Istat: la lenta crescita del lavoro povero e precario

Istat disoccupazione giovaniledi Roberto Ciccarelli | da il manifesto

L’Italia si avvia con passo lento verso la società del lavoro povero, a ter­mine e pieno di sco­rag­giati. I dati Istat sugli occu­pati e disoc­cu­pati a set­tem­bre hanno regi­strato il primo arre­sto del lieve incre­mento, dovuto essen­zial­mente ai 15 (forse 20) miliardi ero­gati a piog­gia dal governo Renzi alle imprese con la decon­tri­bu­zione nel Jobs Act. La stima degli occu­pati è dimi­nuita dello 0,2% (-36 mila) e riguarda sia i dipen­denti (-26 mila) sia gli indi­pen­denti (par­tite Iva e para­su­bor­di­nati: –10 mila). Dato con­fer­mato ieri dall’Inps secondo il quale gli iscritti alla gestione sepa­rata sono dimi­nuiti di 49 mila unità nell’ultimo anno e addi­rit­tura del 233 mila dal 2011. In gene­rale, il tasso di occu­pa­zione dimi­nui­sce dello 0,1% atte­stan­dosi al 56,5%, il più basso tra i paesi euro­pei col­piti dalla crisi. Si lavora sem­pre meno e, nel peri­me­tro degli attivi, si lavora sem­pre peggio.

Così andrebbe inter­pre­tato il dato sui lavo­ra­tori inat­tivi: +53 mila per­sone a set­tem­bre. Il tasso di inat­ti­vità è pari al 35,8% in aumento di 0,2% cau­sato del primo calo tra gli occu­pati gio­vani (-11 mila). Que­sto signi­fica che, pur avendo cer­cato lavoro nel peri­me­tro del lavoro povero e pre­ca­rio, que­ste per­sone si sono arrese. Su base annuale, il tasso di inat­ti­vità è calato (-39 mila per­sone). I dati con­fer­mano una ten­denza: le poli­ti­che occu­pa­zio­nali non creano nuovo lavoro, tra­sfor­mano solo i con­tratti esi­stenti in altre tipo­lo­gie che ven­gono poi rin­no­vate infi­nite volte. Que­sta è la «sta­bi­lità» occu­pa­zio­nale. Molto pre­ca­ria, in realtà.

Par­liamo di «cre­scita» 

Si dice che ci sia la cre­scita. Esi­ste, ma è neces­sa­rio capire di quale natura sia. Le stime dell’Istat regi­strano un decre­mento minimo del tasso di disoc­cu­pa­zione (-0,1%), pari all’11,8%. Nell’ultimo anno le per­sone occu­pate sono aumen­tate di 192 mila unità (+0,9%), men­tre è calata la disoc­cu­pa­zione gio­va­nile al 40,5% (-0,2%). Sono noti­zie posi­tive, e come tali sono state accolte dalle fan­fare di Palazzo Chigi. Per Renzi basta vedere un segno più e tutto va bene. «Il Jobs Act ha creato oppor­tu­nità e posti di lavoro sta­bili. È la volta buona, l’Italia riparte. non dimen­ti­chiamo che era­vamo sopra al 13% di disoc­cu­pa­zione a livello gene­rale e oltre il 46% per i gio­vani. Sono per­cen­tuali e numeri, certo, ma sono anche per­sone, vite, fami­glie, destini»» ha detto. Il mini­stro del lavoro Poletti ha aggiunto: «C’è un miglio­ra­mento strut­tu­rale del mer­cato del lavoro».

In realtà è in corso una strut­tu­ra­zione del mer­cato sul modello del lavoro sta­bil­mente pre­ca­rio, non un suo «miglio­ra­mento». Almeno il 70% dei nuovi posti di lavoro è stato creato dal decreto Poletti che ha modi­fi­cato pro­fon­da­mente la disci­plina sui con­tratti a ter­mine, prima dell’approvazione del Jobs Act come ha osser­vato il segre­ta­rio con­fe­de­rale della Cgil, Serena Sor­ren­tino, secondo la quale «più che una mac­china da corsa il Jobs Act si con­ferma un’utilitaria che ha biso­gno di molta manutenzione».

