di Flavio Arzarello, coordinatore nazionale FGCI
Cari ragazzi,
fatemi dire, con grande nettezza ma anche con grande rispetto, che non sono d’accordo con le vostre considerazioni.
Vi considerate “fuori dallo scontro ideologico in atto”, ma la mia sensazione è che ne siate parte – forse – inconsapevole. Da qualche tempo ci viene raccontata una contrapposizione – secondo noi del tutto artefatta – tra lavoratori garantiti e non garantiti, tra giovani e meno giovani. Si tratta di una falsa rappresentazione, che avrà come effetto ultimo certo quello di abbassare le tutele per tutti.
Forse tagliando le pensioni, o cancellando l’articolo 18 si otterrebbe qualche effetto immediato sulle giovani generazioni? Perché mai consentire i licenziamenti discriminatori aiuterebbe i giovani? Semmai, si consegnerebbero alla precarietà altri milioni di lavoratori, con in più difficoltà enormi di reinserimento nel mondo del lavoro. L’ipotesi di contratto unico del ministro Fornero e l’ipotesi di riforma del lavoro del Governo mi sembra vada in questa direzione; si passerebbe dalla precarietà diffusa ad un vero e proprio ‘contratto unico precario’. E mi sembra vi siate prestati a fare da sponsor a questa vulgata, che da tempo vede impegnato il maggior quotidiano italiano.
Il problema dal nostro punto di vista è invertire il paradigma degli ultimi 20 anni, in cui l’ondata liberista – in modo ‘ideologico’, questa volta sì – ha condannato un’intera generazione alla precarietà, passata da condizione contrattuale a paradigma di vita.
Quanti sono i giovani – anche punte di eccellenza – che devono lasciare il Paese perché in Italia il sistema dell’istruzione versa in condizioni disastrose? Anche in questo caso si tratta di una questione profonda, correlata al modello di sviluppo del nostro Paese. Noi pensiamo che si debba far diventare l’Italia una società della conoscenza e non competere al ribasso su diritti e salario.
Ancora, quanti sono i giovani e le giovani laureati che non svolgono un lavoro coerente con il percorso di studi? Penso che questo succeda, nella stragrande maggioranza dei casi, perché la legislazione, con la giungla contrattuale attuale, lo consente. E quanti sono i giovani – in gran parte al Sud, ma non solo – che lavorano in nero o saltuariamente senza garanzia alcuna?
Per questo è di tremenda attualità rimettere in discussione la Legge 30, insieme alla costruzione di un sistema evoluto di welfare a sostegno dei giovani precari. Queste, secondo noi, sono le priorità della nostra generazione; il resto è vuota ideologia.
Sperando di avere occasioni di confronto più organico, vi saluto cordialmente.