Continua la pubblicazione delle proposte di dibattito del compagno Natali (“FINE DELLA SINISTRA ITALIANA”). Qui sotto la terza parte: “CASALBRUCIATO”.
La prima (“LA VERITA’ MEDIATICA”) è stata pubblicata il 15 aprile e la seconda (“TORRE MAURA”) il 18 successivo.
3. CASALBRUCIATO.
Dopo la seconda guerra mondiale, Roma finiva a San Lorenzo per quanto riguarda il suo lato orientale, quello proiettato verso la Sabina e l’Abruzzo. Immediatamente dopo, c’era il grande cimitero del Verano e poi quasi 5 km di campagna, dopodichè sorgeva isolata la borgata di Tiburtino III, dove i fascisti avevano deportato i popolani romani che risiedevano in pieno centro (per esempio dove il regime aveva costruito la via dei Fori Imperiali o quella della Conciliazione). Perciò Tiburtino III è la più rappresentativa dell’altro tipo di borgate romane, diverso da quello cui appartiene Torre Maura.
Ancora quando ero ragazzo, la domenica pomeriggio, uscendo con i coetanei, si diceva “andiamo a Roma?” per intendere il centro. Il quartiere di Casalbruciato è la zona che precede Tiburtino III, sullo stesso lato della via Tiburtina ed è formato da diversi insediamenti (tutti molto numerosi) di epoche diverse.
Il primo risale ad oltre sessant’anni fa ed è la zona detta INA-CASA ossia case popolari (a riscatto) assegnate prevalentemente ad edili, operai delle vicine fabbriche ed artigiani.
Prima della metà degli anni ‘60 ci fu l’arrivo degli alluvionati di Prima Porta; per effetto del malgoverno, gli abitanti di quella borgata persero tutto durante uno straripamento del Tevere, condussero una lotta sostenuta dal PCI (quando c’era il PCI i fascisti non avevano nulla da fare con questa parte della società) occupando anche la Fiera di Roma fino ad ottenere queste case, appositamente acquistate dal comune e dove -pochi anni dopo- fu condotta una lunga autoriduzione dell’affitto, alla fine vittoriosa. Si tratta delle circa 400 famiglie della “famigerata” via Satta, di cui tutti hanno sentito recentemente parlare.
Nel 1970, nella continuazione di via Satta (cioè a via Diego Angeli) giunsero alcune centinaia di famiglie prevalentemente di Pietralata, protagoniste anche loro di tante lotte per la casa. Fu qui che nella primavera 1971, occupammo un locale e fondammo la sezione Moranino del PCI, per opera essenzialmente dei compagni dell’INA-CASA, degli edili di via Satta e degli altri lavoratori appena arrivati lì; prima la nostra sezione era la Gramsci di via Tiburtina. Il compagno Moranino, eroe della Resistenza e del dopoguerra, era scomparso da poche settimane e la sezione fu inaugurata dal compagno Arturo Colombi, prestigioso capo della Resistenza ed amico di Pietro Secchia, all’epoca presidente della Commissione Centrale di Controllo del PCI. In quell’occasione conobbi Bianca Moranino e la rividi anche in seguito.
Successivamente si unirono in sezione i compagni che via via arrivavano nei nuovi insediamenti del quartiere. La sezione Moranino è stata centrale nella storia di Casalbruciato e molto radicata tra la sua gente.
Nel 1974, giunsero centinaia di famiglie che avevano condotto una dura occupazione a San Basilio, nel corso della quale il giovane Fabrizio Ceruso cadde in uno scontro con la polizia. In quell’occasione, proprio in via Casalbruciato 27, fu aperta una sezione di Lotta Continua.
Pochi anni dopo arrivarono 600/700 famiglie del borghetto Prenestino (ex “baraccati”) le quali, dopo decenni di lotte, ottennero finalmente una casa dignitosa dalla giunta di sinistra del sindaco Argan. Sono quelle sull’altro lato di via Satta.
Infine, si insediarono -dopo una occupazione- le famiglie che abitano proprio nella via Facchinetti, mostrata da tutta la tv nelle scorse settimane, per dare risalto a un piccolo gruppo di Casapound venuto da fuori.
A tutto ciò si aggiunge qualche “scampolo” di edilizia privata (per impiegati, piccoli commercianti, ecc.) sorta nel frattempo.
