di Giorgio Langella
Dal 1° gennaio al 15 marzo del 2016, i morti per infortuni sui luoghi di lavoro sono 103. Con i decessi sulle strade e in itinere si superano i 200 morti complessivi. I morti sui luoghi di lavoro per regione sono: Veneto 9, Toscana 9, Sicilia 7, Piemonte 7, Emilia-Romagna 7, Puglia 6, Trentino-Alto Adige 5, Sardegna 5, Marche 5, Lazio 5, Lombardia 5, Campania 4, Umbria 4, Abruzzo 3, Calabria 2, Liguria 2, Friuli-Venezia Giulia 1, Molise1. I lavoratori morti sulle autostrade, all’estero e in mare non sono segnalati a carico delle province.
(fonte Osservatorio indipendente di Bologna http://cadutisullavoro.blogspot.it)
Mentre la “grande” informazione nazionale parla e scrive delle primarie PD più o meno taroccate, delle polemiche nel centro-destra per l’individuazione del sindaco di Roma e se una futura mamma può esercitare il ruolo di sindaco, del figlio di Vendola e dello “scandalo” dato da un film di animazione dove il panda protagonista ha “due papà” … una coltre di silenzio continua ad avvolgere le cosiddette “morti bianche”.
Le morti sul lavoro non sono un’emergenza, sono una strage continua che si è trasformata in qualcosa di “normale” anche grazie alla mancanza di informazione. Chi muore di lavoro e sul lavoro “non fa notizia” e per qualcuno (o tanti) è meglio non sapere e non capire che, in Italia, nei luoghi di lavoro di un paese così “civile e progredito” come il nostro, di lavoro e sul lavoro si muore sempre di più. Un massacro che non può essere (e, infatti, non lo è) né effetto di un tragico caso né frutto di un crudele destino.
La mancanza di sicurezza nel lavoro è una scelta di sistema che serve a ottenere sempre maggiori profitti. Anche lo smantellamento della Costituzione con l’indecente introduzione in essa della norma che prevede il pareggio di bilancio (art. 81) approvata a grandissima maggioranza dai due rami del parlamento contribuisce a cancellare di fatto il diritto a un lavoro sicuro e giustamente retribuito rendendo la vita stessa sempre più precaria.
Si faccia informazione, si diffondano le notizie sui caduti sul lavoro, si squarci il velo che nasconde questa tragedia. E si lotti perché il lavoro torni ad essere il primo diritto costituzionale e non un costo, come lo considerano “lorpadroni”.