Tra Bersani e Quarto polo: si salvi chi può

di Bruno Casati | da www.esserecomunisti.it

si-salvi-chi-puo-300x200Pubblichiamo come contributo alla discussione

“Tu non comprendi le differenze”. Questa fu l’accusa più pesante che Gramsci, ai tempi del Congresso di Lione, rivolse a Bordiga che aveva il torto di collocare gli avversari politici tutti sullo stesso piano e, quindi, non si proponeva di individuare “il nemico principale” contro il quale allestire alleanze. Con l’ovvio senso delle proporzioni la stessa accusa può, oggi, essere rivolta a quanti, con aristocratico distacco, hanno guardato alle primarie del Centro-Sinistra sostenendo, da Sinistra, che “questa non è la nostra elezione”. Sbagliato: Renzi, Vendola, Bersani non sono la stessa cosa, anche se tutti si collocano, per ora, nella stessa carta d’intenti. E, inoltre, il quadro europeo è in movimento. Nei paesi del Sud-Europa, ad esempio, avanzano finalmente prime proposte di alternativa alle politiche di stabilità, in Francia è Hollande che si propone la nazionalizzazione della siderurgia. In Italia la scuola è in fermento, la CGIL non firma l’accordo sulla produttività, SEL raccoglie le firme sugli artt. 8 e 18 con l’IdV e la FdS.

Non è detto allora che con queste primarie, e poi con il voto, si decida solo chi gestirà al Governo l’Agenda Monti, con o senza Monti. Può succedere di tutto, anche che la carta d’intenti sia rovesciata, pertanto, non si commetta l’errore in cui anni fa incorse parte della Sinistra assumendo “Il teorema delle due Destre” ignorando lo stato reale delle cose. Intanto quasi 4 milioni di cittadini si sono messi in fila davanti ai 10 mila seggi aperti in Italia (di cui 120 solo in Milano città) per votare.

Così come, parallelamente, continua ad allungarsi la fila a sostegno dei referendum sugli artt. 8 e 18. Due belle prove parallele di partecipazione dettate dalla passione politica. Commette un grave errore chi le contrappone. Il popolo delle due file individua, contemporaneamente, nelle Destre il “nemico principale”. La politica “arte del possibile” è tale se si propone di connettere le due file. Ma dove è finita la politica?

Ora, al ballottaggio delle primarie del Centro-Sinistra, ha prevalso Bersani sostenuto da Vendola, nei confronti di Matteo Renzi, che aldilà dell’immagine giovanilistica e innovativa costruita di sé in rete e sui media, rappresenta la continuità secca dell’Agenda Monti o peggio. Bersani, premuto da Vendola (che, se non lo incalza da sinistra, può perdere SEL) ora dovrà guardare alle socialdemocrazie europee in movimento. In questo scenario si cerchi la risposta a tre domande.

La prima, ovvia: come faranno, dopo le elezioni politiche, Renzi e Bersani, che sono due progetti non complementari, a convivere nello stesso partito?

La seconda: non ci si rende conto che in Italia siamo, ormai, dentro un processo inarrestabile di scomposizione e ricomposizione delle forze politiche nate ventanni fa, dopo il terremoto “caduta del muro – Tangentopoli” e che questo processo – si veda lo sconquasso che sta provocando il ritorno di Berlusconi – sta investendo anche il pulviscolo delle Sinistre italiane?

La terza: non era allora opportuno che la parte più intelligente del pulviscolo, quella che comprende le differenze, entrasse in gioco, anche nelle primarie del Centro-Sinistra, anche se questo strumento non si colloca nelle tradizioni della Sinistra? E parliamo appunto di queste tradizioni e dello strumento primarie. Un tempo Armando Cossutta ebbe a definirle un’”americanata”. Non aveva torto, ma allora Rifondazione viaggiava verso le due cifre e il PDS, che ancora godeva inerzialmente del credito rilasciatogli dal PCI (per loro l’inerzia prosegue tuttora), avevano una autorevolezza conquistata sul campo che consentiva a questi partiti di scegliersi direttamente i candidati da collocare nelle istituzioni. A quel tempo la scelta competeva ai Comitati Centrali e a quelli federali, che poi prendevano in considerazione anche i famosi indipendenti. Non servivano le primarie a partiti che rappresentavano per davvero settori di società. Oggi che i partiti sono screditati ed esposti alle bordate populiste, ieri del Leghismo oggi del Grillismo di cui Renzi è un sottoprodotto elegante costruito in qualche laboratorio post-democristiano, le primarie sono diventate il campo di gioco in cui questi partiti cercano di conquistare la cosiddetta “Società Civile”. Ma sono un’occasione per fare politica, non l’unica sia chiaro. Se però vuol giocare bisogna scendere in quel campo e giocare, e taluno della Sinistra diventata pulviscolare lo ha fatto, restando di Sinistra. Se non lo si fa ci si relega al ruolo del guardialinee che sbandiera il fuori gioco altrui. Lasciando indifferenti tutti. “Il cane abbaia ma la carovana passa” ammonisce un proverbio arabo. Ma però c’è il quarto polo. Araba Fenice o realtà? Può essere, il quarto polo, un interessante progetto in cui convergere quanti oggi dissentono dal modello di Governo di Centro-Sinistra che Bersani, dopo le primarie, è autorizzato a incarnare. Ma, per ora, il progetto non esce dai convegni e dagli appelli.

Poteva essere progetto interessante nel caso in cui un’altra legge elettorale avesse consentito che il Governo si formasse dopo il voto, con il mandato di comporlo assegnato dal Presidente della Repubblica al leader del primo partito eletto. Ma non è così perché resta la vecchia legge che impone le coalizioni prima del voto e, per le piccole forze politiche, in questo quadro, o entri (se poi ti accettano) nell’alleanza “meno peggiore” o stai fuori per altri cinque anni. Oggi, nel quadro polarizzato, con Berlusconi che si è smarcato da Monti lasciando il cerino acceso nelle mani di Bersani e sottraendo a Grillo la titolarità della protesta, ha ancora senso un quarto polo?

Avrebbe senso, insisto, ma a due condizioni: se nello stesso convergessero l’IdV, il PdCI e De Magistris e se, seconda condizione questo aggregato (con i simboli dei partiti) convergesse a sua volta a sostegno della coalizione Bersani-Vendola.

Se non si va in questa direzione il rischio mortale lo corre Rifondazione Comunista: ed è il rischio dell’isolamento permanendo l’attitudine settaria di questo partito, almeno nella sua maggioranza, a correre solo o come “mosca cocchiera” di frammenti di Sinistra. Se “Cambiare si può”, è questo: si salvi chi può. Un buon segnale, se lo si vuole ascoltare, arriva invece dalla Lombardia, dove tutte le Sinistre, da SEL alla FdS, vanno unite in un patto civico, già alle primarie della coalizione che vuole girare pagina dopo il “ventennio breve” e devastante di Formigoni. E vanno alle primarie (anche se le primarie non sono, come detto e ridetto, nella nostra tradizione) a sostegno di una bella figura come quella di Andrea Di Stefano, economista ed opinionista di Radio Popolare che, tanto per mettere le cose in chiaro, alle primarie nazionali si è pubblicamente dichiarato per Bersani gettando nello sconcerto gli intellettuali del Quarto Polo. Vogliamo sperare che la giusta scelta che si sta facendo in Lombardia, che già dispone di una legge elettorale, porti un po’ di luce anche nel quadro nazionale così confuso in cui si può perdere la faccia andando al Governo come si può scomparire restandone fuori. Forse dovevamo “sparare sul quartier generale” un po’ prima di arrivare sul ciglio del baratro.