Squinzi converge con la Camusso e viene preso a schiaffi da Monti e da una parte dei suoi … anche il buon senso dà fastidio

di Gianni Montesano | da www.comunisti-italiani.it

squinzi camussoPuò accadere che il presidente di Confindustria sia d’accordo con la CGIL nell’interpretare quello che sta accadendo nel paese e nella critica al governo Monti. Certo non vuol dire che la linea di Confindustria sia quella della CGIL, eppure Giorgio Squinzi si è trovato nel giro di poche ore sotto il tiro incrociato sia del presidente del consiglio che dei big dell’industria italiana e, a seguire, al centro della polemica politica. 

L’ex rappresentante delle aziende chimiche nostrane, ora alla guida dell’associazione industriali, non è nuovo alle critiche alle politiche del governo. Le fa “pro domo sua”, ovviamente, cioè nell’interesse degli imprenditori. Ed è proprio su questo tema che, da un po’ di tempo, le sue esternazioni tendono a convergere con quelle del sindacato che più degli altri mette sotto tiro le scelte del governo italiano. Squinzi, sin dal suo insediamento, ha sempre criticato l’approccio del governo basato, a suo dire, su troppe tasse e troppi tagli indiscriminati.

Alla base delle sue tesi ci sono due punti fondamentali che si ritrovano nella piattaforma su cui è stato eletto alla guida degli industriali: troppe tasse fanno calare il potere di acquisto dei salari e, di conseguenza, comprimono i consumi interni a scapito delle imprese. Il secondo punto, su cui registra convergenza con la Cgil, è la logica dei tagli che colpiscono sopratutto i servizi pubblici e sociali, e anche qui vi è un doppio interesse, il primo, e cioè che i troppi tagli si riversano su meno servizi e quindi maggiori costi per i cittadini e quindi meno potere d’acquisto. Il secondo è che meno servizi vuol dire meno imprese che lavorano attorno ad essi. Le critiche alla spending review si sommano a quelle sulla riforma del lavoro che non piaceva nemmeno alla Marcegaglia che, come il suo successore, l’aveva bollata come “inutile”, ossia un provvedimento che non porta vantaggi agli imprenditori. 

Eppure Squinzi è un liberista convinto, chiede grande flessibilità nelle relazioni sindacali e sfoltimento della burocrazia verso le imprese. Alle sue prese di posizioni il Presidente del Consiglio a risposto con veemenza, accusandolo addirittura di “far crescere lo spread”. Di questo passo, in nome dello spread, fra poco saranno messe in discussione anche le elezioni democratiche visto che non è consentito avanzare critiche all’operato del. Governo. 

Il presidente di Confindustria, sicuramente chiarirà, preciserà e aggiusterà il tiro, soprattutto dopo che contro le sue posizioni si sono allineati personaggi come Tronchetti Provera, Luca Cordero di Montezemolo, Franco Bernabè, Paolo Scaroni e altri. A vedere bene si tratta dei soliti nomi del salotto buono direttamente interessati alla politica come Montezemolo, o di vertici di aziende di Stato come l’Eni. Insomma quella elitè del capitalismo italiano che è lontana dal grosso del mondo delle imprese che patisce la crisi. Questi fustigatori sono vicini agli interessi del mondo della finanza. 

Si tocca in tal modo uno dei punti chiave della politica economica perché Squinzi è stato eletto in Confindustria con un programma che cerca, in qualche modo, di fare da argine allo strapotere della finanza contro quello delle imprese, cioè dell’economia reale e produttiva. E’ logico che in questa prospettiva vi siano punti di convergenza con il sindacato e con il mondo del lavoro. E’ uno degli snodi fondamentali di questa fase e di come affrontare la crisi. Ovviamente gli imprenditori pensano ai loro interessi, ma se questi si avvicinano a quelli dei lavoratori è perché il cuore della crisi oggi non è nel sistema produttivo (che in Italia ha falle gigantesche) ma nelle distorsioni abnormi del capitalismo finanziario. 

Anche l’Unità, in un recente editoriale del suo direttore Claudio Sardo, ha evidenziato la necessità di ritornare a dare centralità all’economia reale e al mondo del lavoro contro la finanza. Ed è esattamente ciò che non sta facendo il governo, tutto preso da una logica contabile e ragionieristica e totalmente subalterna alle dinamiche dei “mercati finanziari”, gli stessi che muovono la speculazione e ricavano profitti dai disastri dei debiti sovrani. Quelle del presidente di Confindustria sono state parole di buon senso affermate in un determinato contesto, ma oggi anche il buon senso viene bollato come se fosse rivoluzionario.