Contributo d’analisi leggendo i dati elettorali delle Amministrative 2013

di Vincenzo Calò, Ufficio elettorale del PdCI

elezioni-2013-036Analizzando in primis i dati dei 16 comuni capoluogo chiamati alle urne, per capire quanto le liste concorrenti abbiano riscosso maggiori o minori consensi rispetto alle precedenti tornate amministrative, regionali e politiche, l’analisi, in un contesto fortemente caratterizzato dall’astensionismo e dal crollo dell’affluenza alle urne degli elettori, non verte sulla percentuale di voti validi ricevuti dai partiti, ma sui voti ricevuti in termini assoluti.

In estrema sintesi, l’elaborazione dell’Istituto Cattaneo mostra come sia i partiti di centrosinistra che quelli di centrodestra abbiano perso molti consensi, anche se la contrazione più forte è stata quella subita da Pdl e Lega Nord insieme.

Nelle 16 città analizzate (i capoluoghi di provincia) le forze che fanno riferimento ai partiti a sinistra del Partito democratico, ovvero Sel, Sinistra in varie salse e liste civiche di sinistra e Rifondazione-Comunisti Italiani (laddove in moltissimi casi peraltro sono state presentate due liste separate, anche sacrificando alle volte la lista degli uni in altre la lista degli altri, in taluni case entrambe a favore di liste civiche, talune volte collocandosi nel centro-sinistra, altre al di fuori in maniera indistinta tra PRC e PdCI; precisando infine che come nel caso di Pisa, ma anche in altri casi, le due liste erano concorrenti tra loro al di fuori dello schieramento di centro-sinistra, eccezionalmente una dentro il centro-sinistra l’altra fuori), comunque hanno incrementato dell’8,8% i consensi rispetto alle politiche del 2013, mentre un avanzamento molto più significativo c’è stato in comparazione con le regionali del 2010 (+25,2%). Tornerebbe in auge, quindi, l’ala più estrema della sinistra (detta radicale), come risposta alla delusione nei confronti del Partito Democratico che, invece, ha subito, nei 16 capoluoghi, una contrazione pari al 63% dell’elettorato che lo aveva scelto nel 2013 alle politiche (pari a un decremento di 243.000 voti) e del 47,6% rispetto alle elezioni regionali sempre. Non può questo rappresentare tuttavia motivo di conforto se si pensa che la percentuale ottenuta dalla lista Rifondazione-Comunisti Italiani nelle due città più importanti di questa tornata elettorale va dall’1,14 di Roma al 2,19 di Ancona a fronte rispettivamente del 6,25 a Roma e del 7,27 ad Ancona di SEL; l’analisi è dunque viziata dall’azzardo di annoverare tra le stesse fila della cosiddetta sinistra radicale SEL (schierata alle ultime elezioni politiche nello schieramento di centro-sinistra) e le altre liste più genericamente di sinistra e la lista Rifondazione-Comunisti Italiani che alle ultime elezioni politiche erano al di fuori dello schieramento di centro-sinistra. Per queste ragioni nessuna analisi al riguardo può avere valore oggettivo.

Dinamica simile, se non peggiore, è quella dei voti verso il Popolo della Libertà, che ha perso il 65,8% dei consensi rispetto alle politiche del febbraio scorso (-163.000 voti), mentre rispetto alle precedenti regionali il partito di Berlusconi ha visto ridursi i propri voti del 46,5%, pari a – 115.000 elettori, un dato che sorprende molto, soprattutto se rapportato ai tanti e sbandierati sondaggi che darebbero il Pdl in continua ascesa. In crollo verticale la Lega Nord, che ha perso la metà dei consensi ricevuti alle politiche del 2013 e alle scorse comunali, raccogliendo solo un terzo dei voti delle regionali 2010.

In caduta libera è anche il terzo polo emerso dalle consultazioni di febbraio, quel Movimento 5 Stelle . Il movimento di Grillo e Casaleggio  ha subito un tracollo sia rispetto alle elezioni politiche (raccoglie meno di un terzo dei voti ricevuti alle politiche), che rispetto alle scorse regionali, -43%.

La valutazione più sconcertante che è stata sviluppata in questa fase post-elettorali, viene tuttavia da alcuni membri del  governo Letta che hanno giudicato positivamente la crescita dell’astensionismo, considerandolo un potenziale “voto di fiducia” allo stesso governo. Un “voto di fiducia” quasi d’attesa verso gli sviluppi che l’attività dell’esecutivo potrà avere, risolvendo i problemi più urgenti che le cittadine e i cittadini si trovano ad affrontare al centro della crisi: disoccupazione, taglio drastico del welfare, riduzione del potere d’acquisto, precarie condizioni di vita per milioni e milioni di persone. Una valutazione, questa dei ministri, che davvero dimostra come non ci renda conto ( o meglio, non ci si voglia rendere conto) dello stato delle cose in atto: quello di un vero e proprio “logoramento” nella trama democratica del Paese, ben oltre il fenomeno già denunciato e analizzato della cosiddetta “disaffezione al voto” (un tempo giudicata come fenomeno di allineamento della democrazia italiana, alle considerate “più mature” democrazie occidentali, quelle dell’alternanza).

