Soldi ai partiti, due punti per chiarezza

di J.C. Saroufim | da www.comunisti-italiani.it

partiti cartelloneSono ormai giorni e giorni che in televisione e sui quotidiani assistiamo all’avvicendarsi di commentatori, giornalisti e rappresentanti di partiti politici che dopo essersi misurati per altrettanto tempo sulle infamità della casta, si inoltrano in ragionamenti riguardo il contributo elettorale ai partiti con meno competenza ma con più fervore.

L’obbiettivo ultimo, chiaro a noi ma non alla pubblica opinione, è quello di allargare lo iato tra cittadini e Partiti, del cui indubbio discredito sono certamente loro stessi i principali responsabili, fino ad arrivare ad insinuare in modo sempre meno strisciante l’ipotesi che l’esercizio della democrazia potrebbe fare a meno non solo di libere elezioni per decidere chi debba governare il paese, ma perché no dei Partiti stessi.

Se riuscisse il colpo sarebbe l’en plein! Il tentativo è in corso l’esito non certo ma produrrà ulteriori danni nella cultura politica e nel senso comune della gente che dovremmo faticare molto e non da soli a tentare di recuperare. Ma andiamo per gradi e almeno cominciamo a fare chiarezza su due punti per iniziare quella che sarà una vera e propria battaglia culturale anche se oggi ci apparirà assolutamente controcorrente. 

Primo punto: è vero che i bilanci dei Partiti non sono sottoposti a nessun controllo? Falso, i bilanci annuali redatti a norma CEE devono essere pubblicati almeno su due quotidiani, uno nazionale e un locale entro il 30 giugno e consegnati alla Camera dei Deputati entro il 30 luglio di ogni anno. Alla Camera un Collegio di Revisori dei conti vaglia la congruenza degli Bilanci rispetto alla legislazione vigente e di fronte ad incongruenze ed eccezioni anche formali richiede ai Partiti lumi sulle stesse da esibire entro 30 gg. Di fronte ad una insufficiente risposta dei Partiti alle contestazioni, il Collegio può rimandare in attesa di altri chiarimenti o bloccare la rata del contributo. Questo è ciò che avviene per il normale Bilancio d’esercizio annuale mentre per i Bilanci elettorali obbligatori per ogni tornata che comporti erogazione economica gli stessi vanno inviati per controlli: per le elezioni regionali al Presidente del Consiglio regionale e contestualmente all’Ufficio centrale circoscrizionale presso la Corte d’appello e il consolidato dei bilanci di tutte le regioni alla Corte dei Conti; per le elezioni politiche il consolidato al Presidente alla Camera dei deputati che lo trasmette alla Corte Conti; per le elezioni europee alla Camera dei deputati. Scarsi i controlli quindi (in merito alla loro qualità sarebbe utile tornare…) o legislazione di merito confusa, dispersiva e contraddittoria perché tra l’altro mai condensata in un Testo unico? 

Secondo punto: l’entità dei contributi è determinata a monte in questo modo. Per ogni elezione per la quale si prevede il rimborso (Europee, Camera, Senato e Regionali appunto) viene finanziato un Fondo determinato da il numero degli aventi diritto al voto moltiplicato fino a qualche anno fa per un euro, ma da Prodi in poi con successive riduzioni il moltiplicatore sarà presto pari a 0,70 euro. A valle però i Partiti non prenderanno solo lo 0.70 per ciascun voto ottenuto perché a prescindere dai voti reali il Fondo resterà invariato e riferito sempre agli aventi diritto non ai votanti effettivi. Per ogni voto quindi, dividendo il Fondo per i voti effettivi, il valore unitario del voto sarà più dello 0.70 stabilito. Per capirci se andasse a votare solo il 50% degli aventi diritto l’importo per voto sarebbe comunque del doppio ovvero di 1,40 euro. Questa potrebbe apparire una incongruenza politica della legge perché se a valle delle elezioni il contributo ai Partiti provenisse dal Fondo mondato della parte di chi, per quanto criticabile, ha deciso di non votare, il risparmio sarebbe enorme e forse farebbe prendere maggior consapevolezza ai Partiti che una sempre più alta disaffezione al voto non può dipendere solo dai mentori dell’antipolitica ma forse dai limiti sempre più sfacciati della attuale politica. 

