Riciclaggio di bassa lega

di Bruno Steri | da Liberazione

 

lega operaiaCome ognuno sa, i semi germogliano dove il terreno è stato arato. Ciò allude ai precetti di un’antica sapienza contadina, ma vale anche per le concezioni del mondo, quelle buone e quelle meno buone. Tra queste ultime includiamo ciò che abbiamo chiamato “berlusconismo”, un vero e proprio sistema ideologico in salsa tricolore – fatto di opinioni e comportamenti, ma anche di pulsioni irriflesse e propensioni emotive – che negli ultimi due decenni è servito a compattare un blocco sociale reazionario e si è depositato nel senso comune di una parte del nostro Paese. Il governo Berlusconi è caduto per estenuazione, preda delle sue contraddizioni interne; non certo, purtroppo, per il determinato incedere di un’alternativa politica di sinistra. E le tossine che ha seminato sono tutt’altro che dissolte: al contrario, le destre (tutte, ciascuna dalla sua postazione operativa) stanno congiuntamente operando per rivitalizzarle.

Così accade di imbattersi nel seguente teatrino. Il contesto: la presentazione dell’ennesimo libercolo di Bruno Vespa. Protagonista, l’ex presidente del Consiglio il quale, compiacendosi della lettura dei Diari di Mussolini (così cari al suo sodale Marcello Dell’Utri) e delle Lettere della Petacci, richiama un’affermazione dell’ex-duce secondo cui «è impossibile governare l’Italia». E aggiunge di «ritrovarsi» in tale valutazione. Quanto al fascismo, in questa amabile conversazione esso figura non più quale dittatura, la cui apologia è proscritta in quanto reato, ma come una «democrazia minore». La domanda con cui l’untuoso conduttore televisivo incalza («Quante aspiranti Clarette ha conosciuto?») e la relativa risposta («Centinaia») sono il giusto seguito di tale squallido siparietto.

Al di là della gravità in sé dell’episodio, che ancora una volta evidenzia l’attivazione di un tipico dispositivo del revisionismo storico attraverso cui si fa insensibilmente passare nel registro della “normalità” politica ciò che normale non è, non può sfuggire il contesto generale in cui esso si iscrive. Non mi riferisco semplicemente al fatto (ma sarebbe del tutto pertinente farlo) che atti di violenza razzista e dichiaratamente fascista irrompono ormai con significativa frequenza nella cronaca quotidiana: il crimine di Firenze suona per noi come un monito, ma non si dimentichi quel che avviene nel resto d’Europa (in modo eclatante, come la recente strage norvegese, e diffusamente ricorrente, come testimonia ad esempio la meno nota ma altrettanto inquietante realtà ungherese).

Intendo qui riferirmi, in particolare, al fatto che le destre – la Lega, in particolare, ma non solo – fingono toni e linguaggi “di sinistra”. Non si limitano cioè a lanciare consistenti segnali ai loro soggetti sociali di riferimento, impugnando la bandiera della rivolta fiscale (basta tasse!) ma, approfittando del segno marcatamente antipopolare della manovra governativa, mescolano a tale crociata accorati accenti in difesa dei “più deboli”.

E’ forse questo, oltre ai concreti e socialmente devastanti effetti delle misure varate dal governo, il pericolo principale pendente sul nostro immediato futuro: un’inopinata riabilitazione della destra populista e xenofoba. Poco conta che al “governo dei banchieri” arrivino anche i voti del Pdl; e che lo stesso Pdl e la Lega abbiano a lungo governato in questi anni, portandoci all’attuale disastrata situazione. Non vi è alcun dubbio che la scomoda posizione del “vorrei ma non posso”, caratterizzante la condizione delle due principali forze politiche sostenitrici del governo, penalizzerà soprattutto il Pd e il rapporto di questo partito con il suo elettorato. Oltre tutto, è proprio il Pd che con più enfasi fa appello alla necessità di una difesa risoluta e “responsabile” del governo Monti.

A questo proposito, emblematico ci è parso il titolo sparato a tutta pagina un paio di giorni fa su Libero: “Silvio, ferma la rapina!”. Titolo doppiamente significativo: perché, per un verso, evoca chi potrebbe tornare a presentarsi come “salvatore della patria” (quello vero, quello votato dagli elettori); e, per altro verso, nomina genericamente il danno in cui oggi ciascuno, ricco o povero che sia, può per motivi assai diversi riconoscersi (“la rapina” appunto).

Il fatto è che non sono solo Rifondazione Comunista e la Federazione della Sinistra a sostenere, suffragate dai dati statistici, che questa manovra giunge a peggiorare un quadro già ampiamente compromesso dalla recessione economica: a rafforzare l’ambiguità dei messaggi politici, lo dicono anche settori imprenditoriali; e lo dicono (più o meno strumentalmente) esponenti della destra propriamente detta. Questi ultimi se la prendono con un governo che non è stato legittimato da elezioni e, a tutela del precedente governo Berlusconi, paradossalmente e con immarcescibile faccia tosta si fanno paladini della democrazia. Contemporaneamente però (assecondando una più generale e bipartisan tendenza istituzionale), ciò non impedisce loro di lavorare per un’ulteriore rafforzamento degli esecutivi ai danni delle assemblee elettive, in direzione del presidenzialismo.

Grandi pericoli, dunque, per il nostro Paese. Ma anche grandi opportunità. Non vediamo in giro acquiescenza o, peggio, rassegnazione. Assieme all’esasperazione cresce la rabbia e, nonostante le grandi difficoltà quotidiane, resta vivo il senso di parole antiche: su tutte, giustizia sociale. Spetta a noi e alla sinistra nel suo complesso porsi all’altezza di tale risentimento sociale. Aduniamo le forze disponibili e lanciamo la nostra battaglia di classe e di civiltà, a cominciare dalle iniziative già promosse per i prossimi giorni. Non diamo nulla per scontato, spieghiamo bene le nostre ragioni anche a coloro che faticano a capire (non è detto che sia chiaro a tutti cosa significhi spread). Per questo, non possiamo che salutare con viva soddisfazione la ricomparsa di Rifondazione e di altri esponenti della sinistra anticapitalista sugli schermi televisivi. E’ importante chiarire il nostro punto di vista e che, ad opporsi, non appaiano solo i “furbetti” della Lega.

 

Bruno Steri – Liberazione