CHI SIAMO, COSA VOGLIAMO
Siamo lavoratrici e lavoratori della ristorazione bolognese: siamo baristi, camerieri, lavapiatti, aiuto cucina.
Abbiamo deciso di organzzarci contro le condizioni di lavoro che vi sono oggi a Bologna, ci organizziamo per cambiarle.
Vi sono locali che usano immigrati come lavapiatti, senza pagarli: questi lavoratori fanno qualche giorno di prova e via, avanti un altro, l’unica paga è un piatto di minestra prima di iniziare il servizio.
Altri locali fanno un uso massiccio del lavoro nero, pagato 4-5 euro all’ora, a volte meno.
Atri locali – per essere in regola se c’è un controllo – fanno un uso massiccio dei contratti a chiamata, contratti che rendono legale il lavoro nero: si attiva un contratto a chiamata, in un mese si segnano 1/3 delle ore effettivamente lavorate (a volte meno) e a fine mese si danno stipendi medi di 8-900 euro, compresivi di numerose ore di straordinario.
Quando dei lavoratori accettano queste condizioni significa che il bisogno di lavoro è tanto e che tali lavoratori si sentono soli: soli di fronte al bisogno del lavoro e soli di fronte a certi sfruttatori di mandopera, prendono quel che c’è.
Nella ristorazione bolognese il tasso di sindacalizzazione rasenta lo zero.
Questa è purtroppo la fotografia reale dell’esistente, a Bologna, nel 2011.
LAVORO A CHIAMATA, LAVORO NERO E SCHIAVISMO
I “lavoratori a chiamata” non possono superare, per legge, il 20% del totale dei dipendenti. Non è così nella reltà.
Vi sono gestori di locali che attivano contratti a chiamata all’80% dei dipendenti, segnando meno ore di quelle effettivamente lavorate: in questo modo sono “in regola” se arriva un controllo dell’ispettorato del lavoro.
Questi “contratti a chiamata” nei fatti sono una semplice legalizzazione del lavoro nero, retribuito 4-5 euro all’ora: per questi lavoratori non vi è tredicesima, quattordicesima, TFR, malattia, contributi previdenziali, tutte cose previste dal Contratto Nazionale del commercio.
Per ogni” lavoratore a chiamata” il gestore del locale risparmia 15-20mila euro all’anno: vi sono locali con 10 dipendenti che risparmiano 150-200mila euro all’anno, una cifra ghiotta, troppo ghiotta. Questi “sfruttatori di manodopera” ogni anno si mettono in tasca 150-200mila euro ‘rubandoli’ dalle buste paga dei propri dipendenti.
Nei fatti il Contratto Nazionale è già stato abolito.
In alcuni casi si sta reintroducendo un vero e proprio schiavismo: vi sono lavapiatti, spesso immigrati,che vengono pagati con un piatto di minestra!
GESTORI SANI, SFRUTTATORI E CONCORRENZA SLEALE
Bologna è sempre stata una città nella quale il Lavoro era tutelato: lo era nei diritti, lo era nel salario percepito, lo era nella sua dignità.
Solo 5 anni fà nella ristorazione bolognese non vi era un tale livello di sfruttameto del Lavoro, chi era capace di lavorare trovava lavoro, con tanto di contratto: in soli 5 anni si sono costruite condizioni di lavoro selvagge, nel silenzio delle organizzazioni sindacali, delle organizzazioni di categoria, delle istituzioni cittadine.
A Bologna vi sono ancora numerosi gestori di locali – bar, ristoranti, pub – che si rifiutano di trasformare il Lavoro in schiavismo a chiamata, hanno scelto di fondare le proprie aziende sul rispetto del Lavoro: sono aziende sane, producono posti di lavoro e producono utili per i gestori.
Sono la parte sana della ristorazione bolognese.
