Ancona: PdCI a fianco degli operai del cantiere navale

di Fabio Pasquinelli, Segretario Federazione provinciale PdCI Ancona

 

fincantieri ancona-w300Il cantiere non si tocca, difendiamolo con la lotta! Con queste parole d’ordine la Federazione provinciale del PdCI e la Sezione di Ancona “Tina Modotti” sono scese in piazza sabato 21 gennaio a sostegno della lotta degli operai Fincantieri.
Alla manifestazione hanno partecipato, oltre che decine di militanti del PdCI da tutta la provincia anconetana, i lavoratori ed i delegati sindacali del cantiere navale, i rappresentanti della sinistra nelle istituzioni locali, gli esponenti dei movimenti, dei comitati e dell’associazionismo, ma soprattutto molti cittadini, famiglie e lavoratori. Tutti i partecipanti hanno ringraziato gli operai del cantiere per la loro coraggiosa e generosa lotta, ma soprattutto ne hanno colto il valore esemplare e sostenuto la generalizzazione per quanto riguarda le altre vertenze industriali, le lotte studentesche e di genere, la difesa dei beni comuni, l’opposizione sociale e politica alle manovre liberiste, imposte mediante il ricatto del debito pubblico dall’Unione Europea e dal capitalismo finanziario.
Nella piazza centrale di Ancona è stato esposto un grande striscione di dieci metri con il simbolo dei Comunisti Italiani e lo slogan della manifestazione, quindi si sono susseguiti molti interventi da parte dei soggetti intervenuti, tra i quali il delegato sindacale del cantiere navale Pierpaolo Pullini, il consigliere regionale della Federazione della Sinistra ed ex presidente dell’Assemblea legislativa delle Marche Raffaele Bucciarelli e l’assessore provinciale del PdCI Carla Virili. Gli interventi, molto interessanti e densi di contenuti, sono avvenuti di fronte alle telecamere della Rai ed ai giornalisti inviati dalla stampa locale.
Durante la manifestazione sono stati distribuiti, inoltre, centinaia di volantini del Partito e molte copie de “Il Faro”, comunicato stampa periodico della locale sezione del PdCI.

 

Nei giorni in cui veniva decisa la manifestazione, la situazione del cantiere navale di Ancona si presentava drammatica, in quanto anche la giunta regionale delle Marche ed i sindacati Fim-Cisl e Uilm-Uil si erano schierati con il ricatto dell’amministratore delegato Bono: lavoro solo se si accettavano più di duecento esuberi, cioè licenziamenti di massa. La Fiom-Cgil, al contrario, non si è piegata a questa soluzione iniqua e contraddittoria, non ha firmato l’accordo separato del 21 dicembre 2011 ed ha intensificato le proprie iniziative di lotta: manteneva il presidio permanente di fronte ai cancelli del cantiere, continuava la protesta nelle sedi istituzionali e portava nuovamente e ripetutamente i lavoratori in piazza, ad esprimere la loro collera nei confronti dei vertici aziendale, delle istituzioni regionali e nazionali, dei sindacati complici del ricatto padronale.
Grazie alla resistenza, alla tenacia, alla coscienza ed alla generosità di questi lavoratori; grazie alla linea coerente della Fiom; grazie alla capacità di questo sindacato e dei suoi dirigenti, primo fra tutti il segretario Giuseppe Ciarrocchi, di organizzare e dirigere una lotta difficile ma determinante per i destini del lavoro in questa città, il 18 gennaio scorso è stato raggiunto un accordo sindacale significativamente avanzato, in relazione agli attuali rapporti di forza tra capitale e lavoro e con riferimento al quadro economico ed industriale che si prospetta. In questo accordo si prevede la riapertura del cantiere ed almeno una nave da costruire, la mobilità volontaria per non più di sessanta dipendenti, mitigata da un piano di prepensionamento, e la riduzione del ricorso al lavoro appaltato per garantire la massima occupazione dei lavoratori Fincantieri. È stata una vittoria importante di tutti gli operai del cantiere e della Fiom, è stata una vittoria storica per tutta la città di Ancona.
Se questo accordo, tuttavia, è condizione necessaria affinché il cantiere navale oggi non chiuda i battenti ed i lavoratori possano tornare a svolgere il loro mestiere, per la sua natura difensiva e con riferimento alla condizione generale di Fincantieri, non è condizione sufficiente a garantire domani l’esistenza della cantieristica navale in Italia.

