di Michelangelo Tripodi, segretario regionale PdCI Calabria
Il 1° maggio il Presidente del Consiglio Letta, in perfetta coerenza con quanto ha detto e fatto in questi anni il PD, annuncia che la legge Fornero sul mercato del lavoro sarà modificata perché ci sono troppo limitazioni ai contratti di flessibilità.
Si prepara quindi un ulteriore allargamento della precarietà, dell’insicurezza e del disagio sociale. Tutto il contrario di quello che serve ai giovani e al sud.
Tutto ciò diventa offensivo e beffardo se si guarda alla condizione materiale dei giovani e del mezzogiorno che sono ormai segnati da una disperazione senza fine.
Nel Sud la disoccupazione è raddoppiata negli ultimi anni e tocca il 17,9%, mentre tra i giovani la disoccupazione raggiunge ormai il 70 %, circa il doppio della media nazionale che si attesta al 35,3 % .
Dietro questi numeri asettici ci sono milioni di persone,particolarmente giovani ragazze e ragazzi, che non hanno né speranza né futuro.
Le politiche neoliberiste all’insegna del rigore e dell’austerità hanno provocato una macelleria sociale di cui i più deboli pagano i prezzi più alti nella mancanza di diritti,opportunità e tutele sociali e nella crescita esponenziale della disoccupazione e della povertà di massa.
Il paese è in piena recessione e il Sud paga un conto salatissimo. Tutti gli indicatori economici,sociali, civili e culturali denunciano l’aggravamento della situazione del mezzogiorno. Reddito, occupazione e Pil sono in caduta libera anche per effetto della crisi che colpisce più pesantemente i ceti sociali ed i territori più deboli. Ma anche la qualità dei servizi (scuola, sanità, trasporti, ecc.), i diritti di cittadinanza e le condizioni di vita sono assai peggiorati. La piovra della criminalità organizzata, nelle sue diverse forme ed articolazioni,e nonostante i pesanti colpi ricevuti, è diventata sempre più potente e prepotente e controlla economie e territori estendendo i suoi tentacoli a tutto il paese.
Oggi la nuova questione meridionale si intreccia con una drammatica“questione giovanile”. Si tratta di un tema che riguarda proprio le risorse umane, le intelligenze, le forze di cui dispone il Mezzogiorno e che possono essere messe a disposizione di un progetto nuovo di rilancio e di futuro del nostro Paese, ma soprattutto di futuro per i giovani.
In tal senso, innanzitutto, riteniamo che occorre lanciare il progetto ambizioso di interrompere il drammatico fenomeno dell’emigrazione giovanile e della fuga dei cervelli, assumendo misure e provvedimenti capaci di incentivare e promuovere nuove forme di lavoro e di occupazione nel Sud per valorizzare lo straordinario capitale umano del Sud.
La grande speranza, per la quale intendiamo spendere l’impegno e la lotta del PdCI, è quella che i giovani possano crescere, formarsi, studiare, nelle scuole e nelle università del Sud e in seguito avere la possibilità concreta di incontrarsi con un’opportunità occupazionale, con un lavoro adatto alle loro possibilità, ai loro studi, alle loro capacità e competenze in questa terra. Questa è una grande speranza che va alimentata con una lotta politica coerente ed incessante. In questo senso sembra maturo il tempo di una grande battaglia generale per conquistare il diritto al reddito minimo di cittadinanza per i giovani a partire dal sud.
Per questo diciamo questione meridionale come ineludibile questione giovanile. Come questione di difesa della nostra gioventù dalle trame mafiose,che esercitano sempre un’influenza negativa dove manca il lavoro, dove manca il sapere, dove manca la speranza d’un tempo migliore.
Il futuro del Sud è legato ai suoi giovani: se questi vanno via allora fra 20 anni avremo un Sud invecchiato e degradato, a cui è stata sottratta qualsiasi speranza di futuro.
Dopo 150 anni dall’unità d’Italia il divario tra il Nord e il Sud del paese è enorme e la questione meridionale, si è via via aggravata diventando oggi vera e propria emergenza nazionale.
Se l’Italia vuole riprendere la strada del progresso e della crescita uscendo dalla palude della stagnazione e della recessione non può non guardare al mezzogiorno.
Ciò significa respingere innanzitutto il tentativo di rappresentare la questione meridionale come una mera questione criminale che si affronta con l’invio dell’esercito e con la militarizzazione del territorio.
