The big Family. La pista dei soldi dalla Lega a Finmeccanica, con sosta a Panama

di Anna Migliaccio, Comitato regionale PdCI Lombardia

bossi mauro“L’attività di lobbying ha una lunga storia ed è strettamente collegata con i valori della democrazia e del libero mercato. Di più, essa influenza e determina la sicurezza delle istituzioni democratiche, perché – in quanto correlata ai rapporti tra Stato, mercato e società civile – laddove essa è regolamentata, e quindi trasparente ed accettata, favorisce il processo di decisione e di mediazione degli interessi contrapposti, garantisce il ruolo e il diritto di un gruppo organizzato a rappresentarsi nei luoghi della decisione: le istituzioni nazionali, regionali o locali”. Leggiamo questo capoverso in Gnosis – Rivista italiana di Intelligence, ed in particolare in un articolo dedicato alle forniture militari negli USA come successo commerciale di Finmeccanica.

FINMECCANICA, holding di società controllate e Joint Ventures, cioè un insieme di Imprese collegate fra loro, con un rapporto di pubblico – privato tra i più pericolosi e in sè forieri di corruzione che il capitalismo abbia mai inventato: società partecipate, a capitale misto, pubblico – privato, con commesse che provengono quasi esclusivamente dal sistema pubblico, in questo caso, tra l’altro, uno dei più delicati, quello militare, dove le forniture si svolgono con appalti secretati e non certo con aste pubbliche. Società “private” nell’autonomia e nella ricerca del profitto, ma del tutto estranee, per loro natura, a concetti liberisti come concorrenza e libero mercato (nozioni per altro utopistiche nella quasi totale realtà economica). Società dove la politica ha titolo alle nomine, e dove il concetto di pubblico appare pervertito in quello che in questi giorni ci mostrano le rassegne stampa, con l’ultimo odierno scandalo che colpisce la Lega Nord: influenza di Partiti al potere, quando, guarda caso, si tratta di partiti espressione della borghesia e dei suoi interessi finanziari, nel girare denaro e commesse dalle istituzioni ai privati, in un circolo vizioso di interessi e di ritorni. In questo humus si muovono i faccendieri. Nel caso di Finmeccanica e delle sue controllate Selex, Alenia, Agusta ecc. si muovono su distanze intercontinentali, uomini come Lavitola, l’uomo di Panama, e Belsito, personaggi che non hanno alcuna qualifica tecnico – manageriale. Uno, Belsito, è addirittura il Tesoriere della Lega, ed è stato anche Sottosegretario, oltre che essere stato nominato nel CDA di Fincantieri (un’altra collegata). 

Da questo sistema provengono, nelle inchieste della Magistratura, i sospetti sulle presunte tangenti. Noi lasciamo che la Magistratura conduca il proprio lavoro, tra inchieste sulla Lega, sulla P3, e rogatorie internazionali, sui rapporti con la Svizzera e la vendita di armi all’India, e chissà che altro ancora, fino ad uno scandalo Loockheed prossimo venturo. 

Su tutto questo ci asteniamo, è evidente, da falsi scoop e giudizi frettolosi. 

Di considerazioni politiche, però, ci è concesso farne, e molte! 

Alla morte di Alcide De Gasperi, Palmiro Togliatti lo celebrava con un epitaffio poco lusinghiero, ricordando come egli avesse condotto una politica economica in continuità sostanziale con il corporativismo fascista, fatta di intervento regolatore dello Stato nell’economia attraverso il sistema delle partecipazioni statali, e come questo sistema fosse la causa prima di una diffusa corruzione e inefficienza, oltre che la ragione fondamentale del mancato sviluppo dell’economia italiana. Quel particolare rapporto tra pubblico e privato appariva come la ragione stessa della corruzione, la sua alimentazione costante. Questo è il punto, ancora oggi. La corruzione non è solo un fenomeno di rilevanza criminale, che è compito delle forze dell’ordine estirpare. Essa è piuttosto un effetto sistemico, che si origina dalla natura stessa delle politiche industriali. Sarebbe scandaloso affermare che nel campo delicatissimo dell’industria militare (campo da limitarsi allo strettissimo necessario, come andiamo predicando da tempo) la gestione debba essere pubblica in senso puro e totale? Sarebbe scandaloso dire che al posto delle partecipazioni è molto più efficiente ed efficace una gestione diretta e totale da parte dello Stato? Stiamo parlando di aziende che guadagnano moltissimo e che avevano potenzialità diverse da quelle militari. La privatizzazione non è stata un vantaggio per lo Stato ma una perdita di profitto che avrebbe potuto essere reinvestito negli investimenti pubblici. Non è forse la stessa fenomenologia che governa la sanità lombarda nel sistema lobbystico formigoniano con gli scandali che vanno via via emergendo, tra panfili, pappagalli di Don Verzè, e Memores dei Caraibi? 

Queste, in verità, sono le vere ragioni dell’impennarsi del debito pubblico e del fallimento degli Stati.

L’unico rimedio è riprendersi la cosa pubblica, nel senso autentico di proprietà partecipata dai cittadini, che ne sono i veri titolari. E non fa specie che la nostra Intelligence esprima invece l’orientamento americanizzante che abbiamo letto all’inizio, e cioè normalizzare i faccendieri, così da dare altro nome ai ritorni e alle spartizioni di profitti? Peggio ancora, affermare senza mezzi termini che di fatto le lobby diventano il sostituto dei Partiti (portatori di interessi contrapposti). 

Non sarebbe, quell’orientamento, il compito di un Partito politico? 

Che cos’è esattamente una lobby? questo dovremmo definire: un gruppo portatore di interessi economici particolari, cioè l’analogo di una Corporazione. 

Un tratto che partiti come la Lega possiedono, si può dire, nel proprio assetto ideologico fondamentale.

La invocata trasparenza delle lobby, se ne modifica la suscettibilità alle attenzioni del potere giudiziario, non ne modifica in alcun modo il ruolo nel processo economico: quel ruolo di freno, di aggravio, di mancato sviluppo economico, oggi come negli anni ’50.