La lenta, e ondi­vaga, cre­scita dell’occupazione con­ferma uno sce­na­rio gene­rale di sta­gna­zione. «Di que­sto passo – com­menta il cen­tro studi Adapt — si potrà tor­nare a livelli pre-crisi, se non vi saranno inci­denti di per­corso, intorno al 2020». Quanto alla dina­mica strut­tu­rale avviata dal Jobs Act fa que­sta valu­ta­zione: «Set­tem­bre ci ha ripor­tati alla dura realtà del mer­cato del lavoro ita­liano: su base annua, i con­tratti a tempo inde­ter­mi­nato cre­scono dello 0,8%, sem­pre distac­cati dall’aumento del 4,6% di quelli a tempo deter­mi­nato, la moda­lità pre­fe­ren­ziale con la quale assu­mono le imprese».

Emerge una foto­gra­fia par­ziale, ma effi­cace, degli effetti del Jobs Act: «A fronte di 790 mila con­tratti che hanno usu­fruito della decon­tri­bu­zione pre­vi­sta dalla legge di sta­bi­lità del 2015 sono solo 101 mila i posti di lavoro in più a tempo inde­ter­mi­nato – sostiene l’Adapt — Que­sti fondi sono stati quindi uti­liz­zati uni­ca­mente per con­ver­sioni e sulla base di una idea di sta­bi­lità che manca tanto nella legge quanto nella realtà del mer­cato del lavoro».

Il senso dell’inattività 

A set­tem­bre, al ter­mine del boom del lavoro sta­gio­nale estivo, si con­ferma la fles­sione degli effetti degli incen­tivi annun­ciata, qual­che tempo fa da Guglielmo Loy (Uil) che ieri ha indi­cato come «dram­ma­ti­ca­mente cri­tico soprat­tutto il fronte gio­va­nile che «con­ferma la man­canza di inter­venti mirati ai gio­vani che pur­troppo, non tro­viamo» nem­meno nella Legge di Sta­bi­lità». La «Garan­zia gio­vani» ha pro­dotto un numero vola­tile di tiro­cini e, visti gli sco­rag­giati, non pro­duce risultati.Con­fer­mato anche il diva­rio netto tra l’occupazione povera degli adulti e quella misera dei gio­vani. Ieri è stato lar­ga­mente cele­brato l’arretramento della loro disoc­cu­pa­zione dal 41,5 al 40%. Biso­gna inten­dersi: l’Italia supera la media euro­pea di disoc­cu­pa­zione gio­va­nile del 20%. Lo «sta­ti­sti­cal noise» pro­dotto da un lieve decre­mento non muta la strut­tura che si è for­mata dal 2008. Con­ti­nuare a farlo è una beffa per i ragazzi ita­liani. «Ser­vi­reb­bero delle poli­ti­che che creino posti di lavoro – sostiene Susanna Camusso, segre­ta­ria gene­rale Cgil — ma pur­troppo si è scelta ancora una volta la strada della ridu­zione fiscale a piog­gia». «I gio­vani ita­liani che hanno perso le spe­ranze di poter tro­vare un impiego sono 22 mila in più — fa notare Luigi Di Maio dei Cin­que Stelle — Strano ma vero e c’è anche chi festeg­gia. Que­sta è la dit­ta­tura dell’ottimismo».

In un inter­vento all’assemblea dell’Anci il pre­si­dente della Repub­blica Mat­ta­rella ha denun­ciato gli «inso­ste­ni­bili indici di disoc­cu­pa­zione che assu­mono tal­volta carat­teri di emer­genza». Un giorno toc­cherà sta­bi­lire anche l’indice dell’insostenibilità del lavoro povero, inter­mit­tente e senza garanzie.