Referendum 4 sì e una bianca o nulla

speriamo che questo contributo di Ugo Boghetta possa aprire un dibattito sui quesiti referendari

di Ugo Boghetta

Si avvicina la data del voto per i 5 referendum: quattro contro alcune forme di precarietà e uno per dimezzare i tempi per poter chiedere la cittadinanza.

Per quanto riguarda i primi quattro alcuni (molti?) non andranno a votare per motivi quasi tutti ragionevoli ma sbagliati nella sostanza. Certo si possono fare tutte le critiche che si vogliono alla CGIL. Tanto più al PD che con la Sclhein vuole abrogare quanto promosso dallo stesso Pd ai tempi di Renzi. Tuttavia non si può addossare al sindacato tutta la colpa della precarietà. Certo, non l’hanno contrastata abbastanza, a volte l’hanno accettata, ma la causa prima sta nella politica e coinvolge quasi tutto i partiti. Che sono, del resto, facce della stessa politica liberista. Per altro, ancora una volta la Cgil e il Pd sono spaccati fra una componente moderata e una di destra. Situazione che viene da lontano. Basti ricordare Lama e la politica dell’Eur al tempo del Compromesso Storico. E lo stesso, insieme alla componente craxiana, si schierò contro il referendum sulla scala mobile voluto da Berlinguer. 

Bisogna tuttavia capire che un sindacato per agire in modo efficace e coerente ha bisogno di solide sponde politiche classiste. Queste oggi queste non ci sono. Il M5S è debole e ondivago. Del Pd non parliamo nemmeno. In buona sostanza non si può criticare la Cgil perché non è Solidarnosc: un partito travestito da sindacato, non a caso sostenuto dal Papa polacco e da tutto l’Occidente. 

Il problema vero è che la questione classista è il grande buco nero del nostro paese in questa fase. 

Ciò premesso, quando c’è un referendum l’importante non è chi l’ha proposto ma i suoi contenuti e le persone che si avvantaggerebbero dal risultato. Qui è in ballo la precarietà: il peggior veleno che riguarda il lavoro. Tutto il resto conta poco.

Certo, raggiungere il quorum non sarà facile dopo che la Corte Costituzionale ha impedito quello contro l’autonomia differenziata. Se ci fosse stato questo referendum il centro destra sarebbe stato costretto ad accettare lo scontro. Il quorum probabilmente sarebbe stato raggiunto e alcune norme inique abrogate. Ancora una volta emerge il fatto che è il quorum che innanzitutto andrebbe abrogato! Spero che qualcuno in futuro ci pensi.

Il risultato tuttavia indicherà la consistenza della contrarietà alla precarietà. Bisognerebbe tuttavia avere una strategia per continuare questa battaglia. E non lasciarla a iniziative sporadiche.

Il referendum sulla cittadinanza invece è la solita radicalata. Una questione che non può essere affrontata in questo modo. La cittadinanza è un tema delicato e complesso. Con essa si acquisiscono i diritti politici. Si diventa cittadini. E i cittadini devono essere coscienti del percorso storico, culturale, sociale, politico del paese in cui si vive. Conosco già l’obiezione ….. ma se anche gli italiani sono sempre più ignoranti! Questa non è un’obiezione valida. La situazione della scuola e della cultura generale del paese non è un destino ineluttabile ma è il frutto di precise scelte politiche. E aggiungere ignoranza a ignoranza non è una cosa buona. Da questo punto di vista lo ius scholae propone un approccio più condivisibile. Inoltre, il tema va visto anche nel contesto del più generale impatto dell’immigrazione all’interno e a livello internazionale. Cosa difficile perché a destra e a manca l’immigrazione viene utilizzata per interessi privatistici e a fini propagandistici. E questo è razzismo.

La questione, dunque, andrebbe inserita in percorsi più complessivi che tengano conto di tutti gli aspetti. 

In questo caso, per segnalare l’uso improprio del referendum e la complessità del problema, la cosa più opportuna è votare scheda bianca o nulla.

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