#SvegliaItalia

bandiera rossa brandellidi Giorgio Langella

I titoli dei giornali sono del tipo: “L’arcobaleno riempie le piazze”; “Piazze gremite a Torino, Milano e Roma”; “Unioni civili, cortei in 98 città. Arcigay: un milione in piazza” …

Bene, anzi, molto bene … una pressione sul governo.

Ma è questa la sinistra che “alza la testa” che “sveglia l’Italia”? La mia riflessione è amara e non può essere che tale. Ci sono 62 personaggi che possiedono una ricchezza pari a quella della metà dell’intera popolazione mondiale (3,5 miliardi di persone). Tutto si fa e si accetta per il profitto di lorsignori. I lavoratori muoiono nelle fabbriche, nei cantieri, nei campi, nelle strade e si ammalano e muoiono perché le condizioni di lavoro sono sempre peggiori. E, quando succede la tragedia, c’è qualche trafiletto su qualche giornale, qualche sciopero nello stabilimento dove avviene il decesso, ma nessuna seria mobilitazione. La mancanza di lavoro e di un lavoro degno di questo nome è sotto gli occhi di quelli che vogliono vedere. Si lavora in maniera precaria e intermittente con il cosiddetto contratto stabile (con il quale puoi essere licenziato quando e come vuole il padrone) o con i voucher comprati in tabaccheria.

Si va in pensione sempre più tardi. Si continua ad assistere a guerre imperialiste (dal Donbass alla Siria, alla Libia, all’Iraq …) e solo poche migliaia di persone scendono in piazza a protestare. Ma nulla si muove perché la sinistra (in senso largo del termine), diciamolo con chiarezza, è in altre faccende affaccendata. Ha accettato il sistema capitalista o lo subisce senza combatterlo. Sui temi del lavoro è assente, senza progetti, senza prospettive, senza voglia di lottare per il primo diritto costituzionale. Il diritto a un lavoro garantito e sicuro, dalla parte di chi vive del proprio lavoro che è il cardine della nostra Costituzione.

La sinistra oggi in Italia è quella delle piazze di ieri. Colorata e attenta ai diritti civili. Chiede, soprattutto, di apportare qualche modifica, qualche miglioria al sistema capitalista trionfante. Meglio se lo si fa senza i partiti di classe, in un insieme arcobaleno. Si è “imborghesita”.

E i comunisti? Siamo troppo pochi (anzi, si considerano tali), divisi, spesso litigiosi sulla forma piuttosto che sui contenuti. Per questo è necessario che il processo di unità dei comunisti vada avanti. Che accelleri, che si possa elaborare un progetto realizzabile di vera rottura con il sistema capitalista, che ci si doti degli strumenti operativi per farlo. Altrimenti saremo costretti a gioire per qualche diritto civile in più. Diritti che non modificano di fatto i rapporti di forza che valgono lasciando inalterato il potere di chi oggi lo detiene; che non creano quella coscienza di classe necessaria per poter cambiare radicalmente lo stato di cose presente.

Certo, è meglio che ieri in piazza ci sia stata grande partecipazione. Forse è un segnale che qualcosa si muove ma non credo che possa bastare. Sta a noi comunisti fare in maniera che quel “qualcosa” si muova in maniera da cambiare realmente i rapporti di forza e far si che la storia torni a riscriverla chi viene sfruttato, chi alza la testa e lotta per i diritti di tutti alla pace, alla salute, all’istruzione e a un lavoro sicuro, garantito e giustamente retribuito.

Compagne e compagni, lavoriamo e lottiamo per (ri)costruire il Partito Comunista di cui l’Italia ha bisogno per avere la speranza che il sistema spaventoso nel quale siamo costretti a vivere possa realmente essere abbattuto e sostituito con quello che Marx aveva ipotizzato e Lenin iniziato a realizzare.