Riceviamo e pubblichiamo
Ci sono vari modi di considerare la questione dell’Ilva di Taranto. Uno è quello prettamente sindacale a cui sono legate le sorti di oltre 10.000 operai più l’indotto che ne occupa 5000 e qui la questione non è solo sindacale, ma coinvolge anche la salute degli operai siderurgici e della città di Taranto, in particolare i quartieri adiacenti lo stabilimento, come quello di Tamburi.
La soluzione di questo diabolico rebus non è stata trovata. E’ prevalsa la logica produttivistica senza un vero progetto di riconversione dell’area industriale che risolvesse realmente, e non con palliativi, le due questioni sul tappeto: l’occupazione e la salute dei cittadini tutti, compresi ovviamene gli operai.
Si è scelta quindi una soluzione pasticciata che, oltre a ridurre il numero degli operai, preteso da Arcelor-Mittal per acquisire l’Ilva, non garantiva né l’occupazione né la salute. Di Maio, allora al MISE e i confederali e i loro associati avevano però fretta di concludere. Il ministro 5 Stelle per portare a casa un risultato che lo salvasse dall’accusa di inerzia e perchè aveva trovato una situazione già predeterminata e i confederali e soci perchè il loro contrattualismo a prescindere fa parte del mestiere di sindacati di sistema.
Tutto questo però non è bastato perchè ha dovuto fare i conti con la logica che sovraintende una multinazionale come Arcelor-Mittal che preferisce magari reinvestire in India, dove questioni ambientali e costo del lavoro non sono un problema, e rileva impianti produttivi anche solo per togliere di mezzo la concorrenza.
Questa dell’Ilva è la storia di una delle tante operazioni a cui le multinazionali ci hanno abituati in questi anni, ma nel contesto italiano la vicenda ha messo in evidenza una necessità di lotta politica e di riaffermazione del ruolo dello stato nell’economia. Perchè, anche se la ‘sinistra’ di varia estrazione non sembra essersene accorta, attorno alla vicenda dell’Ilva si è scatenata una battaglia furiosa tra la corrente liberista e quelli che invece pretendevano che certe regole ai padroni fossero imposte anche se si tratta di una multinazionale.
In campo sono scesi, sul versante liberista, la destra al completo, uno scatenato Renzi, il presidente di Confindustria Boccia, i giornaloni e le televisioni di regime nonchè, con una posizione ipocritamente centrista, il PD e i sindacati confederali che volevano a tutti i costi ripristinare lo scudo penale dando così ragione, contro ogni buon senso, ad Arcelor-Mittal.
I fautori della soluzione liberista – produrre a tutti i costi, accettare di ridurre la manodopera e continuare a inquinare – per ora sono stati sconfitti, salvo colpi di scena che sono possibili data la posta in gioco. Il fronte liberista non può accettare facilmente una sconfitta così cocente, magari facendo ricorso a Mattarella.
Se le cose non sono andate finora nel senso voluto da Arcelor-Mittal e dai liberisti di casa nostra dobbiamo darne atto al movimento 5 Stelle che ha mantenuto il punto sullo scudo penale e all’intervento tempestivo e deciso della magistratura non appena si sono scoperte le carte.
In questo contesto hanno brillato per la loro assenza gli antiliberisti ideologici, come avevamo già potuto registrare del resto a suo tempo per quota 100 e il reddito di cittadinanza.
La questione dell’Ilva pone però un altro problema di fondo che è di politica economica e di indirizzo strategico dell’economia italiana. Come abbiamo sovente sostenuto, non è possibile difendersi solo stando nella trincea del modo di impostare le leggi di bilancio. Non basta questo per superare i problemi di uno sviluppo equilibrato e per difendere i lavoratori. Ci vuole un governo dell’economia che non sia legato agli interessi delle multinazionali e a un indirizzo di politica internazionale che blocca le relazioni dell’Italia col mondo e impone la condivisione imperialista degli embarghi.
Lotta contro l’ideologia liberista, indirizzo dell’economia italiana non dominato dal profitto, nuove aperture a relazioni internazionali non legate alla logica imperialista sono le coordinate di un nuovo progetto a cui dovrebbe corrispondere la nascita di una forza politica che lo sappia gestire. Questo è il compito che spetta ai comunisti.
Aginform
19 novembre 2019