 

Dopo l’introduzione della segretaria della Sezione PdCI di Ancona Loretta Boni, che ha salutato con soddisfazione, in una piazza ormai piena, l’accordo sindacale raggiunto due giorni prima ed espresso il ringraziamento di tutto il Partito nei confronti degli operai del cantiere, è intervenuto il delegato sindacale Fiom del cantiere Pierpaolo Pullini, il quale ha ripercorso i mesi di dura lotta, ha esposto le rivendicazioni degli operai ed ha confermato la linea del sindacato di classe, il quale non accetterà mai condizioni inique, lesive dei diritti e dell’uguaglianza dei lavoratori.
La lotta dei lavoratori paga, anche quando gli stessi sono abbandonati dalle istituzioni: questo è ciò che la vertenza Fincantieri ha insegnato – ha ribadito il sindacalista -, ma ha insegnato anche che l’unità è un valore fondamentale e una condizione imprescindibile per raggiungere degli obiettivi comuni.
La dirigenza aziendale, i sindacati complici e la giunta regionale hanno cercato di dividere i lavoratori all’interno del cantiere, di dividerli tra cantiere e cantiere, ma la Fiom è stata in grado di mantenere la linea e l’unità, gli operai hanno accettato di rischiare ed hanno saputo soffrire e combattere fino alla vittoria. Una vittoria che, sebbene parziale, rappresenta un punto di svolta e di ripartenza per avanzare sul piano dei diritti e delle rivendicazioni economiche, sul campo delle lotte sociali più generali che stanno crescendo diffusamente nel paese.
La caratteristica più importante della lotta dei lavoratori del cantiere è determinata dalla volontà e dalla coscienza di battersi non solo per i propri legittimi interessi, ma per i diritti di tutti i lavoratori, di tutti i cittadini. Per questa ragione sono emblematici gli scioperi del cantiere, non contro le ditte ed i lavoratori in appalto, ma per l’estensione a questi lavoratori degli stessi diritti e degli stessi salari applicati agli operai Fincantieri.

 

Il compagno Raffaele Bucciarelli, in qualità di rappresentante regionale della Federazione della Sinistra, ha ricordato le iniziative politiche a sostegno della vertenza degli operai Fincantieri ed ha sottolineato la difficoltà di incidere in una situazione di isolamento istituzionale delle forze della sinistra ed in particolare dei comunisti. In seguito alla posizione assunta dall’assessore regionale al lavoro, favorevole all’accordo del 21 dicembre sui licenziamenti in cambio di un’incerta commessa, ed alla luce dell’accordo ben più avanzato sottoscritto dalla Fiom, il consigliere regionale ha annunciato di aver inoltrato una mozione di sfiducia nei confronti dell’assessore, chiedendone le dimissioni dall’incarico.
Infine, ricordando l’anniversario della fondazione del Partito Comunista che ricorreva proprio il 21 gennaio, è stata ribadita la necessità che a fianco dei lavoratori in lotta, dei movimenti sociali e dei sindacati di classe, si ricostruisca un partito comunista capace di elaborare un programma politico avanzato, in grado di guidare unitariamente e tradurre politicamente le lotte sociali e funzionale a promuovere l’unità della sinistra, per tornare a pesare nelle istituzioni, opporsi efficacemente al capitalismo ed alle politiche liberiste, conquistare il governo del paese e delle istituzioni territoriali.

 

L’assessore provinciale Carla Virili ha sottolineato la necessità di coniugare questa lotta esemplare, la lotta per il lavoro e per i diritti dei lavoratori, con le altre istanze sociali quali la difesa dei beni comuni e dei servizi pubblici, la difesa della scuola e della sanità pubbliche, la tutela dell’ambiente, la difesa della democrazia e della Costituzione antifascista.
Al termine del suo intervento ha preso la parola il sottoscritto che, in qualità di segretario provinciale del PdCI, ha concluso la manifestazione, ringraziando nuovamente gli operai del cantiere e confermando loro la solidarietà del Partito ed il sostegno politico alla Fiom-Cgil.
In particolare nell’intervento conclusivo è stato specificato il significato e lo scopo dell’iniziativa, la vicenda del cantiere è stata collocata in un contesto più ampio ed è stato definito il ruolo del Partito nella costruzione dell’opposizione sociale e politica al governo.