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Ora Casabruciato ha oltre 20.000 abitanti ed è cambiato molto poco, soprattutto nel senso che le famiglie residenti sono quasi sempre le stesse, trasferimenti e cambiamenti sono molto limitati ed in questo è simile a Tiburtino III, Pietralata, ecc.
Un quartiere così ha avuto sempre enormi problemi, anche di adattamento e rapporto tra i grossi gruppi di diversa provenienza che via via si insediavano. Un ruolo molto importante per la convivenza, la coesione, la crescita civile e culturale, le lotte per lo sviluppo del quartiere lo ebbe la sezione Moranino del PCI come alcune altre forze.
Ciononostante, Casalbruciato è sempre stato protagonista della cronaca nera. Gli omicidi sono stati numerosi, anche quelli compiuti dalla cosiddetta “banda della Magliana” come nel caso Leccese oppure Pino Pelosi, noto alle cronache come assassino di Pasolini, era di Casalbruciato. Non mancarono, successivamente i protagonisti “tecnologici” dei primi colpi alle banche con la lancia termica; anche negli ultimi anni si sono registrati diversi omicidi.
Perfino le indagini sulla strage fascista del 1974 su un treno poco prima di Bologna lambirono il quartiere, per non parlare di altri casi o inchieste di rilievo nazionale (senza tacere quella su Iniziativa Comunista e le farneticazioni del ROS sul sottoscritto e il fatto che un furgone utilizzato per uccidere D’Antona fu rubato in via Giuseppe Donati, una via del quartiere).
Ci furono anche fatti accidentali, come quello in cui un componente della famiglia Horvath (credo sia di origine rom, da sempre residente in via Satta) fu assassinato in un litigio stradale mentre rientrava una sera dal mare.
Questo quartiere ha suscitato l’interesse anche di altri mondi. Per esempio qui veniva Pasolini e fu girato uno sceneggiato televisivo, trasmesso in più puntate su RAI 1 e che ebbe molto successo; si tratta di “Diario di un maestro”, ispirato all’autobiografia di A. Bernardini e avente come protagonista il noto attore Bruno Cirino (la sua riduzione cinematografica fa parte della lista dei cento film da salvare).
È la storia dei ragazzi di una quinta elementare e dell’abbandono scolastico di molti di loro, la quale mette in evidenza le condizioni di disagio socioculturale e di povertà di molte famiglie; protagonisti furono alcuni ragazzini di via Diego Angeli e di Tiburtino III e chi scrive appare fugacemente come comparsa.
Più tardi, un altro film vi fu girato, “Pugni di rabbia” il quale, salvo errori, fu il primo a lanciare l’attore Ricky Memphis; fu ambientato per gran parte in via Satta e ricordo che una scena fu girata anche dal balcone di casa mia. Si tratta della storia -ideata dal compianto compagno G. Prasca- che riguarda un giovane di età maggiore di quella dei ragazzini di “Diario di un maestro” il quale, nel contesto di povertà e disagio del quartiere, cerca la strada della propria emancipazione impegnandosi come pugile.
La storia ha dei tratti veri, perché noi della sezione Moranino occupammo un grande garage che divenne la Polisportiva Carlo Levi (tutt’ora esistente) che è stata punto di riferimento, di aggregazione (e riparo dai pericoli della criminalità e della droga) per tante generazioni di giovani e giovanissimi del quartiere. Aveva ed ha un’ottima palestra di pugilato che ha sfornato anche qualche campioncino di un certo valore.
Si tratta di un quartiere combattivo, abituato alle lotte, con un PCI molto forte ma anche con la presenza, a suo tempo, della Lista di Lotta (e poi delle RDB) nonché di una forte sezione socialista, con la presenza limitata di esponenti della sinistra DC e del cattolicesimo democratico-progressista di una delle due parrocchie (l’altra è legata all’Opus Dei).
Ogni anno c’era una Festa dell’Unità molto affollata e nel 1985 si svolse addirittura la Festa Nazionale dell’Unità dedicata alla cultura a villa Fassini: così vennero alcuni tra i più famosi cantanti e complessi musicali dell’epoca (ed io salvai una Gianna Nannini ubriaca fradicia da un capitombolo dal palco).