Si potrebbe continuare ma il presupposto dal quale dobbiamo partire anche al nostro interno è che dobbiamo far conoscere con chiarezza il nostro punto di vista sui costi della politica: senza contributi pubblici per quanto ridotti, rivisti, corretti, gestiti in maniera più trasparente e con processi certi di democrazia interna ai partiti, morirebbe la democrazia e se andasse bene ci troveremmo mani e piedi legati a partiti interlocutori solo di Lobby (farmaceutiche, belliche, energetiche, delle comunicazioni, del malaffare….), se andasse male nelle mani del prossimo uomo mandato dalla provvidenza e per di più rafforzato dalla scomparsa per legge di Partiti di vera opposizione. 

Ma la malafede di certa stampa cocchiera il capo fila della quale e certamente il Corriere della sera e il suo patto di sindacato e talmente sfacciata che dopo aver scatenato l’inferno contro la casta e una volta messo in sella Monti si è presa il lusso insieme alla Stampa di Torino di produrre inchieste nelle quali si dimostrava che rispetto ai costi generali di funzionamento della Camera e del Senato i costi dei parlamentari erano poca cosa. Altra cosa sono incomprensibili e anacronistici privilegi che vanno di certo aboliti. Succederà la stessa cosa quando si riuscirà a delegittimare definitivamente il contributo elettorale ai Partiti che nessun segretario di partito in parlamento ha avuto il coraggio di dire (…l’hanno fatto ieri 16 aprile “errore drammatico” in extremis…forse in ritardo!?) che non può essere il matematico rimborso delle spese elettorali vive perché tale rimborso serve anche al funzionamento onesto e trasparente del proprio Partito, quando un Partito non nasce in parlamento ma è vero, con sedi, funzionari e produce iniziativa politica e culturale. Ma il fango di alcuni rischia di non risparmiare nessuno. 

Noi siamo un partito vero, temporaneamente fuori dal parlamento, siamo uno degli ormai pochissimi partiti che vincolano i propri rappresentanti istituzionali, con assoluta rigidità per deputati e senatori, a versare il 50% delle loro competenze al Partito e ne andiamo orgogliosi. Dovremmo esserlo di più. Se a tutto questo aggiungiamo l’ordito che sta crescendo intorno a ipotesi di nuove leggi elettorali che superino il Porcellum, ad oggi sembrerebbe in peggio, viene fuori un quadro molto duro, dove una delle ipotesi in campo non è più quella del continuo e costante logoramento di alcune forze politiche, basta pensare alla legge sull’editoria, ma di un deciso colpo finale, alla nuca, agli irregolari fastidiosi, ai nostalgici fuori moda, certo tra gli altri, ai Comunisti. Restiamo comunque convinti che in una situazione di grande crisi economica che durerà ancora a lungo, in un momento di enorme disoccupazione, disagio e insicurezza sociale, con una povertà non più strisciante ma eclatante e con una generazione di giovani mai così vessata, anche i comunisti devono dare il loro contributo per la riduzione di privilegi e il ridimensionamento dei costi della politica, ma senza ipocrisie perché è in gioco la democrazia del paese oltre alla nostra sopravvivenza. Fare proposte è all’ordine del giorno anche per noi, anche se non saremo consultati dalle altre forze politiche. 

Contestualmente dovremo continuare a migliorare e distinguerci per provare a rappresentare vecchi e nuovi disagi di uomini e donne in carne e ossa e per riprovare a costruire giorno dopo giorno una opportunità di riscatto e una per quanto flebile speranza di un futuro migliore. Non troppo remoto.