di Barbara Mangiapane, Resp. Org. e Tesseramento – Partito dei Comunisti Italiani Lucca e Versiglia
Lo scorso 25 maggio a Massarosa la Federazione della Sinistra della provincia di Lucca ha organizzato un’iniziativa pubblica per dire No alla controriforma del lavoro in discussione in questi giorni in Parlamento, una controriforma volta a scardinare l’ultima garanzia dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici.
L’incontro pubblico ha segnato un’ulteriore tappa nel percorso di mobilitazione della Federazione provinciale in difesa dell’articolo 18 e per la sua estensione a tutti i lavoratori, in particolare precari: la campagna di raccolta firme promossa su tutto il territorio nazionale dalla Federazione della Sinistra e la straordinaria partecipazione alla manifestazione contro il governo Monti “Gridiamoglielo in piazza! Art. 18 L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro” del 12 maggio scorso a Roma, sono state propulsive per la serata massarosese.
Sono intervenuti, oltre al portavoce provinciale della Federazione della Sinistra, Mario Navari e al segretario della sezione dei Comunisti Italiani di Massarosa, Silvano Simonetti, il segretario provinciale della FIOM CGIL, Massimo Braccini, il responsabile nazionale Politiche Industriali di Rifondazione Comunista, Alessandro Favilli, ed il responsabile nazionale Lavoro di massa del Partito dei Comunisti Italiani, Fosco Giannini.
Simonetti e Navari, nell’introdurre il dibattito, hanno sottolineato la significativa presenza di esponenti dell’Assemblea 29 giugno, associazione nata a seguito della strage di Viareggio della quale ricorre a breve il 3° anniversario, e l’importante lotta per il reintegro di Riccardo Antonini, dipendente di RFI, ingiustamente licenziato per il suo impegno a fianco dei familiari delle vittime della strage. È anche e soprattutto in queste azioni concrete, hanno detto i due segretari, che si misura il valore della lotta per la difesa dell’articolo 18 nell’attuale contesto di repressione politica e di sfruttamento dei lavoratori e delle lavoratrici.
Massimo Braccini, nella sua qualità di segretario provinciale della FIOM CGIL, ha descritto la grave situazione di crisi nella quale versa il comparto metalmeccanico lucchese e versiliese, sottolineando con amarezza come la latitanza delle istituzioni e della politica, anche di sinistra, rappresenti un vulnus per l’azione sindacale che, pur nel rispetto dell’autonomia e dei ruoli reciproci, si trova priva di una sponda politica e istituzionale forte e credibile nelle innumerevoli vertenze che ormai deve fronteggiare.
Gli sforzi del sindacato e la presenza di un’imprenditoria “illuminata” hanno tuttavia consentito importanti avanzamenti nella contrattazione collettiva integrativa decentrata, avanzamenti che possono rappresentare un modello per l’azione politica e sindacale in tutta Italia.
Al di là della crisi economica, ha continuato Braccini, l’aspetto forse più grave è il significativo arretramento nei luoghi di lavoro della cultura dei diritti: sono ormai all’ordine del giorno abusi, vessazioni e sopraffazioni, segnali di un ritorno ad un clima culturale postbellico liberticida e ad un sistema di rapporti aziendali basati sulla paura.
Alessandro Favilli interviene in merito alla ventennale assenza di una politica industriale nel nostro Paese, una clamorosa lacuna strategica che ci ha fatto assistere impotenti alla dismissione del patrimonio industriale a beneficio della rendita parassitaria.
Il tessuto produttivo italiano è risultato così fortemente indebolito, divenendo terreno fertile per la speculazione, l’emorragia di posti di lavoro ha preso forme sempre più consistenti, mentre importanti risorse pubbliche sono state drenate verso sterili aiuti alle imprese, non inserite in un piano di sviluppo economico e industriale.
Favilli conclude il proprio intervento affermando quanto la difesa dell’articolo 18 e lo smantellamento della controriforma del mercato del lavoro siano discriminanti ai fini della definizione della politica di alleanza delle formazioni di sinistra, FdSX, SEL e IDV, con particolare riferimento ai rapporti con il Partito Democratico, che da un lato annovera fra i propri leader i principali sostenitori dell’abolizione dell’art. 18, e dall’altro si è accontentato del falso e deleterio compromesso sulla “manifesta insussistenza” della motivazione economica del licenziamento.
Fosco Giannini colloca il proprio intervento sull’articolo 18 e sui diritti dei lavoratori nel più ampio contesto economico e politico internazionale caratterizzato da un’aspra competizione fra poli imperialisti, sia in ascesa che in declino, che spiana la strada a pulsioni autoritarie e repressive e a politiche economiche di sfruttamento. In questa fase storica l’Europa sembra costituire più un campo di battaglia, quasi una preda da saccheggiare per i competitors internazionali, che un vero e proprio contendente alla pari degli altri.
Dopo una descrizione delle dinamiche della crisi e delle sue ripercussioni in termini di politiche economiche e sociali profondamente inique, la riflessione di Giannini si concentra sulle recenti elezioni politiche ed amministrative in Europa: la netta sconfitta delle forze neoliberiste e delle loro sterili e asfittiche politiche di rigore può rappresentare un punto di svolta per l’azione della sinistra e dei comunisti in Europa.