Anche il movimento cooperativo aveva una certa presenza, per esempio erano molti gli edili soci della grande cooperativa NOVA e nella sezione Moranino nacque anche un’altra cooperativa edile, la CLC, composta quasi completamente da operai di Casalbruciato (circa 120).
La sezione Moranino ha avuto tra i 200 e i 300 iscritti, mediamente, ed in genere a Casalbruciato il PCI prendeva oltre 5.000 voti, all’incirca il 40%, mentre la DC si attestava intorno al 25% e il PSI aveva una percentuale superiore alla media romana. È importante notare che -essendoci in una parte del quartiere anche edilizia privata per commercianti, impiegati e piccoli imprenditori- il MSI ha sempre preso molte centinaia di voti, mediamente oltre il 10%: è significativo che nonostante ciò non ci sia mai stata alcuna attività o presenza organizzata di fascisti nel quartiere, salvo una sezione (la Ugo Venturini) che ebbe una vita incerta e stentata per pochi anni ma al confine di Casalbruciato, senza mai entrarvi. Ricordo che qualche primo manifesto del MSI (o forse di Alleanza Nazionale) si cominciò a vedere qualche anno dopo lo scioglimento del Partito.
Occorre sapere che nel cortile di via Facchinetti mostrato da tutte le tv per alcuni giorni il mese scorso, il PCI aveva la maggioranza assoluta dei voti e 30-40 iscritti ma diversi punti percentuali li riscuoteva anche Lista di Lotta. In uno di quei palazzi, tra l’altro, viveva un compagno sardo il quale, da giovane, era stato in carcere insieme al compagno Enrico Berlinguer, a Sassari nel dopoguerra.
Nella via Satta nota e “disprezzata” in tutt’Italia la settimana scorsa, il PCI ha sempre riscosso tra i 58 e il 68% dei voti, il PSI aveva una media superiore a quella nazionale e qualche voto (nel tempo) lo hanno avuto il PDUP, Democrazia Proletaria o Lista di Lotta.
Almeno l’80% di quelle 400 famiglie era saldamente di sinistra e il PCI ha avuto tra i 50 e gli 80 iscritti. Mio padre fu eletto consigliere circoscrizionale comunista con circa 800 voti di preferenza, almeno la metà dei quali provenienti proprio da via Satta. In seguito, per qualche anno, Rifondazione fu il terzo partito della zona.
Era di via Satta anche il fondatore della sezione Moranino, di cui rimase segretario per oltre dieci anni, l’indimenticabile compagno “Brignoletto”, operaio edile, ai cui funerali parteciparono centinaia di abitanti della via e -nel tenere il discorso commemorativo- ebbi modo di definirlo “il sindaco di Casalbruciato”.
Ancor più che nel caso di Torre Maura, il semplice calcolo delle probabilità vuole che buona parte di coloro che hanno partecipato alle proteste con i fascisti recentemente, appartengano a famiglie di elettori o militanti comunisti (compresa Lista di Lotta) o lo siano stati essi stessi. Non si tratta solo di probabilità poiché tale ipotesi ha riscontri oggettivi.
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Quanto sopra dovrebbe suscitare interrogativi che la sinistra attuale, al momento, sembra evitare come la peste. In ogni caso, si dovrebbero sfidare i fascisti a chiedere alla gente che li segue (è comunque una minoranza) di affermare che essere stati comunisti, per esempio, è sbagliato e chi ha partecipato alla sezione Moranino ha fatto male: poi vedremo quanti lo farebbero, ancora oggi e nonostante tutto.
Ciò vale anche per Torre Maura. Non a caso, nelle loro fugaci apparizioni i 15-20 signori e signorini venuti da fuori, hanno sempre accuratamente evitato qualsiasi riferimento, simbolo o slogan tipicamente fascista, raramente hanno esibito le bandiere di Casapound (che sono rosse) sfoggiando per lo più solo il tricolore. Almeno in questo, direi, perfino loro si sono rivelati più intelligenti di quegli idioti che sventolando la bandiera rom hanno sprezzantemente provocato la gente, spingendola ancor di più verso i fascisti.
Tornando ai suddetti interrogativi, non si possono trascurare due fatti. Il primo è la fine di qualsiasi azione di propaganda e proselitismo politico o ideologico, di diffusione degli ideali socialisti e comunisti o del movimento operaio: ciò avviene da almeno 30 anni, ossia uno spazio di tempo superiore a quello di una intera generazione. Il secondo è l’influenza su Casalbruciato del “mondo di mezzo”, ossia la sostituzione della lotta ideale e politica con gli intrecci affaristici, gli interessi personali e il carrierismo politico nel quale è sprofondato chi ha tradito il PCI e la sezione Moranino.
