Pubblichiamo la seconda parte dell’interessante contributo di Norberto Natali
2. TORRE MAURA.
A Roma esistono due tipi di borgate (tre se consideriamo i vecchi insediamenti di veneti e romagnoli verso il litorale) e designano abitati con precise caratteristiche; non si tratta cioè di un sinonimo intercambiabile di quartiere popolare o periferico.
Torre Maura appartiene alla categoria largamente maggioritaria di esse, sono più di cinquanta e mediamente hanno oltre 10.000 abitanti ciascuna. Per la gran parte sono sorte lontano dal centro ma all’interno (spesso al confine, come Torre Maura) del GRA, in alcune zone -in particolare la Casilina- invece se ne trovano anche fuori, perfino di molto.
Nell’ultimo dopoguerra, in particolare dagli inizi degli anni ‘50 e fino ai primi anni ‘60, furono attirati a Roma centinaia di migliaia di meridionali ed anche umbri, marchigiani e residenti di tutte le province del Lazio.
Vennero abbandonati a se stessi (si trattava soprattutto di braccianti ed edili) e si costruirono da soli le case in cui abitare. Molti “palazzinari” e famiglie aristocratiche fecero affari d’oro perché gli vendettero piccoli lotti di terreno su cui poter costruire (una delle prime associazioni di massa promosse dal PCI si chiamava “unione lottisti”, poi unione borgate) a prezzi esagerati malgrado il piano regolatore non consentisse l’uso di quei terreni per fini residenziali.
All’interno di molte borgate romane vi sono piccole zone che gli abitanti chiamavano “Corea”: contemporaneamente a quella guerra (1950-1953) vigeva una norma per cui un’abitazione abusiva non poteva essere abbattuta dai vigili urbani se il suo tetto veniva edificato nell’arco di una notte. Così migliaia di persone, ciascuno chiamava parenti, vicini ed amici, si radunavano al tramonto sui diversi lotti e fino all’alba tiravano su quattro mura (o quattro colonne) per appoggiarvi sopra un solaio in muratura come tetto.
Come detto, sorsero decine di migliaia di abitazioni abusive, grandi centri dormitorio, per depositare i lavoratori necessari per il grande “sacco di Roma” (l’enorme e rapida espansione urbanistica speculativa) nei quali non c’era letteralmente nulla: dai negozi (comprese le farmacie) alle fognature, dall’illuminazione, all’acqua potabile ed ai trasporti pubblici, mancava tutto. Spesso anche la chiesa.
Come è comprensibile, capita che alcune borgate hanno una propria “specializzazione” regionale o addirittura provinciale: ve ne erano di marchigiani, di ciociari, di calabresi, ecc. oppure determinati comuni e zone di provenienza, vedevano la maggior parte della loro popolazione concentrata tutta in un posto. Questa ondata migratoria massiccia, rapida, comportò delle parallele “specializzazioni” anche in alcuni settori lavorativi: per molto tempo, ad esempio, la gran parte dei garagisti di Roma proveniva dal comune di Schiavi di Abruzzo (CH).
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La grande forza del PCI si radicò incrollabilmente in tutte le borgate che cingevano la capitale con la lunga e difficile lotta per l’emancipazione, il riscatto e la dignità di questa parte del popolo. Le battaglie contro l’abusivismo speculativo e la voracità dei palazzinari si coniugavano con quelle per l’allacciamento della rete fognaria, della corrente elettrica, dell’acqua potabile a tutte le borgate, per il loro risanamento urbanistico, per il verde pubblico e i servizi.
Si trattò di una lotta che combinava le rivendicazioni e le battaglie immediate e materiali con quelle per l’emancipazione e l’elevazione della cultura e della coscienza della classe lavoratrice, delle sue donne e della sua gioventù. Una lotta per l’avanzamento delle condizioni materiali di vita strettamente intrecciata a quella per un corrispondente progresso di quelle morali, in un quadro di fondo di prospettiva rivoluzionaria, di lotta per la pace e il socialismo: da tutto ciò discendeva una forte connotazione o identità di classe e -si potrebbe dire- un certo orgoglio di appartenenza ad essa.
Nelle borgate il PCI prendeva la maggioranza assoluta dei voti oppure ci si avvicinava, risultando sempre il primo partito.
