di Patrizia Maltese | da www.zenzeroquotidiano.it
I risultati delle elezioni regionali siciliane, parziali ma certamente definitivi quando lo spoglio è arrivato ormai oltre metà delle schede scrutinate, ci dicono che – con soltanto metà dei siciliani andati a votare – il Movimento cinque stelle di Beppe Grillo, con il suo 15,3% è il primo partito in Sicilia.
Voto, quello del M5S, che probabilmente ha sottratto consensi sia a destra che a sinistra, quindi in parte voto del “piove governo ladro” e in parte voto di protesta anche nei confronti di chi si dice di sinistra ma tradisce i lavoratori e di chi di sinistra è davvero ma evidentemente non riesce a far entrare in sintonia con le proprie idee – per ragioni anche storiche di vocazione di un intero popolo alla sudditanza, che qui non possiamo approfondire – proprio i lavoratori.
In realtà una percentuale che c’è ma non si vede, perché spalmata sulla gran parte dei partiti che hanno finora governato e devastato la Sicilia, è quella dell’ultimo saccheggiatore, il vero vincitore, Raffaele Lombardo, che ha messo suoi uomini dappertutto e ha probabilmente spostato –per aggiunta o sottrazione – i suoi voti dall’uno all’altro partito.
E infatti non può cantare vittoria il Pd che elegge il proprio candidato alla presidenza – grande sostenitore dell’ex presidente della regione e voluto dall’Udc prima che dal suo stesso partito – ma perde 5 punti percentuali rispetto alle regionali del 2008 scendendo al 13,5%; non può farlo Grande Sud di Gianfranco Miccichè, ufficialmente candidato di Lombardo, che conquista seggi all’Ars con il suo 6,6% ma è lontano anni luce dal 61-0 di Berlusconi di cui l’ex ministro fu principale artefice; così come ne è lontanissimo anche il Pdl che probabilmente proprio dal suo leader e dalle sue dichiarazioni di ridiscesa “in campo” ha avuto il colpo di grazia perdendo ben 21 punti percentuali per assestarsi al 12,3%.
Formalmente anche il Pds, nuovo nome dell’Mpa di Raffaele Lombardo, dimezza i suoi voti rispetto a quattro anni fa, scendendo al 9% ma vale, appunto, il discorso fatto sopra: perde il partito, ma non lui che ha posizionato i carri armati dappertutto e che avrà potere di veto e di voto con cui Crocetta dovrà fare i conti. E francamente ci sembra stucchevole che il segretario del Pd, Bersani, parli addirittura di risultati “storici” (a meno che con questo non voglia riferirsi ai vicerè borbonici) rispetto ad una vicenda “che dal dopoguerra ad oggi non ci ha mai visto realmente competitivi e che ora pare dimostrare che si può essere anche vincenti”, aggiungendo che ora “tocca a Crocetta, e a chi lo ha sostenuto, in particolare al Pd, interpretare con forza l’esigenza di cambiamento che è venuta dall’elettorato siciliano”. Chissà se ci crede davvero nelle cose che dice.
Tornando ai numeri usciti dalle urne, sembra tenere rispetto al 2008 l’Udc (da cui nel frattempo si sono staccati i cuffariani) passando dal 12,5% al 10,3%, mentre chi non entrerà nel Parlamento siciliano – a causa di uno sbarramento al 5% voluto qualche anno fa anche da un Pd in calo di consensi e in spregio della volontà di migliaia di elettori – sarà appunto il centrosinistra, le liste LiberaSicilia e IdV che sostenevano la candidatura di Giovanna Marano alla presidenza della regione, e poi Fli, il Movimento dei Forconi e quello di Gaspare Sturzo.