Queste aziende subiscono oggettivamente una concorrenza sleale: è difficile mantenere i propri clienti quando i locali vicini, attigui, vendono gli stessi prodotti a prezzi dimezzati, scaricando i mancati incassi sui propri dipendenti, pagati un terzo di quanto prevede il Contratto Nazionale.
Di questo passo vi sarà la definitiva affermazione del Lavoro sottopagato e la chiusura dei locali che rispettano il Contratto Nazionale del commercio: oggi succede nella ristorazione bolognese, domani succederà in tutti i settori produttivi.
Chiediamo ai sindacati, alle associazioni di categoria, alle istituzioni cittadine di tutelare e sostenere la parte sana della ristorazione bolognese, chi ci guadagnerà è il tessuto sociale della nostra città: quando padri o madri di famiglia guadagnano 8-10mila euro all’anno si abbruttiscono le relazioni sociali, si abbruttisce l’intera comunità cittadina. Il Lavoro povero impoverisce l’intera società.
LA RENDITA IMMOBILIARE A BOLOGNA: STROZZINAGGIO PER I LOCALI, STROZZINAGGIO PER I LAVORATORI
Attraverso un’inchiesta empirica, fatta sul campo, è risultato che tantissimi locali di Bologna spendono più euro per l’affitto del locale che non per i salari dei propri dipendenti.
L’affitto di una casa in cui vivere spesso supera lo stipendio di un lavoratore.
I costi degli affitti colpiscono sia le attività economiche, sia i lavoratori: gli affitti a Bologna hanno raggiunto un livello da vero e proprio strozzinaggio!
Sino al 1992 in Italia vi era l’equo canone, l’affitto non poteva superare una soglia stabilita dalla legge: un lavoratore poteva permettersi una casa in affitto, un commerciante poteva permettersi di pagare l’affitto del proprio locale.
Chiediamo alle istituzioni cittadine, ai sindacati, alle associazioni di categoria di mobilitarsi contro la rendita immobiliare a Bologna: i padroni del mattone stanno derubando le aziende e i lavoratori.
ISPETTORATO DEL LAVORO, ISPETTORATO POPOLARE
Tali condizioni di lavoro nella ristorazione bolognese sono possibili per una ragione elementare: l’ispettorato del lavoro non fa il suo dovere.
Non è difficile capire quali sono i locali che usano lavoro nero o abusano dei contratti a chiamata, il problema è che non vi sono controlli.
Noi sappiamo quali sono questi locali, vi abbiamo lavorato.
Tali locali saranno segnalati all’ispettorato del lavoro e alle organizzazioni sindacali. Davanti a questi locali saranno organizzate iniziative per spiegare ai clienti il trattamento economico riservato ai dipendenti: saranno i clienti a decidere se continuare a lasciarci i propri soldi oppure se spenderli altrove.
I NOSTRI OBIETTIVI
Vogliamo affermare la dignità del Lavoro.
Vogliamo difendere la parte sana della ristorazione bolognese, vogliamo stabilizzare il lavoro precario.
Vogliamo espellere dal territorio bolognese le aziende che trasformano il Lavoro in schiavismo a chiamata: chi lo fà subirà un danno economico maggiore di quanto risparmia utilizzando i “contratti a chiamata”, già oggi stiamo ricevendo solidarietà e sostegno da tanti clienti che abbiamo servito. Questi locali devono essere posti di fronte a un’alternativa: chiudere o stabilizzare i dipendenti. Sarà resa pubblica la lista di questi locali.
Quello che chiediamo è il rispetto del Contratto Nazionale di lavoro, accettare l’esistente significa accettare il continuo peggioramento delle nostre condizioni di lavoro.
Siamo determinati, perchè non siamo più disponibili a lavorare senza diritti e per 4-5 euro all’ora , con tali salari è semplicemente impossibile vivere.
Chiediamo adesioni e sostegno alle organizzazioni sindacali, alle organizzazioni di categoria, alle organizzazioni politiche, alle istituzioni cittadine.
per adesioni : [email protected] – [email protected]