Questo enorme e rapido fenomeno migratorio (all’epoca molti “borgatari” parlavano veramente lingue incomprensibili ai romani già residenti e viceversa) fu ben “governato” dal PCI e dalle associazioni di massa del movimento operaio, benchè fosse stato provocato dalla DC, dai palazzinari e dai proprietari terrieri.
In primo luogo, non si consentì che le condizioni materiali e morali di vita dei proletari già residenti a Roma fossero peggiorate a causa di tale fenomeno, tanto più si evitò che strati della borghesia potessero ricavare maggiori profitti sia dall’immigrazione che dallo sfruttamento di questa per intensificare quello dei proletari già abitanti a Roma.
In secondo luogo, le lotte per l’emancipazione ed il progresso qualitativo ed economico videro unite ed intrecciate le battaglie di tutti i lavoratori e quelle dei quartieri popolari periferici con quelli delle borgate vere e proprie, si trattava anche di insediamenti vicini tra loro.
Con tali premesse, veramente si potè affrontare qualche disagio, qualche tensione dovuti al veloce aumento della popolazione in termini di “integrazione” ovvero di reciproca conoscenza, comprensione, solidarietà ed unità tra popolazioni di diversa provenienza. C’è sempre una parte arretrata delle masse molto chiusa, reticente nell’affrontare le novità ed anche preda della stupidità e del pregiudizio. In questo senso, capitarono anche problemi tra diverse borgate (cioè abitanti provenienti da regioni diverse) ma furono superati abbastanza presto grazie all’intelligente politica del PCI qui accennata.
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Oggi, molte delle originarie borgate sono cresciute ospitando grandi insediamenti di case popolari aventi, spesso, più abitanti di quelli dei vecchi edifici autocostruiti 50-60 anni fa. È il caso, per esempio, dell’arcinota Tor Bella Monaca (oltre che della stessa Torre Maura) nella quale gli abitanti della parte composta di vecchie e basse casette del dopoguerra sono una piccola minoranza rispetto alle migliaia di famiglie (giunte circa 35 anni fa) che vivono negli enormi caseggiati popolari teatro di tante notizie di cronaca (soprattutto nera).
Oltre alle borgate, a Roma esistevano migliaia e migliaia di famiglie che vivevano accampate in grandi e piccole baraccopoli, vere e proprie “favelas” nostrane composte di tuguri variamente arrangiati collocati in zone semiperiferiche, spesso presso le rovine archeologiche, per esempio sotto gli acquedotti. Tali baraccopoli (o “borghetti”) erano nati in epoche diverse ed essenzialmente composti da romani poveri, disoccupati e senza casa e anche da immigrati di identica origine sociale di quelli delle borgate.
Uno dei più grandi meriti delle giunte comunali dirette dal PCI (con i sindaci Argan e Petroselli) fu quello della definitiva eliminazione di questa vergogna e l’assegnazione ad ogni “baraccato” di una vera casa popolare, in un vero palazzo, sbocco -anche in questo caso- di una lotta pluridecennale condotta dal PCI e dalle consulte popolari, poi divenute UNIA e infine SUNIA.
Ero presente, quasi 45 anni fa, quando Berlinguer e Petroselli salirono la scalinata del Campidoglio per portare la loro solidarietà a centinaia di famiglie di baraccati che -per protesta- erano andati a vivere sul famoso piazzale, con bambini, brandine, fornelletti e biberon.
Della lotta per la casa a Roma, purtroppo, ho avuto modo di scrivere sul mio profilo fb il 4 marzo 2019, per ricordare il compagno assessore Giuliano Prasca, uno degli emblemi di quella stagione.
Gli abitanti dei borghetti si sono insediati in molti complessi di case comunali e popolari sorti, come già detto, vicino alle vecchie borgate: per questo motivo la loro configurazione sociale è cambiata molto poco.
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Torre Maura sorge a ridosso del GRA, lungo la via Casilina. Anche qui la parte maggiore degli abitanti risiede in grandi caseggiati di case popolari realizzati in periodi successivi. La sezione del PCI è sempre stata centrale e molto forte, lasciando un’incisiva eredità anche dopo la sua soppressione. Solo per dirne una, allorchè D’Alema divenne presidente del Consiglio, la sua guardia del corpo (l’autista) proveniva dalla locale sezione del PDS.
