stagnazione dell’economia italiana e la conseguente assenza di buona e duratura occupazione, risiede infatti nelle politiche di austerità che stanno facendo sprofondare nella recessione il vecchio continente. «Noi», afferma Fassina «vogliamo ricostruire le condizioni della civiltà del lavoro in Europa.

Tuttavia, stante la pesante eredità che ci è stata lasciata, fare questo implica anche dei passaggi contraddittori, come l’appoggio ad un governo tecnico nella cui agenda ci riconosciamo solo in parte». Fra i «passaggi contraddittori», secondo l’esponente del Pd «vi sono proprio la riforma delle pensioni, che noi abbiamo criticato, e la legge Fornero, che abbiamo subito cercando comunque di modificarla in meglio. Ma, ripeto, la situazione in cui si trovava il paese era gravissima, e noi spesso siamo stati costretti a votare provvedimenti che non ci convincevano».

Vada per il passato. Ma quello che chiede la Fiom è, più che altro, un impegno per il futuro. «Io so», sostiene Airaudo «che il Pd la riforma Fornero l’ha votata obtorto collo. Ma ciò che vogliamo sapere con chiarezza ora, prima delle elezioni, è quali sono gli impegni programmatici che il futuro centrosinistra, se andrà al governo, potrebbe assumersi.

I lavoratori hanno diritto a sapere se e quando la riforma dell’articolo 18 sarà cancellata. Hanno diritto di sapere cosa pensa la sinistra di governo del fatto che lavori pesantissimi e usuranti dovranno, in base alla riforma delle pensioni, essere svolti fino a 70 anni». «Fermo restando», ribatte Fassina «che la disoccupazione e la recessione che ci sono in Italia non dipendono dalla legge Fornero, che è entrata in vigore da poco, noi molti punti di quel provvedimento vogliamo modificarli, ad esempio per quanto riguarda gli ammortizzatori sociali, i precari, i sistemi di reimmissione nel mondo del lavoro».

Ma il braccio destro di Bersani per le questioni economiche ribadisce allo stesso tempo anche la sua contrarietà ai referendum depositati sempre ieri in cassazione da un vasto fronte di forze politiche e sociali (fra gli altri: Idv, Sel e Federazione della sinistra), ai quali invece la Fiom ha dato il suo sostegno.

La ragione per cui Fassina si oppone a questa iniziativa è soprattutto di metodo: «I due referendum intendono abolire la riforma dell’articolo 18 e l’eliminazione dell’articolo 8 della manovra di “agosto”, che mette in discussione il contratto nazionale. Ritengo che questa sia materia di confronto fra le parti sociali, non per un referendum. Se andremo al governo, saremo i primi a proporre delle modifiche in tal senso perché nel merito siamo d’accordo».