 

È inammissibile che il ministro Passera, così come i suoi predecessori, si rapportino con la società pubblica Fincantieri da mediatori, da parti terze, e non da titolari della facoltà di decidere cosa fare, sia direttamente, rimuovendo i vertici aziendali ed investendo in ricerca ed in progettazione navale; costruendo sinergie tra la Fincantieri e le società pubbliche e private di trasporto marittimo e produzione energetica; sia indirettamente, attuando scelte di politica economica finalizzate al potenziamento del trasporto navale, alla produzione di energia in mare, al finanziamento della ricerca universitaria e ad accordi con stati esteri in materia di forniture navali ad uso civile.
Il governo, una volta cacciati i vertici di Fincantieri senza alcuna buona uscita milionaria – in quanto dovrebbero essere gli imprenditori ed i manager buoni solo a delocalizzare, licenziare ed evadere le tasse a risarcire lo stato ed i lavoratori -, dovrebbe predisporre un piano di rilancio della cantieristica navale pubblica, finalizzato non solo a tenere in vita i cantieri navali e salvare i posti di lavoro, ma anche a rilanciare complessivamente l’economia nazionale.
In verità non c’è nessuna intenzione del governo di investire sulla cantieristica navale pubblica, così come non c’è nessuna intenzione di intervenire direttamente nell’economia, nell’industria e nel sistema di credito (fatta eccezioni per i soldi regalati a banche ed imprese), al fine di sostenere la crescita complessiva del paese. Le uniche soluzione prospettate dal governo Monti rappresentano cure più gravi e nocive della malattia: distruzione dello stato sociale e del sistema pensionistico pubblico, politiche inflattive e recessive, aumento della pressione fiscale sui ceti medi e sui lavoratori subordinati, svendita dei beni e dei servizi pubblici, maggiore precarizzazione del lavoro ed ulteriore compressione dei diritti dei lavoratori.
La manifestazione di Ancona, quindi, è servita, oltre che per invitare tutte le forze politiche e sociali, tutta la società civile a sollevarsi al fianco degli operai dell’Arsenale, anche per indicare una politica economica e sociale alternativa, per dire basta alle politiche liberiste che da anni affamano le classi popolari ed ingrassano i banchieri ed i grandi imprenditori.

 

Il capitale, infatti, mediante la speculazione finanziaria ed il ricatto del debito pubblico, sta dettando ai governi europei, nelle situazioni più critiche direttamente commissariati da direttòri tecnocratici, le misure per superare la crisi economica che lo stesso capitalismo ha causato, riproponendo le stesse misure liberiste che hanno smantellato lo stato sociale, censurato la pianificazione e l’intervento pubblico e ridotto drasticamente i diritti dei lavoratori. La ricetta è sempre la stessa: l’esproprio proprietario della ricchezza mediante la privatizzazione dei profitti e la socializzazione delle perdite.
Le delocalizzazione delle unità produttive nelle aree dove il costo del lavoro è minore ed i diritti dei lavoratori praticamente assenti, il tentativo velleitario di aggredire i mercati mondiali emergenti oltre la stagnazione europea, l’esportazione dei capitali nei paradisi fiscali, il tutto con la complicità dei governi nazionali e regionali che si sono susseguiti negli ultimi anni, sono la causa di una crescente desertificazione industriale e disoccupazione di massa.
Il piano interno all’Europa di ristrutturazione capitalistica prevede essenzialmente tre misure, da imporre limitando al massimo il controllo democratico e violando la volontà popolare: privatizzazione dei beni comuni e dei servizi pubblici, dismissione dell’industria strategica pubblica e smantellamento dei diritti dei lavoratori. Con la prima e la seconda misura il capitale si assicura grandi rendite da reinvestire nella finanza internazionale, con la terza un profitto maggiore ed un dominio assoluto sulla vita dei lavoratori.
Questo piano eversivo necessita dell’annullamento delle garanzie democratiche e della complicità di parlamenti servi e governi tecnici, si concretizza nella distruzione de facto dello Statuto dei lavoratori e della Costituzione italiana.

 

Per questo la lotta dei lavoratori del cantiere navale è un fatto in controtendenza, rappresenta la scintilla di un movimento più grande per la difesa e l’estensione dei diritti sociali, diventa il momento nel quale si evidenzia non solo la compatibilità, ma soprattutto la necessaria complementarità, tra intervento pubblico e crescita, tra pianificazione generale e sviluppo economico, tra ricerca scientifica e competitività, tra diritti sociali e lavoro, tra reddito e produttività, tra democrazia sostanziale – oltre che formale – e pace sociale.
Il cantiere navale di Ancona è un vettore di sviluppo economico e di lavoro: è un pezzo di futuro. Il cantiere è una risorsa insostituibile per la vitalità della città e della provincia di Ancona, di tutta la regione Marche. In ogni stabilimento Fincantieri collocato nel territorio nazionale c’è il futuro dell’Italia intera.
Oggi l’Arsenale è il simbolo dell’unità della classe operaia, dei movimenti di lotta e dell’opposizione sociale; con la manifestazione di sabato 21 gennaio il PdCI ha invitato la società civile anconetana e marchigiana a farlo diventare la fortezza dei diritti del lavoro, dei diritti di cittadinanza e della dignità che spetta ad ogni uomo e che ogni uomo, organizzandosi socialmente, deve difendere e riconquistare con l’unità e la lotta.

 

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