Mattarella al Quirinale, Renzi a Palazzo Chigi: moriremo democristiani?

di Angelo d’Orsi | da temi.repubblica.it

Era il 1985, quando Francesco Cossiga, notabile democristiano, divenne capo dello Stato: quello che lo portò al Colle, fu un voto plebiscitario, “trasversale”, che mise d’accordo destra e sinistra: l’argomento forte che ricorse fu: “è una persona perbene”, un “galantuomo”, oltre al riconoscimento di “vasta esperienza politica” (e come no? Un democristiano di lunghissimo corso): la sinistra fu felice perché si sbarrò la strada a Giulio Andreotti, ed era pure convinta di poter condizionare il neoeletto. Illusione, dolce chimera…

Risento analoghi commenti oggi: una brava persona, uomo rispettoso delle istituzioni, e così via. Ma sono titoli di merito, codesti? Sono risibili, per non dire quasi irrisori, per un candidato presidente della Repubblica. Non dovrebbe essere la norma base? E ora dobbiamo, insomma, essere appagati che, invece di un Berlusconi (solo perché ineleggibile, giuridicamente, diciamolo), o analogo avanzo di galera, ci spelliamo le mani davanti a un uomo onesto? Per giunta fratello di una vittima della mafia: questo Paese è strano. Prima lascia uccidere i suoi migliori uomini, e poi fa fare carriera ai parenti (figli, mogli, fratelli…). E, intanto, il Pd gongola per la “ritrovata unità”: dimenticando che la medesima unità l’aveva agguantata pochi giorni prima compiacendosi (o fingendo di compiacersi) per la vittoria di Alexis Tsipras ad Atene. Sono compatibili Tsipras e Mattarella? Ho qualche dubbio.

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