di Lorenzo Mauro | da www.articolotre.com
Il segretario del Pdci ad Articolotre.com lancia un appello all’unità a sinistra e mette in guardia di fronte al successo dell’estrema destra:“la crisi può avere uno sbocco reazionario”
Il voto francese ha catalizzato l’attenzione della politica italiana ed europea: ogni partito ne ha tratto aspetti positivi e negativi. L’affermazione di Mèlenchon, ad esempio, è stata salutata positivamente dalla sinistra radicale italiana. Articolotre.com ha incontrato Oliviero Diliberto, segretario Pdci-Fds, per raccogliere la sua valutazione su questo e altri temi.
Oliviero Diliberto, che ne pensa dell’esito parziale del voto francese. Cosa può insegnare alla sinistra nostrana?
Primo che la sinistra, più o meno moderata, deve avere il coraggio di proporre un’uscita dalla crisi che punti su crescita, redistribuzione del reddito e abbattimento della precarietà. Hollande, socialista, ad esempio ha detto chiaramente che è contrario all’introduzione del pareggio di bilancio, passato sotto silenzio in Italia.
Secondo, che la sinistra può e deve stare insieme: lo splendido risultato di Melénchon dimostra che quando si affronta di petto il tema della speculazione finanziaria e della precarietà si viene premiati. Il dato che spaventa, invece, è il boom dell’estrema destra, che dimostra che non si può abbassare la guardia contro pericoli autoritari, e soprattutto che la crisi può anche avere uno sbocco reazionario.
Il 25 aprile coincide con un periodo nel quale, secondo la sinistra, la democrazia sarebbe in pericolo messa in crisi dallo strapotere dei mercati. Come arriva l’Italia a questa ricorrenza?
Sicuramente esiste un deficit di democrazia: le scelte di austerità e estremamente inique di questi mesi, dalla riforma delle pensioni a quella del lavoro, sono imposte da un governo che non ha il consenso degli elettori e che non si pone neanche il problema: è espressione della tecnocrazia europea e, tutti i dati lo dimostrano, sta aggravando e non risolvendo la crisi.
Fra una settimana sarà la festa dei lavoratori. Ci arriviamo con tasso disoccupazione record e diritti dei lavoratori che sembrano essere presi di mira. In questo Berlusconi e Monti sono uguali?
Non mi esercito in paragoni di questo tipo. Sicuramente in Monti non c’è il lato osceno, quasi grottesco di Berlusconi, e certamente i suoi ministri sulla carta sarebbero competenti. Il giudizio sul loro operato, tuttavia, dal mio punto di vista è molto netto: è un governo che ha tagliato diritti e chiesto sacrifici ai soliti noti. In pochi mesi ha allungato l’età pensionabile, di fatto bypassato l’articolo 18 e di sicuro non ha migliorato la condizione dei giovani precari. E, mi lasci dire, che la vicenda degli esodati denota un pressappochismo che non ci si aspetterebbe dal governo ‘dei professori’.
Continuiamo con gli appuntamenti. Il 30 aprile di vent’anni veniva ucciso Pio La Torre. Che esempio è stato per la sua esperienza politica?
Pio La Torre è uno degli esempi cristallini dell’impegno dei comunisti italiani contro la mafia. In particolare ha dimostrato come la battaglia contro le mafie è importante in ogni battaglia di emancipazione. In particolare, con la battaglia contro i missili a Comiso, la unì alla battaglia per la pace. Ma oggi, è bene che lo diciamo chiaro, non esiste battaglia per il lavoro, in particolare nel mezzogiorno, senza lotta alla criminalità organizzata e al sistema politico che la sostiene.
I partiti sono al minimo di fiducia. Esiste democrazia senza i partiti?
E’ un tema molto serio, che può alimentare il sentimento di antipolitica e i suoi cantori populisti. Uno dei motivi principali, secondo me, è che i principali partiti stanno sostenendo un governo che sta prendendo misure estremamente impopolari, che peggiorano la vita quotidiana delle persone.I partiti sono essenziali per la democrazia, la ‘democrazia che si organizza’. Tuttavia non dobbiamo nasconderci dietro un dito: alcune forze politiche sono diventate unicamente macchine di potere. Una moderna battaglia per la qualità della democrazia deve essere intrecciata con il rispetto dell’articolo 49 della Costituzione, cioè del carattere democratico dei partiti. E i partiti, parlo della sinistra ovviamente, devono essere in grado di dialogare con quello che si muove nella società, tra i lavoratori, ed oggi non trova espressione nel mondo dei partiti.