Senza capo né coda

di Roberto Biorcio | da il Manifesto

bossi-piange-dal-lago-bergamoLa serata dell’«orgoglio padano» a Bergamo non ha prodotto gli effetti sperati dagli organizzatori, ma ha anzi messo in luce tutte le difficoltà del Carroccio e i problemi che dovrà affrontare ancora per molto tempo. I titoli dei giornali mettono l’accento sulle «lacrime di Bossi» e sull’idea che «Maroni si prende la Lega».
 

Ma i segnali importati sono altri. In primo luogo la composizione e gli umori della base. L’iniziativa ha avuto meno partecipanti del previsto e soprattutto non si è trasformata da iniziativa di una parte (i «barbari sognati») in mobilitazione di tutto il partito. Il tentativo di Maroni di uscire dalle difficoltà della Lega mobilitando l’antipolitica e la rabbia contro il ceto politico su bersagli interni ha ottenuto risultati per ora molto limitati.

L’iniziativa ha cambiato i rapporti di forza all’interno del Carroccio ma non è riuscita a modificare in modo significativo il malumore della base e a riaccendere la mobilitazione. Con il rischio che anche una parte dell’elettorato di appartenenza sia tentato dall’astensione. In passato era stato più facile contenere gli effetti degli episodi di corruzione contestati ad alcuni amministratori leghisti, fino alla recenti caso del presidente del consiglio regionale lombardo Boni. I comportamenti sottoposti a inchiesta erano in ogni caso destinati a beneficiare il partito, ed era possibile agitare l’idea berlusconiana del «complotto» dei giudici ai danni del Carroccio. La situazione attuale è molto più grave perché le inchieste in corso non solo lambiscono direttamente la famiglia Bossi, ma riguardano la gestione di risorse economiche del partito a beneficio di singoli. La scelta di Maroni e dei dirigenti a lui più vicini di cavalcare l’indignazione della base non è riuscita a modificare il clima generale nel partito.
 

Si pongono per la Lega problemi complessi di ripensamento della strategia e di cambiamento di leadership. Altri partiti populisti europei hanno perso il leader fondatore ma sono sopravvissuti, perché i militanti, lo spazio politico e le ragioni dei loro successi sono rimaste. Le morti di Pin Fortyn in Olanda e quella di Haider in Austria, così come il ritiro di Le Pen a favore della figlia non hanno provocato la fine delle rispettive formazioni populiste. Il caso della Lega appare più difficile da affrontare, perché il leader fondatore mantiene forti resistenze alla cessione di suoi poteri. E il Carroccio risente ancora delle tensioni e delle lacerazioni che erano emerse nell’ultimo anno di partecipazione al governo Berlusconi.
 

Nella serata dell’«orgoglio padano» Maroni ha moderato i toni e ha manifestato affetto e riconoscimenti per il fondatore della Lega Nord. In cambio ha ottenuto un avvicinamento della data dei congressi in cui ha buone probabilità di ottenere la maggioranza di voti. L’ex ministro degli interni ha una visibilità crescente, ma non è riuscito a ottenere un’investitura plebiscitaria. Il confronto interno al Carroccio continua. Bossi ha dichiarato più volte che «Maroni non è un traditore», cercando di preservare l’unità del partito ma al tempo stesso ricordando l’esistenza di un’area di opinioni fortemente ostili all’ex ministro degli interni. Lo scontro interno può aumentare nei prossimi mesi in occasione dei congressi regionali, determinando forti ripercussioni sul movimento. Bossi potrebbe contrastare la candidatura di Maroni favorendo l’ascesa di qualche altro dirigente, o arrivando in caso di conflitti più aspri a riproporre la propria leadership per «salvare l’unità della Lega».
 

Maroni si propone di diventare candidato unico alla segreteria con il padre nobile del movimento alle spalle. Se aumenta il suo potere e diminuisce gradualmente quello del senatùr si può realizzare una trasformazione quasi indolore della leadership leghista, senza scossoni e scissioni.
 

La cosa più probabile è però il mantenimento per un periodo non breve di una diarchia Bossi-Maroni che ricorda da vicino quella tra Alfano e Berlusconi nel Psl. Lo stile di leadership Maroni è diverso da quello del senatùr, più governativo, razionale e diretto, meno orientato alla provocazione, che verrà lasciata ad altri esponenti del movimento. Se Maroni accrescerà il suo potere potrebbe cambiare anche la gestione delle alleanze. Bossi era saldamente orientato, soprattutto dopo la malattia, al privilegiare l’alleanza con Berlusconi. Maroni appare più disponibile a trattare con diversi interlocutori, riproponendo alcune delle idee della Lega delle origini in un quadro che appare però profondamente mutato. Le difficoltà e i problemi di leadership che accomunano il Pdl e il Carroccio segnalano la chiusura del ciclo della Seconda Repubblica. La fine del confronto prolungato fra il blocco berlusconiano e le coalizioni che lo contestavano potrebbe aprire la strada a un diverso tipo di competizione politica. La Lega potrà contare su diversi punti di forza innegabili creati nel corso della sua storia, in particolare un’area di militanti attivi sul territorio e un elettorato di appartenenza in diverse regioni del Nord. Crescerà d’altra parte lo spazio politico per le sue battaglie di opposizione al governo Monti. Le vicende giudiziari che hanno coinvolto il Carroccio potranno però produrre risultati deludenti nelle prossime elezioni amministrative, accrescendo le difficoltà e i contrasti interni in una difficile fase di transizione.