Significativo il passaggio sulla Grecia e sulla posizione del partito comunista greco: non possiamo comprendere fino in fondo la sofferenza del popolo greco, come possiamo pensare di dare giudizi tranchant, oltre che offensivi, sulla posizione del KKE. Noi dobbiamo avere, naturalmente, la nostra linea nazionale, la nostra analisi e la nostra proposta sociale e politica per le condizioni oggettive del nostro Paese. Ma credo che non dobbiamo demonizzare né dare lezioni ad altre forze comuniste, compreso il KKE. Peraltro,siamo così sicuri che nel precipitare degli eventi l’uscita dalla zona euro non possa rappresentare , non solo per la Grecia, ma anche per altri paesi, un’opzione di cui tener conto? Solo il dispiegarsi degli eventi ce lo dirà. Per ora, ogni forza comunista svolge il proprio compito, dentro il quadro sociale e politico in cui si trova ad operare…d’altra parte è il vecchio ma sempre attuale insegnamento di Togliatti: unità nella diversità.
Anche le elezioni amministrative in Italia possono segnare un’inversione di tendenza, se nella Federazione della Sinistra arginiamo le posizioni massimaliste e settarie e riusciamo a far prevalere la spinta all’unità di azione con le forze democratiche e di sinistra.
Da un punto di vista politico-elettorale il dato più rilevante è sicuramente il fallimento del progetto di costituzione del “partito della BCE”, a seguito del mancato sfondamento del Terzo Polo di Fini e Casini; al tempo stesso, crollano PDL e Lega, si affermano astensionismo e movimento 5 stelle, SEL e IDV risultano fortemente ridimensionati, mentre Federazione della Sinistra e Partito Democratico mantengono le proprie posizioni.
Oltre al mutato e mutevole contesto politico ed elettorale sopra descritto, la Federazione della Sinistra, nel definire la propria azione politica, deve tenere in considerazione due elementi di carattere politico – culturale:
1. l’attacco senza precedenti nella storia repubblicana alla tenuta democratica del Paese;
2. il carattere essenzialmente passivo e subalterno del senso comune del popolo italiano, in base al quale il potere ha gioco facile nel far credere impensabile un’alternativa di sistema.
La tenuta democratica del nostro Paese è stata ulteriormente minata dall’attacco sferrato all’ultima garanzia dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici, l’articolo 18: il tassello di un puzzle più ampio di restrizione dei diritti sociali ed economici del quale fanno parte la riforma delle pensioni e la coperta sempre più corta degli ammortizzatori sociali. Dopo l’attacco alla libertà d’informazione, dopo il “golpe silenzioso” pilotato dalla BCE e dal FMI e rappresentato dall’avvento del governo Monti e dal ruolo anomalo svolto dal Capo di Stato, come possono un uomo e una donna nel nostro Paese sentirsi veramente liberi nell’agire i propri diritti civili e politici venendo meno appunto le ultime tutele sociali ed economiche?
Per questi motivi la mobilitazione che si è avuta nelle settimane scorse in difesa e per l’estensione dell’articolo 18 continuerà anche dopo l’ormai probabile approvazione della controriforma da parte del Parlamento con l’immediato avvio della raccolta firme per l’indizione del referendum abrogativo.
Inoltre, senza una chiara e coraggiosa politica economica di sinistra e comunista non è pensabile trovare una via d’uscita alla crisi che tuteli i diritti dei lavoratori e crei posti di lavoro. Non dobbiamo temere di chiedere la nazionalizzazione delle attività economiche strategiche per l’Italia e lo sviluppo di una politica industriale pubblica su larga scala.
Al termine dell’intervento, Giannini richiama Palmiro Togliatti e la svolta di Salerno del 1944, invitando militanti e dirigenti della Federazione a comprenderne il significato autentico affinché l’azione dei comunisti oggi possa essere rilanciata in modo non avulso dalle dinamiche materiali e reali: nel ’44 i comunisti italiani erano poco più di 10.000, una sparuta minoranza che tale sarebbe rimasta se nella classe dirigente di allora fosse prevalso il massimalismo e non avesse invece vinto la linea dell’alleanza antifascista per il sostegno al governo Badoglio. Togliatti aveva inoltre compreso quanto il fascismo avesse messo radici profonde nella società e nel senso comune italiano e solo la nascita di un forte partito comunista di massa, come infatti è stato il PCI nel dopoguerra con i suoi milioni di iscritti e il suo forte radicamento territoriale, avrebbe potuto arginarne le conseguenze sul piano politico ed istituzionale.
Il ruolo dei comunisti nell’attuale fase storica pertanto non può che essere quello di spingere con forza per l’unità dei comunisti, senza la quale è impensabile una qualsiasi forma di rappresentanza politica del mondo del lavoro ed uno sviluppo forte della lotta di classe, e promuovere l’unità di azione delle forze di sinistra, SEL e IDV, nei confronti del Partito Democratico al fine di sottrarlo all’egemonia neoliberista della propria minoranza interna e costruire un’alleanza che argini la deriva antidemocratica in Italia.