A Torre Maura c’era uno storico centro sociale anarchico e perfino la sede di cooperative per il reinserimento lavorativo di ex detenuti, per lo più composte da lavoratori che erano stati in passato condannati per appartenenza alle BR ed organizzazioni simili.
A poche centinaia di metri dal luogo che è stato alla ribalta delle cronache nazionali un paio di settimane fa, c’era anche la sezione di Democrazia Proletaria, abbastanza attiva e che poi divenne la sede del PRC, dotata di un certo seguito. È importante sapere che tale sede (oltre vent’anni fa) divenne poi una delle poche sezioni romane di Iniziativa Comunista. Per fare un solo esempio, IC aveva un suo storico giornale “La Riscossa” e qui se ne diffondevano mediamente 70/80 copie al mese, contando sull’appoggio di una parte della vasta base di massa dell’ex PCI. Ricordo che, alle case cosiddette ISVEUR assegnate in epoca abbastanza recente, avevamo come riferimento il compagno S.P. un ex istruttore di judo di discreta preparazione con il quale anch’io, in tempi lontani, ebbi modo di fare qualche turno di vigilanza di notte presso la federazione comunista romana, in via dei Frentani.
Per questi motivi, nella vecchia montatura dei ROS contro Iniziativa Comunista non poteva mancare una nostra “vittima” a Torre Maura. Si trattava di un giovanotto -sospetto spacciatore di cocaina- che io mi accingevo ad ammazzare, secondo quelle farneticazioni.
È molto significativo, fa pensare in particolare oggi, quel che avvenne a quella sede. Usando un copione abbastanza collaudato, personaggi riconducibili agli ambienti del traffico di droga (ma non è detto che lo fossero solo a quelli) fecero occupare la sezione -circa una decina di anni fa- da una donna con un bambino piccolo, proveniente da un quartiere abbastanza distante, Villa Gordiani. Per evitare provocazioni e speculazioni, denunciammo il tutto alla polizia, fornendo riscontri, indicazioni e perfino numeri di targa. Fu tutto insabbiato e oggi si parla dei fascisti.
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A tale proposito, è bene ricordare che nella zona non abbondano le strutture destinate all’assistenza sanitaria o attività di valore culturale e ricreativo e che l’edificio nel quale sono stati improvvidamente mandati 70 rom potrebbe -in teoria- anche essere destinato ad usi di valore sociale e morale per la borgata. Quel che viene nascosto al grande pubblico è che Torre Maura si è trovata in mezzo ai due campi rom forse più grandi d’Europa. Uno proprio in via Casilina e l’altro in via di Salone.
Da quest’ultimo -senz’altro abitato nella maggioranza da persone per bene che hanno diritto a miglior tutela- escono ogni giorno (ed ogni notte) centinaia di infami e farabutti i quali, nel raggio di chilometri, depredano, vessano, stuprano e spaventano decine di migliaia di proletari, di lavoratori e di loro familiari e figli. Non si contano gli episodi di brutalità, per esempio contro gli anziani o per la loro guida criminale.
Pochi anni fa, solo per dirne una, un paio di diciottenni di questi trassero in inganno una ragazza, la portarono in un prato, la legarono ad una sorta di palizzata, la stuprarono malvagiamente e la lasciarono lì e i giorni successivi la cercarono ancora, utilizzando minacce e ricatti. Se qualcuno pensa sia di sinistra difendere questa gente e mantenere questo stato di cose, la maggioranza di Torre Maura…. è di destra!
Quasi tutti nella zona, piaccia o non piaccia, disapprovano la scelta (nel merito e nel metodo) di trasferire lì i nomadi in questione e molti hanno paura (a torto o a ragione) che tale trasferimento aggravi la situazione sopra descritta. Solo una minoranza di tutti questi ha partecipato, però, ai presidi ed alle manifestazioni a tutti note.
Tuttavia, quando in quella borgata si muovono cento o duecento persone, è molto alta la probabilità che buona parte di loro provenga da famiglie di militanti ed elettori del PCI o che lo siano stati essi stessi (magari anche qualcuno riconducibile alla guardia del corpo di D’Alema). Può anche darsi che vi siano, in proporzioni più limitate, ex iscritti o simpatizzanti di DP, del PRC e perfino…. anarchici o di Iniziativa Comunista!