Jobs Act: l’Italia non è un paese per giovani

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Malpaese/I decreti attuativi del Jobs Actc onfermano la giungla contrattuale: tra stage e voucher il lavoro rimane una giungla. A uso dei padroni

Nel 2014, quando si è insediato il Governo Renzi, l’Italia ha conosciuto il picco storico di disoccupazione giovanile: quasi uno su due. Il fatto che finalmente ci fosse un Premier relativamente giovane (almeno rispetto ai precedenti) faceva ben sperare. Ecco che arriva il Jobs act, la riforma del lavoro che, secondo i demagogici annunci, avrebbe ridotto le distanze tra outsiders e insiders, cioè tra giovani intrappolati in contratti precari e “vecchi privilegiati”, “ipertutelati” dall’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori. Al di là del mistificatorio modo di presentare il problema, il progetto sembrava quello di eliminare lo shopping contrattuale del lavoro temporaneo introdotto con la Riforma Biagi del 2003, puntando sulle assunzioni a tempo indeterminato con un nuovo (ed unico) contratto a tutele crescenti, privo però della tutela ex art. 18 per un primo periodo.

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