La gentaccia, squallida e opportunista impadronitasi di quella sede, in primo luogo ha cancellato il nome del glorioso comandante Partigiano “Gemisto” (ossia il compagno Moranino) e alla fine l’ha abbandonata: ora ci vive abusivamente un immigrato che ignora la storia del posto in cui abita. L’ultimo segno di vita del PD lo ebbi 7-8 anni fa (forse di più) quando, ad una settimana da una scadenza elettorale amministrativa, girò nei nostri palazzi una candidata di quel partito che chiedeva il voto di preferenza.
Il “mondo di mezzo”, ossia il risultato delle inchieste sulla cosiddetta mafia romana, ha visto proprio qui il maggior numero di arrestati o inquisiti di parte PD: per esempio l’assessore Ozzimo, il funzionario Mario Schina, ed altri ancora. Qui c’era anche la deputata M. Campana (componente addirittura della segreteria nazionale del PD) la quale chiamava scherzosamente Buzzi “capo”. Tutti questi gravitavano intorno a Casalbruciato. È anche dalla putrefazione PD che sorge la malapianta fascista.
Inoltre, non si può dimenticare l’attenta regia, certamente ad opera di importanti articolazioni del sistema di potere, tesa a dare un risalto esagerato, artificioso, alla presenza di qualche decina di fascisti per pochi giorni, nonché ai tanti espedienti per favorirli. Per brevità tralascio l’elenco di “favori” che hanno ricevuto -oltre all’abnorme spazio mediatico- limitandomi a due soli esempi: loro sono sempre stati informati tempestivamente (sembrerebbe in anticipo) di queste assegnazioni di appartamenti ai rom ed i componenti della famiglia bosniaca di via Satta sono stati accompagnati nella loro abitazione -anziché in orari e con modi più prudenti- da uno spettacolare schieramento di polizia alle ore 17.45, nel momento di ritorno della maggior parte dei lavoratori e quando nel cortile si era radunato il massimo numero di abitanti intorno al gazebo di Casapound, proprio davanti al portone interessato.
Quel che si deve sapere è che a Casabruciato c’è una presenza molto ridotta e marginale di immigrati, il quartiere -data la sua configurazione e le sue caratteristiche- non si presta a importanti insediamenti di stranieri: quindi non è l’immigrazione il terreno più favorevole per le speculazioni e le provocazioni dei fascisti e di chi li usa. Ecco dunque, per incanto, che nel giro di un mese scarso, in due complessi posti uno di fronte all’altro sulla piazza centrale del quartiere, le uniche due abitazioni comunali assegnate siano spettate a famiglie rom, una di sette e l’altra di quattordici componenti.
Casalbruciato è piena di famiglie affamate di case ed è molto diffuso il sovraffollamento degli appartamenti: i figli sono cresciuti, si sono sposati ed hanno prolificato ma sono rimasti (o, peggio, sono stati costretti a tornare) nell’abitazione originaria dei genitori. Perciò si direbbe che le uniche due assegnazioni, fatte entrambe a rom, siano avvenute nel momento e nel posto “giusto”.
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Il fatto che la presenza di un po’ di fascisti con qualche limitato sostegno locale sia stato strumentalizzato dai media non esclude che ciò sia un fatto gravissimo che dovrebbe scuotere profondamente la sinistra, spingerla rapidamente ad abbandonare luoghi comuni e spiegazioni di comodo ed impegnarsi in autocritiche molto profonde, finalizzate a cambiamenti rapidi e di grande portata. Così farebbero certamente i movimenti di liberazione palestinese se, per esempio, nella striscia di Gaza si presentasse un partito della destra israeliane, riscuotendo anche una certa partecipazione degli abitanti de luogo.
Altrettanto, si presume, farebbe qualcuno ad Hiroshima, se in quella città ci fosse una manifestazione (per quanto minoritaria) di sostenitori della bomba atomica USA.
