Il Presidente che verrà. Editoriale

di Marco Pondrelli

Oggi pubblichiamo il primo editoriale del sito marx21, è una rubrica che abbiamo pensato per offrire il nostro punto di vista sugli avvenimenti della settimana. Spesso pubblichiamo articoli che sono un ‘contributo alla discussione’ o che in ogni caso rappresentano un tentativo di analisi su di un determinato avvenimento e che non sempre rappresentano il punto di vista della redazione. L’editoriale vuole essere qualcosa di diverso, vuole rappresentare la posizione politica del sito marx21. Dovendo affrontare gli ultimi accadimenti la nostra attenzione è caduta sull’elezione del Presidente della Repubblica.

Dopo l’inelegante (per usare un eufemismo) auto candidatura di Draghi si potrebbe dire che è lui ad uscire sconfitto, ma l’appuntamento con il Quirinale è probabilmente solo rinviato. Ad uscire sconfitta dall’elezione di Mattarella è la politica, non è complottismo dire che la decisione è stata presa dal grande capitale e dai poteri forti che chiedono continuità e stabilità. Mattarella vuole dire proseguire con il governo Draghi e quindi con la politica ‘europeista’ ed ‘atlantista’.

Un esempio del vuoto politico in Italia è rappresentato dall’intervento a gamba tesa dell’ambasciata statunitense, che nei fatti ha posto un veto all’elezione di Frattini giudicato ‘filo-Putin’. Questa uscita anziché indignare ha dato il via al coro, sopratutto da parte di PD e IV, per bloccare un candidato di non provata fede atlantista. Dall’altra parte la grande finanza ha raggiunto l’obiettivo di normalizzare qualsiasi istanza critica, basti pensare al M5S che qualche anno fa parlava di nazionalizzazione del Monte dei Paschi e di autostrade, di separazione fra banche commerciali e d’investimento ed ora appoggia il Presidente di cui chiedeva l’impeachment essendo l”unico in grado di garantire la stabilità del governo Draghi e quindi la prosecuzione della legislatura.

Come giustamente sottolinea Luciano Canfora nel suo ultimo libro, la democrazia dei signori, la Presidenza della Repubblica sta eccedendo i suoi confini, lo ha fatto con Napolitano e lo ha fatto con Mattarella. Siamo arrivati ad una Repubblica presidenziale a Costituzione invariata, questo perché come disse Carl Schmitt ‘sovrano e chi decide sul caso d’eccezione’.

È inutile disquisire sulle sorti dei singoli attori di questa tragedia, non è questo o quel politico ad uscire ammaccato, è la politica ad essere percepita come inutile. La candidatura di Paolo Maddalena è stata un intelligente tentativo di una parte della sinistra e dei comunisti di rimettere al centro i valori costituzionali. Conosciamo le posizione del Professor Maddalena su i temi etici ma la sinistra non può continuare a guardare solo in questa direzione ignorando il grave disagio sociale del nostro Paese; essendo questa una candidatura di mediazione, nata dentro il gruppo misto, è stata un segnale importante ma purtroppo di scarsa efficacia.

Più interessante è tentare di osservare il contesto politico in cui questa elezione si è sviluppata. Come ha osservato Bruno Steri in un articolo che abbiamo recentemente pubblicato i ’10 super ricchi sono oggi arrivati a possedere una ricchezza 6 volte maggiore dei 3,1 miliardi di persone più povere al mondo (il 40% della popolazione mondiale). Tra marzo del 2020 e novembre del 2021, dunque nel giro dei primi 21 mesi di emergenza pandemica, le 10 persone più ricche del mondo hanno più che raddoppiato in termini reali i loro patrimoni, passati da 700 a 1.500 miliardi di dollari (1,3 miliardi di dollari al giorno)’. Questa forte diseguaglianza, che non è nata con la pandemia ma molti decenni prima, colpisce pesantemente anche il nostro Paese. Il 24 gennaio ‘il fatto quotidiano’ riportava la sintesi di un report realizzato su richiesta del Ministro Orlando dal quale emergeva un dato desolante ovverosia che l’incidenza della povertà lavorativa raggiunge ‘nel 2017 il 13,2% (in crescita rispetto al 10,3% del 2006). Questo è il dato aggregato, ma si arriva al 21,6% isolando chi è stato part time per almeno un mese. Vale la pena ricordare che questi calcoli non contemplano gli effetti della pandemia scoppiata nel 2020’. Il fenomeno dei wooking poor (lavoratori poveri) contribuisce a dimostrare come in discussione oggi sia l’idea stessa di democrazia, che non può reggersi su diseguaglianze sociali sempre crescenti.

Queste diseguaglianze non sono apparse casualmente e non sono neanche il frutto di una contingenza inevitabile, esse sono frutto delle scelte politiche fatte in questi anni.

Le privatizzazioni e le liberalizzazioni sono stati gli strumenti per trasferire risorse da salari e stipendi a rendite e profitti. La politica e la sinistra, compresi i sindacati, non sono stati le vittime di di tutto ciò ma ne sono stati gli artefici, regalando alla finanza le chiavi del comando.

Siamo ben consci che il Presidente della Repubblica italiana non può ribaltare da solo tutto questo ma il segnale che la politica può o non può dare è importante, ed il segnale che è arrivato è di totale asservimento alla finanza.

In questi anni la nostra Costituzione è stata tanto citata quanto disattesa, basti pensare all’articolo 11, il ripudio della guerra è divenuto ancillare rispetto alla nostra adesione alla NATO, uno strumento di morte nelle mani degli Stati Uniti d’America. Sono temi totalmente assenti dal dibattito, così come è assente una riflessione sulla drammatica morte di Lorenzo Parelli ucciso durante l’alternanza scuola-lavoro. Noi continuano a pensare che fuori dal Parlamento il malessere è sempre più forte, continua però a mancare una forza politica che riesca a trasformare il disagio sociale in proposta e lotta politica.