Ciò significa fare finalmente i conti con i mali vecchi e nuovi del Sud: arretratezza e ritardo di sviluppo, deficit infrastrutturale,disoccupazione dilagante ed emigrazione intellettuale, povertà diffusa, sistema produttivo asfittico, sistema bancario e creditizio ai limiti dell’usura,pubblica amministrazione inefficiente e burocratica, insediamento di impianti ad alto tasso di inquinamento, luogo di deposito di rifiuti tossici e nocivi,peso crescente delle mafie e della criminalità organizzata.
Ciò significa che oggi è più che mai necessario il rilancio della battaglia meridionalista che è insieme lotta per il lavoro, per la legalità e contro le mafie.
Il Sud è una grande comunità di 20 milioni di cittadini che paga i prezzi di antiche ingiustizie e di moderne diseguaglianze, ma che può essere una ricchezza straordinaria per il futuro se si batte l’idea che esso serve solo come grande area di consumo dei prodotti del Nord.
Noi Comunisti italiani pensiamo che non c’è futuro per l’Italia se non c’è un’attenzione nuova, una politica nuova verso il Mezzogiorno, se non c’è lo sviluppo del Mezzogiorno.
Per noi il Mezzogiorno è il futuro dell’Italia, proprio perché siamo assolutamente convinti che senza il Mezzogiorno il Paese declinerà ancora di più, conoscerà un futuro sempre più proiettato verso una grave deriva economica ma anche culturale e quella che già nei fatti è una divisione reale potrebbe rischiare di trasformarsi oggettivamente in una separazione istituzionale.
L’unica carta vera, che questo Paese ha a disposizione, è la carta del Mezzogiorno che deve essere sempre più considerato come la grande opportunità,la grande risorsa per il futuro dell’Italia, non più, come invece è avvenuto in questi anni, come tuttora è prevalente, una sorta di peso, di palla di piombo al piede dell’Italia evoluta e sviluppata. Proprio il contrario. Torniamo dunque a parlare di questa grande indicazione politica, di questa scelta di fondo che si chiama Questione Meridionale. Ciò serve al Sud, serve al Nord, serve all’Italia.
Il Sud può diventare il motore dell’Italia, sapendo chiaramente che non si potrà parlare di crescita per l’Italia se non c’è occupazione e lavoro nel Sud.
Per questo è urgente far crescere nel sud l’Antimafia sociale e culturale e promuovere sviluppo,occupazione, lotta alla povertà, infrastrutture moderne, servizi di qualità per sconfiggere le mafie che infestano il Sud e bloccano il suo sviluppo e la sua libertà. Un recente dossier del CENSIS ha stabilito che senza l’influenza della criminalità organizzata l’economia meridionale sarebbe capace in un paio di decenni di raggiungere quella del Nord Italia.
Ci vuole una svolta profonda. In questa direzione va compiuta una scelta strategica di fondo, come ha fatto la Germania dopo l’89. Occorre promuovere un grande piano di investimenti pubblici verso il Mezzogiorno, rilanciando l’intervento pubblico nell’economia,aumentando la presenza e l’impegno finanziario dello Stato verso il Mezzogiorno, perché quella è la priorità che va introdotta, se si vuole voltare pagina, intervenendo seriamente e concretamente per ridurre il divario tra il Nord e il Sud e per rilanciare la crescita del paese.
Pensiamo ad un Nuovo flusso di finanziamenti per il Meridione, un “Progetto per il mezzogiorno del XXI secolo”, che possa valorizzare le piccole imprese oneste oggi sottoposte alla concorrenza sleale da parte dell’economia legata alle mafie e alle multinazionali che attraverso pressioni, intimidazioni,formazione di cartelli e trusts risucchiano quasi completamente il valore degli scambi commerciali nel meridione. E’ importante dare priorità assoluta ed un sostegno solido alle aziende che decidono di opporsi in maniera netta ai sistemi mafiosi denunciando forme di racket e pressione sugli appalti. Il Sud ha bisogno urgente di un piano per la difesa del suolo e per il rischio sismico, di interventi per la riqualificazione paesaggistica, ambientale e dei centri storici, di valorizzare le produzioni agricole tipiche mediterranee, di rilanciare le imprese artigianali e gli antichi mestieri radicati nel territorio, di dare impulso ai beni culturali ed al patrimonio archeologico, di sviluppare la produzione di energia da fonti rinnovabili, di promuovere uno sviluppo del turismo fondato sulle risorse del territorio, di ammodernare e potenziare le sue infrastrutture viarie (terra, mare e cielo) per favorire la mobilità e per incentivare le attività economiche.
Spostiamo in questa direzione i soldi del ponte sullo stretto, del rigassificatore di Gioia Tauro, della centrale a carbone di Saline Joniche e di tutti gli altri impianti e stabilimenti devastanti ed inquinanti che si vogliono realizzare nel sud per farlo diventare la pattumiera d’Italia.