Nel nostro caso, dopo i fatti di Torre Maura, come cinque anni fa dopo quelli di Tor Sapienza e per tanti altri avvenuti nel frattempo, c’è sempre chi se l’è cavata dicendo “la sinistra, da anni, ha abbandonato un determinato quartiere o borgata o gruppo di esse”. Ciò è senz’altro vero e sarebbe, di per sé, sufficiente per l’autocritica ed i cambiamenti auspicati poco sopra, i quali, tuttavia, non ci sono mai stati, come dimostra il ripetersi e l’aggravarsi dei fenomeni in discussione.
Il sottinteso è: la sinistra non c’è ma se ci fosse….
Ecco, i fatti di Casalbruciato smentiscono in consolatorio sottinteso. Perché la sinistra, in questo quartiere c’è ed è pure “tanta”, non solo nella sua storia. Qui abbiamo l’ARCI-UISP, una sede della CGIL, un circolo dove si svolgono iniziative di Italia-Cuba, la sezione di Potere al Popolo (proprio in via Satta) e dell’ASIA USB, c’è una forte presenza di Sinistra Italiana ed il più grande centro sociale ad essa collegata, c’è il centro sociale Intifada, collegamenti di Rifondazione, qui è nata e si svolgono le assemblee nazionali del movimento Eurostop (guidato dal compagno Cremaschi), possono agire qui quelli che hanno attaccato al Colosseo lo striscione “Battisti libero” e c’è perfino una presenza del piccolo partito del compagno Rizzo.
Si tratta di forze e situazioni attualmente presenti ed immediatamente attivabili a Casalbruciato ed inoltre -sebbene non siano di sinistra- si dice che vi sia un circolo del PD (Zingaretti ha dichiarato di voler aprire una sede) e i 5Stelle sono molto forti, per esempio proprio nella famigerata via Satta, nel ballottaggio delle comunali, hanno preso quasi il 70% dei voti (che ora perderanno quasi tutti).
Peraltro, cortei ed iniziative dei fascisti -del genere di quelle esageratamente enfatizzate dai media da un mese a questa parte- sono in corso da circa un anno.
Questa sinistra “che c’è”, presente con molte sue sfaccettature, si è fatta sorprendere finora, non è stata capace di dimostrare di saper agire come si deve e cacciare i fascisti. Per questo Casalbruciato è divenuto al tempo stesso un caso limite ed anche un banco di prova di valore generale per la sinistra italiana, nonché un luogo dove si mostra in concreto tutta la profonda crisi dell’antifascismo, che sarà affrontata nel proseguo di queste riflessioni.
La sinistra ha perso le sue radici ed aperto un varco ai fascisti non solo dove ha abbandonato il terreno ma anche dove c’è: Casalbruciato (tra i circa 200 quartieri e borgate di Roma) è quello dove forse la sinistra è più presente ed articolata di tutti, a prescindere dalla sua forte tradizione ed antico radicamento. Questo prova ancor di più che non basta “ritornare” e neanche limitarsi alla ricerca dell’unità, se fine a se stessa: proprio perché rimane un obiettivo nobile e prioritario, l’eventuale unità non può consumarsi nel ripiegamento, nell’isolamento dalle masse e nell’inferiorità verso i fascisti.
Occorre prendere coscienza che c’è qualcosa di molto grave che non va nel modo di essere (e non solo in quello di “mancare”) della sinistra, nei suoi caratteri interni (organizzazione), nell’impostazione della sua interazione con la realtà e la classe, nei suoi obiettivi ovvero, in altri termini, nella sua strategia prima ancora che nella sua tattica.
Non mi sembra che le prime reazioni, teoriche e pratiche, alla realtà che ci viene incontro così cruda ed amara siano all’altezza della situazione e dei compiti che essa ci pone: sembrano piuttosto congiunturali, improvvisate, rivolte a mantenere l’esistente e il “si salvi chi può” nel quale ciascuno è intento solo a curare il proprio particolare. Mi fa impressione l’inerzia, ossia il continuare ad agire come prima, ovvero l’illusione di utilizzare in inverno i criteri e gli strumenti tipici dell’estate e proprio per questo mi spaventa l’immobilismo politico ed il primitivismo organizzativo che ipotecano il futuro della sinistra e soprattutto la lotta contro i fascisti.
Per tutto questo, oggi, vale la pena precisare che il titolo di queste riflessioni (“FINE DELLA SINISTRA ITALIANA”) è stato ideato tre mesi fa.