A seguito di quanto finora premesso e richiamato, l’analisi che seguirà in questo testo sarà costruita su di un impianto analitico volutamente “politicista”, non rispettoso prima di tutto della regola aurea del confronto “elezione per elezione”, amministrative con amministrative, politiche con politiche, poiché la comparazione è tra elezioni politiche ed elezioni amministrative, resasi necessaria per almeno due motivi: il brevissimo lasso di tempo intercorso tra le due consultazioni e l’esito dirompente che la consultazione politica aveva avuto, presentando un tasso di volatilità tra i più alti della storia repubblicana, che aveva portato alla rottura dello schema bipolare su cui si erano attestate le forze politiche negli ultimi quindici anni.

Si parla oggi un ritorno a quello schema: tutti i ballottaggi saranno tra centrodestra e centrosinistra (con quest’ultimo schieramento in netto vantaggio) ed il “terzo incomodo” rappresentato dal M5S appare già fortemente ridimensionato.

Il calo di consensi del M5S c’è, indubbiamente. Ma il bipolarismo non è tornato propriamente in auge: il “terzo incomodo” c’è, ben consistente, e con il quale l’intero sistema dovrà fare i conti. Si chiama astensionismo. Un astensionismo di notevolissima portata, con un  risultato che solidifica ed amplia da questo punto di vista quello già molto rilevante delle elezioni politiche.

Andiamo per ordine.

Allo scopo di realizzare quest’analisi consideriamo 33 comuni: quelli capoluogo più altri considerati i più importanti tra quelli presenti nella lizza elettorale. Non potrà certo essere un’analisi assoluta ma solo così è stato possibile fare riferimento a dati “politici” di una certa affidabilità e coerenza e soprattutto comparabili.

Faccio mia un’altra obiezione: quella relativa al peso del risultato di Roma rispetto all’intera analisi, ma si tratta di un dato inevitabile comunque e quindi da accettare considerandolo come elemento del beneficio d’inventario che, in questi casi, deve essere sempre e comunque richiamato.
Oltre ai comuni capoluogo sono stati quindi presi in considerazione anche i comuni di: Cinisello Balsamo, Sestri Levante, Sarzana, San Donà di Piave, Imola, Monte Argentario, Viareggio, Massa, Sabaudia, Velletri, Maddaloni, Grumo Nevano, Molfetta, Monopoli, Bisceglie, Locri, Castellamare di Stabia e Scafati.

Nella sua crudezza il dato dell’astensionismo sta riassunto in queste due cifre: elettori aventi diritto 3.817,384; voti espressi validamente 1.888.328. Nella sostanza la maggioranza assoluta degli aventi diritto non si è espressa attraverso la non presentazione alle urne, la scheda bianca o quella nulla ( esattamente 1.929.056 elettrici ed elettori). Altro che “fiducia preventiva”! Il “non voto” è quindi cresciuto, tra il 24 Febbraio ed il 25 Maggio di 689.737 unità per quanto riguarda ovviamente i 33 comuni presi in considerazione ( tutti omogeneamente hanno fatto segnare un calo, in questo senso).

Il calo del M5S è evidente e vistoso: il 24 Febbraio raccolse, in queste realtà, 684.227 voti; il 25 Maggio ridotti a 186.685 con un meno 498.542. Si potrà discutere sulla “qualità” di questa flessione, ma sulla sua consistenza credo proprio che non risultino obiezioni da apportare.
Tutte le altre aree politiche risultano in calo, rispetto al “campione” preso in considerazione.

L’area di centrosinistra (PD,SEL, Centro democratico) aveva ottenuto 859.514 voti, mentre alle amministrative lo stesso schieramento (anche se SEL in alcune occasioni, come ad Imperia, Ancona a Siena ha preferito lo schieramento di sinistra) oltre alle liste civiche apparentate si è fermato a 744.789 voti, con un calo di 114.725 unità.

E’ andata comunque peggio al centrodestra (PDL, Lega Nord, Fratelli d’Italia e La Destra): alle politiche 651.082 voti, alle amministrative (comprese le liste civiche apparentate) 475.844 (con una crescita in valori assoluti di Fratelli d’Italia che, grazie al buon risultato di Roma hanno acquisito circa 14.000 suffragi in più) con un calo di 175.238 voti.

Al centro il trio Scelta Civica-UDC- FLI a Febbraio si era attestato su 271.173 ( i dati delle politiche che sono stati considerati sono quelli relativi alla Camera dei Deputati), adesso pur con l’ausilio di liste civiche (comprese quelle cui faceva capo il candidato sindaco di Roma, Marchini) siamo a 148.467 voti, con un calo di 123.706 consensi: una cifra davvero rilevante.

Infine l’area che aveva dato vita alla nostra Rivoluzione Civile che, nei 33 comuni presi in considerazione si era fermata a 75.475 voti, ridotti adesso a 49.129, con un meno 23.346.

Da notare che a Liste Civiche non classificabili d’acchito sono toccati, nella tornata amministrativa del 25 Maggio, ben 283.434 voti.

Sono state usate le cifre assolute e non le percentuali proprio per rendere immediata l’idea della consistenza dei vari risultati: se ne evince, ad esempio, che il M5S nei 33 comuni presi in considerazione ha ceduto poco meno dei ¾ dell’elettorato acquisito alle elezioni politiche.

La conclusione non può essere altro che quella di ribadire la realtà di un vero e proprio “logoramento” del tessuto democratico e del quanto appaia perseguita l’ipotesi di un ritorno al bipolarismo.

La situazione tuttavia è fluida e necessita di una riflessione seria e matura che non può finire qui, né fermarsi alla mera analisi dei risultati elettorali, è proprio in questo spazio che trova collocazione la Politica.